Alcune persone, familiari e amici dei superstiti e dei dispersi del doppio naufragio di mercoledì scorso, si trovano davanti ai cancelli chiusi dell’hotspot di contrada Imbriacola a Lampedusa. Accompagnati dagli operatori di Mediterranean Hope, gli stranieri reclamano di voler incontrare, i familiari e contestano che “senza vie legali e corridoi umanitari le morti continueranno”.
Volontari della Croce rossa italiana, che gestisce la struttura di primissima accoglienza sulla maggiore delle isole Pelagie, sono usciti dalla struttura per calmare gli animi e scongiurare che la tensione si faccia alta e rischiosa. Nell’hotspot ci sono, al momento, 317 ospiti, fra cui i 57 superstiti (21 minori non accompagnati) del doppio naufragio.
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La figlia, una neonata, le era scivolata dalle braccia quando la “carretta” ha iniziato ad imbarcare acqua. Il marito, che non sapeva nuotare, lo aveva visto finire in mare e perdersi fra le onde. Fino alla tarda serata di ieri, la giovane donna somala sperava che almeno il suo compagno di vita si fosse salvato, che potesse essere stato soccorso da qualcuno. La conferma a quello che temeva è arrivata quando i poliziotti le hanno iniziato a mostrare le foto delle 23 vittime del doppio naufragio di mercoledì scorso. La somala ha riconosciuto la figlioletta e il marito e ha avuto un mancamento.
Sotto choc anche un uomo, pure lui della Somalia, che ha riconosciuto la cugina adolescente e il ragazzino, di 14 o 15 anni, che fra quelle foto ha ritrovato il volto del fratello. Scoppiato in lacrime, il ragazzo non ha saputo nemmeno riferire l’età del congiunto. “Non è possibile, non è possibile, non è possibile!”: non ha fatto altro che ripetere, quasi all’infinito, questa frase. Lo straziante iter di riconoscimento dei cadaveri, che va ancora avanti, ha permesso all’adolescente egiziano superstite di identificare lo zio e il nipote di sua zia. I tre avevano lasciato il loro Paese d’origine e per mesi, in attesa di tentare di raggiungere la Francia, erano stati prigionieri in Libia. Stessa sorte di un altro giovane egiziano che ha riconosciuto l’amico con il quale aveva iniziato il viaggio. Un altro dei minori non accompagnati (complessivamente 21 quelli che sono scampati al naufragio) ha riconosciuto il nipote. Non appena ha visto la foto, il ragazzino ha abbassato lo sguardo e non ha più detto una parola, non riuscendo neanche a rispondere alle domande dei poliziotti rivolte dai mediatori culturali. Una somala ha confermato, dandogli nome e cognome, che una delle vittime era suo cugino. Una ragazzina superstite ha chiesto, e ottenuto, di non fare alcun riconoscimento: non se l’è sentita. Ha perso dei familiari, è sola all’hotspot, ma non è riuscita a trovare il coraggio per guardare le immagini ed eventualmente riconoscere i congiunti