Oggi alle 15:45, nell’ambito del Festival delle Letterature Migranti il porticciolo della Cala verrà intitolato “Lungomare delle Migrazioni”. Palermo è da sempre la città dell’accoglienza, come lo è la Sicilia in generale. Ma questa data è emblematica nel fenomeno delle migrazioni. Nel 2013 tutto il mondo si svegliò con una terribile notizia e i riflettori di tutti i media internazionali puntarono l’attenzione su Lampedusa. Quel 3 ottobre del 2013 scosse le coscienze di molti. Quel naufragio, dove persero la vita 368 migranti, in quel momento storico sono sembrati uno schiaffo all’occidente incapace di accogliere chi chiedeva aiuto.
La madre con il suo bambino morti dopo averlo dato alla luce con ancora il cordone ombelicale attaccato, le scarpette nuove di un bimbo per muovere i primi passi nel nuovo mondo e verso un futuro migliore, le salme prima avvolte in teloni di plastica da dove sbucava qualche mano rivolta verso l’alto, segno che fossero morti mentre chiedevano aiuto, poi arrivarono le bare da Trapani, e fecero entrare i giornalisti. Giusy Nicolini, l’allora sindaco di Lampedusa, volle fortemente che i giornalisti riprendessero e che vedessero con i loro occhi tutta quella distesa di morti: 368 bare dentro l’hangar dell’aeroporto una accanto all’altra e in testa 4 piccole bianche. Tantissime furono le promesse che si levarono in cielo anche se si dispersero troppo in fretta come nuvole nel vento. Il premier Renzi, Il Ministro Angelino Alfano, l’Europa, tutti si indignarono.
Ma cosa è cambiato da allora?
Subito dopo la strage ci si attivò subito con l’operazione Mare Nostrum con il totale coinvolgimento della marina e aeronautica militare nelle attività di salvataggio e soccorso. Successivamente abbiamo avuto un progressivo disimpegno con la chiusura di Mare Nostrum nel 2015 e un incremento progressivo delle Ong che sono arrivate a salvare nel 2016 il 50% dei migranti nel Mediterraneo. “Adesso l’Unione Europea ha assunto questo nuovo approccio con gli Hotspot – dice Fausto Melluso attivista di Palermo da sempre impegnato sul fronte dell’accoglienza – e le cose sono mutate radicalmente dal punto di vista dell’accoglienza, di come vengono trattate le persone una volta arrivate, in senso deteriore. Ad esempio sui salvataggi la testimonianza che offrono dei ragazzi marocchini che dopo dieci giorni sul suolo italiano sono stati buttati in mezzo al niente è davvero significativa“.
La legge che regola le migrazioni in Italia non è cambiata all’indomani da quel 3 ottobre Renzi twittò che si sarebbe impegnato a modificare la Bossi-Fini ma non è mai avvenuto. “Da un lato la legge italiana come tutte le leggi europee è un problema rispetto al nostro sistema di accoglienza – aggiunge Melluso – perché non prevede altri vie legali di accesso che non siano l’asilo. d’altro canto il problema dal 2013 è che è cambiato il mondo ed è ricambiato di nuovo e le leggi non sono al passo con i tempi“.
Insomma dopo il 2013 c’è stata un’ammissione di responsabilità da parte dello stato italiano che poi però ha dismesso per volontà di Alfano, allora ministro degli Interni, e perché costava troppo Mare Nostrum previo poi scoprire che costava un terzo della missione in Afganistan.
“Dal punto di vista dell’accoglienza sono cambiate tante cose – continua Melluso – è cambiata la modalità con cui noi trattiamo i migranti rispetto alla nazionalità di provenienza, nel 2013 paradossalmente i migranti avevo una più possibilità di muoversi dentro l’Unione perché molte delle persone che arrivavano non venivano foto-segnalate e quindi non dovevano soggiacere al regolamento di Dublino, dal 2016 questa cosa non è accaduta più“.
Il resto è la cronaca di questo 2017: le inchieste di Trapani e Catania sui rapporti tra Ong e scafisti, il codice per le stesse Ong del ministro dell’Interno Marco Minniti, il ritiro delle stesse imbarcazioni dalle acque, gli accordi intrapresi dallo stesso Minniti con i governi di Tripoli, Tobruk e sindaci libici. Una presunta tangente da 5 milioni di euro pagata ai libici dalla stessa Italia per bloccare i flussi migratori e svelata da Francesca Mannocchi in un’inchiesta giornalistica sull’Espresso ad agosto, ripresa dai media di tutto il mondo, ma sempre smentita dal Viminale. Anche Le Iene se ne sono occupate: