“Gli orfani speciali fino a poco tempo fa apparivano soggetti assolutamente invisibili in termini di numero, non esiste un albo che li possa raccogliere, e la possibilità di avere una raccolta dati puntuale e costante. Noi siamo riusciti attraverso una indagine giornalistica a raccogliere negli ultimi anni le notizie delle donne morte per omicidio e da lì a ricostruire il numero degli orfani speciali, che sono nell’ambito di quelli considerati minorenni superiori a 3500 in Italia.”. Lo ha detto la presidente dell’Osservatorio nazionale indipendente sugli orfani di femminicidio Stefania Bartoccetti alla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio.
L’Osservatorio è inserito all’interno del progetto “Attraverso i suoi occhi”, promosso dall’associazione Telefono Donna e realizzato con il sostegno del Dipartimento per le Politiche della Famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Si tratta del primo strumento italiano di monitoraggio sistematico sul fenomeno degli orfani di femminicidio e, più in generale, dei minori vittime di violenza assistita.
Nato a Milano nel 2022 l’Osservatorio Nazionale Indipendente Orfani Speciali è promosso da Telefono Donna e sostenuto da Fondazione Bambini nel Cuore esi occupa di raccogliere, analizzare e rendere pubblici i dati relativi a bambini e adolescenti che hanno perso la madre per mano del padre o che hanno assistito ad atti gravi di violenza domestica.
L’obiettivo è duplice: da un lato offrire un quadro aggiornato e attendibile di un fenomeno ancora poco visibile; dall’altro stimolare politiche pubbliche più efficaci e strumenti di protezione adeguati per i minori coinvolti.
Come menziona lo stesso Osservatorio nel suo sito, in merito ai dati del fenomeno, indica che ” L’aumento rilevato negli ultimi anni dei casi di femminicidio porta con sé un numero sempre maggiore di bambini che hanno subito il lutto per la morte di uno dei genitori per mano del padre e, ritrovandosi di fatto a perdere entrambi i genitori, vengono molto spesso lasciati soli in una situazione così drammatica. Nel 27% dei casi in cui bambini, ragazzi o anche adulti hanno perso un genitore per mano dell’altro, si verifica anche il suicidio del padre”.
Che aggiunge, “stando all’ultimo aggiornamento del Ministero dell’Interno, nel 2022 in Italia si sono registrati 319 omicidi di cui 125 con vittime di sesso femminile (circa il 39%). Un totale di 140 episodi hanno avuto luogo in un contesto domestico e in questo caso 103 hanno colpito donne (quasi il 74%). Secondo il rapporto a dell’Osservatorio #conibambini, a cura di Con i Bambini e Openpolis, promosso nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile sono oltre 2.000 gli orfani di femminicidio in Italia, di cui 74 solo in Lombardia”.
La mappa regionale degli orfani di femminicidio
Tra i dati più significativi emersi c’è la mappa regionale degli orfani di femminicidio, che offre uno sguardo dettagliato sulla distribuzione geografica del fenomeno.
Nel quinquennio considerato, il numero di orfani speciali è diminuito ogni anno: dai 32 del 2018 agli 11 del 2022. Una tendenza in apparente miglioramento, ma che gli autori del report invitano a leggere con cautela. I dati del 2022, infatti, potrebbero essere incompleti a causa della recentezza degli episodi o della mancanza di copertura mediatica.
La media annuale resta comunque elevata: circa 21 episodi ogni anno, cioè quasi due al mese. Un dato che, tradotto in vite, racconta il fallimento di una società nel proteggere le sue donne e i suoi bambini.
E in questo contesto, la Sicilia presenta un quadro che merita un’attenzione approfondita.
I dati della Sicilia: otto orfani invisibili
Nel quinquennio 2018-2022, l’Osservatorio ha registrato 8 casi di orfani speciali in Sicilia. Si tratta di minori resi orfani dal femminicidio della madre, compiuto in ambito familiare o relazionale, per mano del padre o del compagno. Otto vite spezzate nella loro traiettoria affettiva, cresciute in un contesto familiare già segnato da dinamiche violente, e poi catapultate nel trauma definitivo dell’omicidio.
I dati mostrano che i casi siciliani si sono concentrati interamente nei primi due anni dell’arco temporale osservato: quattro nel 2018 e quattro nel 2019. Dal 2020 al 2022 non risultano nuovi casi registrati nel database, ma il silenzio degli anni successivi non può essere considerato segno di una risoluzione del problema. Come sottolineano gli stessi autori del report, l’assenza di segnalazioni può derivare da un minore riscontro mediatico o da una mancata emersione di episodi che potrebbero comunque essere avvenuti, ma non raggiunti dalle fonti monitorate.
I casi rilevati sono stati localizzati in tre province:
Palermo: 4 orfani speciali
Catania: 2 orfani speciali
Ragusa: 2 orfani speciali
Non è un dato casuale. Palermo e Catania sono le due città più grandi e con una maggiore presenza di testate giornalistiche, il che favorisce la visibilità dei casi. Ma anche Ragusa, pur in un contesto più piccolo, si distingue per l’emersione mediatica di episodi particolarmente gravi che hanno attirato l’attenzione pubblica. È importante sottolineare che in nessun caso registrato risulta che i bambini coinvolti siano stati presi in carico da un protocollo regionale di supporto dedicato: segno di una fragilità del sistema di tutela territoriale.
