Qual è lo stato dell’arte sui processi e i progetti di “democrazia partecipata” nei comuni siciliani rispetto alla normativa regionale in questo settembre 2023? I dati e le informazioni pubblicate da “Spendiamoli Insieme”, sito di monitoraggio civico realizzato dall’associazione no profit Parliament Watch Italia, sull’attuazione e i risultati della legge siciliana sulla democrazia partecipata tratteggia una situazione critica nella democrazia partecipata in Sicilia: molti Comuni in ritardo di uno o addirittura due anni rispetto alla normativa regionale.
Comuni in ritardo
La democrazia partecipata in Sicilia si basa su una serie di leggi regionali che impongono ai Comuni l’obbligo di coinvolgere i cittadini nella scelta dei progetti finanziati con fondi regionali. Secondo la Legge Regionale 5/2014, ogni Comune deve destinare almeno il 2% dei fondi regionali a forme di democrazia partecipata.
A partire dal 2015, è stata introdotta una sanzione per i Comuni che non rispettano questo obbligo, costringendoli a restituire le somme non spese alla Regione. Nel 2018, con l’entrata in vigore della Legge Regionale 8/2018, è stato richiesto a ciascun Comune di adottare un Regolamento per la spesa dei fondi, al fine di garantire un processo partecipativo effettivo.
Dal 2020, le somme restituite dai Comuni inadempienti vengono ripartite tra i Comuni che hanno rispettato la legge. A supporto di queste normative, sono state emesse tre circolari esplicative dall’Assessorato delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica.
Le cifre relative ai fondi assegnati ai Comuni per la democrazia partecipata variano negli anni, ma hanno oscillato tra i 4 e i 6 milioni di euro. Allo stesso tempo, i Comuni hanno restituito una parte significativa di questi fondi, evidenziando l’importanza di una gestione accurata e del rispetto delle leggi sulla partecipazione civica.
A oltre otto anni dall’entrata in vigore della legge regionale siciliana sulla democrazia partecipata, secondo la scadenza della circolare regionale, entro il 15 settembre di ogni anno gli Enti locali dovrebbero ricevere dalla Regione la scheda di rilevazione da compilare per attestare gli impegni di spesa, e entro il 31 gennaio dell’anno successivo, dimostrare la spesa effettuata, altrimenti saranno sanzionati. Tuttavia, alcuni Comuni sono notevolmente ritardatari.
In testa alla graduatoria dei ritardi c’è Marianopoli (CL), che ha completato il processo del 2021 a giugno 2023, con più di due anni di ritardo. Seguono Carlentini (SR), che ha avviato il processo dell’anno scorso solo di recente, e Caltavuturo (PA), che ha iniziato sia il processo 2022 che quello 2023 contemporaneamente.
Con un anno di ritardo o poco più, ci sono altri 14 Comuni. Nell’Agrigentino Montevago, Porto Empedocle e Comitini completano tra maggio e giugno di quest’anno il processo di democrazia partecipata dell’anno scorso, nel Nisseno a giugno di quest’anno si completa il processo 2022 di Campofranco, nel Catanese tra marzo e luglio 2023 chiudono il processo dell’anno scorso Aci Castello, Mineo, Motta Sant’Anastasia e Riposto, nel Messinese Sant’Alessio Siculo chiude il processo 2022 nel marzo 2023, nel Palermitano tra gennaio e luglio di quest’anno portano a compimento i processi dell’anno scorso Bagheria, Prizzi e Scillato, nel Siracusano Lentini chiude il 2022 a giugno 2023 e Canicattini Bagni lo fa ad aprile 2023. Infine, nel Trapanese chiude il 2022 a maggio 2023 Custonaci.
Nel complesso, 215 Comuni non hanno ancora avviato il processo per l’anno in corso, con percentuali significative di inadempienza in varie province siciliane.
