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Le nuove realtà

Non solo studenti, anche i docenti usano l’AI: così l’intelligenza artificiale entra in classe e cambia la didattica

sabato 20 Dicembre 2025

C’è un grande assente nel dibattito pubblico sull’intelligenza artificiale a scuola ovvero lo sguardo sugli insegnanti. Se da sempre l’attenzione è concentrata quasi esclusivamente sull’uso, spesso criticato, che gli studenti fanno dell’AI, molto meno si racconta di come anche i docenti abbiano già iniziato a integrarla nella pratica didattica di tutti i giorni. E non come scorciatoia, ma come strumento creativo e di supporto alla progettazione delle lezioni. Una realtà che emerge sia dalle esperienze dirette in classe sia dai dati, che raccontano di un’adozione dell’AI già ampiamente diffusa nel sistema scolastico italiano.

L’AI è già a scuola: i numeri di una diffusione silenziosa

A fotografare lo scenario è la ricerca “Generazione AI. La nuova sfida della scuola” realizzata da Tortuga e Yellow Tech. Secondo lo studio, due terzi degli insegnanti italiani utilizzano strumenti di intelligenza artificiale settimanalmente, mentre oltre l’80% degli studenti ne fa uso con la stessa frequenza. A cambiare è soprattutto l’intensità dell’uso. Solo il 16% dei docenti che utilizzano l’AI lo fa ogni giorno, mentre almeno la metà la usa una volta a settimana. Tra gli studenti, invece, più di uno su quattro ricorre all’AI quotidianamente e appena uno su tre lo fa in modo più sporadico.

Interessante anche la distanza percettiva tra le due parti. In oltre il 35% dei casi gli insegnanti ritengono che i propri studenti non usino mai l’AI, quando in realtà sono poco più del 17% gli alunni italiani che non l’hanno mai utilizzata. Al contrario, gli studenti tendono a sovrastimare l’uso dell’AI da parte dei compagni. Un dato che evidenzia come l’intelligenza artificiale sia ormai parte integrante della quotidianità scolastica, anche se spesso in modo non dichiarato.

Dalla progettazione delle lezioni ai materiali didattici: come la usano i docenti

Se gli studenti ricorrono all’AI soprattutto per verificare esercizi e controllare risposte (56%), ideare testi (47%) o produrli (40%), gli insegnanti la utilizzano prevalentemente per creare materiale didattico: domande, esercizi, contenuti multimediali e presentazioni. L’obiettivo è rendere le lezioni più dinamiche e coinvolgenti, meno frontali e più interattive.

Meno interesse, invece, viene mostrato verso l’uso dell’AI per automatizzare attività burocratiche e amministrative. Una scelta che, secondo Tortuga e Yellow Tech, impedisce ai docenti di beneficiare pienamente di quel “dividendo AI” che potrebbe tradursi in tempo risparmiato da investire nella personalizzazione della didattica e nel rapporto individuale con gli studenti.

Così uso l’AI in classe”: l’esperienza di un’insegnante di inglese

A raccontare cosa significa portare davvero l’intelligenza artificiale in aula è un’insegnante di inglese che da tempo utilizza piattaforme come Character.ai, un sito che consente di dialogare con personaggi famosi, storici o contemporanei.

“Per me l’AI è prima di tutto uno strumento didattico”, spiega l‘insegnante di Palermo. “La uso soprattutto nella fase di progettazione delle lezioni, per costruire attività che siano coerenti con il programma ma anche capaci di coinvolgere emotivamente gli studenti. Ad esempio, quando affrontiamo la letteratura inglese, faccio ‘dialogare’ i ragazzi con Shakespeare. Possono fargli domande sui personaggi, sul contesto storico, sul significato dei testi. Questo li costringe a formulare domande in inglese corretto e a ragionare davvero su ciò che stanno studiando”.

Un altro esempio arriva dal rapporto tra scuola e cinema. “Dopo aver portato la classe in sala a vedere l’ultimo film su Bruce Springsteen, ho creato un’attività in cui gli studenti potevano conversare con una versione virtuale dell’artista. Non si trattava di un semplice gioco. Dovevano porre domande sulla sua carriera, sui testi delle canzoni, sul contesto sociale in cui sono nate. Il risultato è stato sorprendente e mai banale”.

Secondo la docente, l’effetto sugli alunni è immediato. “Li vedo più partecipi, più motivati. Anche gli studenti più timidi trovano il coraggio di intervenire, perché il dialogo con l’AI abbassa la paura di sbagliare. L’errore diventa parte del processo di apprendimento e non un giudizio”.

Un aspetto centrale, sottolinea, è la formazione degli insegnanti. “Negli ultimi anni siamo stati coinvolti in diversi corsi di aggiornamento dedicati proprio alle varie applicazioni dell’intelligenza artificiale. Ci viene chiesto di conoscerla, di capirne i limiti, i rischi e le potenzialità. Per questo trovo sbagliata una demonizzazione totale del mezzo. L’AI non sostituisce il docente, ma può amplificarne il lavoro”.

Una sfida ancora aperta

Eppure, le resistenze restano. Tra gli insegnanti che non utilizzano l’AI, un terzo si dice preoccupato per il possibile impatto negativo sul pensiero critico degli studenti. Una diffidenza che ha già avuto conseguenze sul clima in classe. Oltre il 70% degli studenti percepisce una diminuzione della fiducia da parte dei docenti, spesso sospettosi sull’autonomia nello svolgimento di compiti e verifiche. Non a caso, due docenti su tre si dicono più propensi a premiare un elaborato peggiore ma svolto autonomamente rispetto a uno migliore realizzato con l’aiuto dell’AI.

Per l’insegnante di inglese, però, la strada è un’altra: “Se l’AI entra in classe in modo trasparente, diventa uno strumento educativo. Se la escludiamo, continuerà comunque a essere usata, ma senza regole e senza consapevolezza”. Una riflessione che, dati alla mano, indica una direzione chiara di come l’intelligenza artificiale a scuola non è più una possibilità futura, ma una realtà con cui fare i conti oggi.

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