Serve trasformare questi dati in azioni: attivare sportelli regionali dedicati, predisporre fondi per il sostegno psicologico e legale alle famiglie affidatarie, formare operatori scolastici e sanitari. È una questione di giustizia sociale, ma anche di prevenzione futura.
I numeri contenuti nel report non sono solo statistiche: sono vite spezzate e famiglie in frantumi, e rappresentano un allarme per le istituzioni regionali e nazionali. In una regione come la Sicilia, dove le diseguaglianze sociali sono forti, l’assenza di un sistema di protezione efficace per gli orfani speciali rischia di amplificare la marginalità di bambini già fragili.
FONTE DATI: Report “Attraverso gli occhi” Telefono Donna
“Orfani speciali”: un’identità spezzata e l’impatto psicologico che racconta un trauma profondo
L’espressione “orfani speciali” è stata coniata per identificare quei minori che restano soli dopo un femminicidio. Non si tratta solo della perdita fisica dei genitori: il trauma che vivono è doppio, spesso triplo. Assistono al crimine, vivono il senso di colpa, lo stigma, l’isolamento. Sono bambini strappati improvvisamente alla quotidianità e costretti a convivere con l’eco della violenza e con una società che ancora fatica a riconoscere il loro bisogno di cura.
Questi orfani vivono una realtà spesso silenziosa, sommersa. Eppure sono 105 i casi censiti in Italia tra il 2018 e il 2022, secondo il report “Attraverso i suoi occhi” di Telefono Donna, elaborato su base giornalistica. La ricerca, pur con i limiti di una rilevazione basata su fonti stampa e web, mostra un quadro inquietante che non può essere ignorato.
L’aspetto più devastante per questi minori non è solo la perdita. È la modalità con cui questa avviene. La maggior parte di loro assiste direttamente all’omicidio o ne scopre gli effetti immediati. Vedere il proprio genitore uccidere l’altro distrugge i pilastri della sicurezza affettiva. Il padre diventa colpevole, la madre è assente per sempre.
E loro restano, confusi, traumatizzati, spesso in balia di una rete familiare impreparata o incapace di affrontare l’impatto psicologico del trauma.
Il report sottolinea come i bambini tra 0 e 5 anni siano i più colpiti: sono proprio quelli nella fase più delicata dello sviluppo psico-emotivo. Nel quinquennio analizzato, 21 orfani speciali avevano 5 anni, seguiti da quelli di 11 anni (15 casi), 2 e 6 anni (9 ciascuno).
Chi se ne prende cura? La questione del “dopo”
Una delle grandi assenze nel dibattito pubblico riguarda il destino di questi bambini. Dopo il trauma, dove vanno? Chi si occupa di loro? Non esiste ancora una rete nazionale di protezione per gli orfani speciali, né un protocollo unico che ne garantisca il sostegno psicologico, educativo e relazionale.
A volte vengono affidati a familiari stretti, altre volte finiscono in comunità. Ma manca un modello strutturato che consideri le loro esigenze specifiche.
L’Italia ha fatto un primo passo nel 2018 con l’approvazione della legge 4/2018, che riconosce i diritti degli orfani di crimini domestici, ma l’attuazione concreta delle misure resta a macchia di leopardo. E i fondi, quando arrivano, spesso non bastano.
Le famiglie invisibili: il silenzio che li avvolge
Accanto agli orfani, anche le famiglie che li accolgono spesso affrontano un carico emotivo e materiale insostenibile. Non solo devono rielaborare un lutto spesso familiare, ma devono farsi carico della cura di bambini spezzati, che vivono paura, rabbia e senso di colpa. Il supporto psicologico, educativo e sociale è troppo spesso affidato al volontariato o ai centri antiviolenza, che operano con risorse limitate e non sempre stabili.
Nel suo contributo sociologico, il report parla di “derive affettive” e “disfunzioni emozionali” che sfociano nella violenza. È lì che bisogna intervenire: prima che un conflitto diventi femminicidio, prima che un bambino diventi orfano.
Serve una cultura del rispetto, una prevenzione continua e capillare, e un sistema che protegga non solo le donne in pericolo, ma anche i figli che con loro vivono situazioni di tensione e paura.
L’educazione affettiva nelle scuole, l’ascolto nei servizi sociali, la formazione delle forze dell’ordine, la sensibilizzazione dell’opinione pubblica: tutto questo non è un “extra”, ma il minimo indispensabile per impedire che il fenomeno si ripeta.
“Abbiamo la necessità – ha spiegato Stefania Bartoccetti durante l’audizione in Commissione Parlamentare – di fornire loro aiuto: sostegno psicologico per restituire loro la fiducia, per riuscire ad intervenire per sanare un dolore così profondo quale la perdita della madre per mano del padre e anche di occuparci delle famiglie affidatarie che già si rivolgono al centro per essere sostenute, così come gli ordini professionali con i quali abbiamo sottoscritto un protocollo, almeno per quanto riguarda la Regione Lombardia che consente di promuovere corsi di formazione per psicologi, assistenti sociali ed avvocati”.
Per Bartoccetti “gli orfani speciali sono anche bambini e bambine che spesso per anni hanno vissuto la violenza assistita, hanno sentito per tanto tempo le urla del padre contro la madre, hanno visto situazioni terribili nelle loro case. Assistere e rimanere improvvisamente soli, privati della loro madre, è un’esperienza veramente traumatica. Crediamo che oltre al sostegno legale, psicologico e di accompagnamenti lunghi che vadano nella direzione della cura, un altro aspetto fondamentale sia poter garantire loro un percorso di studi certo”.