Il 72,4% dei Comuni nel Catanese, il 68% nel Siracusano, tra le prime due province in ritardo. Il 64% nel Trapanese, il 56,8% nell‘Agrigentino, il 53,6% nel Palermitano, il 50% nel Nisseno e nell’Ennese, mentre le province con la percentuale più altà di processi avviati ci sono il 42,5% nel Messinese e il 33% nel Ragusano.
Regolamento democrazia partecipata: questo “sconosciuto”
Un’altra criticità è la mancanza del regolamento di democrazia partecipata, obbligatorio dal 2019 secondo la L.R. 8/2018 (art. 14 comma 6). Dei 52 Comuni che non lo hanno ancora adottato, spicca Catania, che dispone di ingenti fondi per la democrazia partecipata.
Altri Comuni, come Castel di Iudica, Linguaglossa, Mascalucia, Mazzarrone, Nicolosi, San Pietro Clarenza e Scordia, sono inadempienti “da sempre“.
Nell’Area Metropolitana di Messina si tratta invece di Alì Terme, Antillo, Castell’Umberto, Furnari, Graniti, Gualtieri Sicaminò, Itala, Letojanni, Mongiuffi Melia, Montagnareale, Motta d’Affermo, Roccafiorita, Santa Lucia del Mela nonché quattro Comuni che risultano inadempienti dal lontano 2016 e cioè Mazzarrà Sant’Andrea, Novara di Sicilia, Pace del Mela e Pettineo.
Nell’Area Metropolitana di Palermo senza l’atto fondamentale sono Balestrate, Blufi, Borgetto, Caccamo, Campofelice di Fitalia, Castronovo di Sicilia, Chiusa Sclafani, Contessa Entellina, Piana degli Albanesi, Roccamena, Sclafani Bagni, Trabia (qui il Regolamento è stato approvato in Giunta ma deve ancora passare all’esame del Consiglio Comunale), Trappeto e Casteldaccia, che non ha mai attivato l’iter.
Nell’Agrigentino risultano non avere il regolamento anche Aragona, ferma da tre anni, Calamonaci, Campobello di Licata, Favara, inadempiente dal 2017 in poi, nel Nisseno Acquaviva Platani e Montedoro, fermo da tre anni, nell’Ennese Nissoria, inadempiente da sempre, Piazza Armerina, che ha attivato l’iter solo nel 2018, e Pietraperzia, nel Ragusano Vittoria, nel Siracusano Augusta, fermo dal 2018, nel Trapanese Castelvetrano. Qui però lo scorso 6 settembre la Giunta ha approvato una proposta di Regolamento, che ora dovrà essere esaminata e approvata dal Consiglio Comunale.
Progetti da presentare? anomalie e criticità
Inoltre, alcuni Comuni non consentono ai cittadini di presentare progetti, limitando la partecipazione alla scelta dell’area tematica, con il Comune che decide quali progetti finanziare. Questa situazione si verifica in diversi luoghi, tra cui Cesarò, Castelmola, Condrò, Ficarra, Militello Rosmarino e San Fratello nel Messinese, oltre ad altri Comuni in varie province.
Anche la votazione dei cittadini per la selezione dei progetti da finanziare non è sempre garantita, nonostante la legge regionale prescriva che “la valutazione dei progetti spetta alla cittadinanza”. In molti Comuni, l’amministrazione comunale sceglie la proposta da finanziare senza coinvolgere i cittadini, o perché le proposte sono poche o perché i fondi sono sufficienti solo per un progetto. Questa mancanza di coinvolgimento si riflette in un basso numero di votanti in alcuni Comuni, con solo pochi cittadini che decidono la destinazione dei fondi di democrazia partecipata.
Qualche esempio?
A Cesarò, Castelmola, Condrò , Ficarra , Militello Rosmarino e San Fratello nel Messinese il processo porta alla selezione della sola area tematica e non di un progetto specifico e così pure a Caltavuturo nel Palermitano. A Blufi, sempre nel Palermitano, nel 2022 sono stati finanziati 5 progetti tutti presentati dal Comune e nel 2023 sono stati finanziati 4 progetti, anch’essi presentati dal Comune.
E a Trapani, capitale dell’omonima ex provincia, il Comune chiede ai cittadini di scegliere tra due o più aree dando a ciascuna area un finanziamento percentualmente pari ai voti ricevuti. E ancora: a Biancavilla nel Catanese quest’anno non è arrivata neanche una proposta da parte dei cittadini e dunque il progetto lo ha deciso il Comune.
Situazione “particolarissima” a Modica dove l’amministrazione comunale quest’anno decide di non avviare il processo 2023 destinando i fondi al progetto secondo classificato del processo 2022. Curiosità nella curiosità: questo progetto “ripescato” dal Comune era stato sì il secondo più votato, ma aveva ricevuto in tutto 8 voti, mentre il primo ne aveva conquistati 970. Non proprio il massimo della rappresentazione reale del “gradimento dal basso” della collettività locale.
Far votare i progetti ai cittadini? Si, no, boh, forse
Ancora nel 2023 ci sono pure Comuni i cui cittadini non possono votare per scegliere il progetto o i progetti da finanziare con la democrazia partecipata. Peccato che la legge regionale 8 del 2018 (art. 14) prescriva che “la valutazione dei progetti spetta alla cittadinanza, che deve essere messa nelle condizioni di esprimere una preferenza”. Di più. Sempre nel 2018, una circolare regionale (la n. 14 del 12 ottobre) lo ribadisce a scanso di equivoci (“la valutazione dei progetti dovrà essere assunta dall’intera cittadinanza che in tal modo esprimerà una preferenza”).
Tra i Comuni che violano questa norma troviamo Bivona nell’Agrigentino, Cerami nell’Ennese, San Marco d’Alunzio, Santa Teresa di Riva e Venetico nel Messinese, Gratteri, Marineo (sebbene si tenga un’assemblea cittadina), Pollina, San Cipirello, San Giuseppe Jato nel Palermitano, Santa Croce Camerina nel Ragusano, Buccheri nel Siracusano e Poggioreale nel Trapanese.
Inoltre, ci sono numerosi casi in cui la votazione dei cittadini, sebbene non formalmente esclusa, è di fatto inefficace. Questo accade spesso quando i fondi sono sufficienti solo per un progetto o pochi progetti. Esempi eclatanti si trovano a Burgio, Cianciana, Raffadali e Siculiana nell’Agrigentino, Bompensiere e Serradifalco nel Nisseno, Valguarnera Caropepe e Aidone nell’Ennese, Basicò, Capri Leone, e Torregrotta nel Messinese, Bisacquino, Giardinello e Termini Imerese nel Palermitano, e Comiso nel Ragusano.
Un caso particolarmente curioso è emerso a Mirabella Imbaccari, nel Catanese, dove nel 2023 sono state presentate ben 82 schede di proposta, tutte riguardanti il Carnevale, che poi è stato selezionato come progetto da finanziare il “Carnevale Mirabellese 2023”, destinando tutti i fondi 2023 per la democrazia partecipata, circa 15.000 euro solo per i premi ai partecipanti.
Vari i casi in cui le proposte presentate sono poche, o addirittura una sola, sono l’altra faccia della medaglia dei casi in cui a votare vanno in pochi, quando non pochissimi. Cercando qua e là, ecco che vale la pena segnalare, in negativo, naturalmente, che quest’anno soltanto 24 cittadini hanno deciso la destinazione dei fondi di democrazia partecipata di Trapani, per non parlare dei soli 4 voti di Antillo, dei 5 di Burgio e di Naso, dei 6 di Condrò, dei 9 di Mongiuffi Melia e Furci Siculo, dei 10 di Gualtieri Sicaminò.
E la lista potrebbe continuare. E tutto ciò al netto dei tanti Comuni per i quali semplicemente non è dato sapere il numero dei votanti.
È evidente che la partecipazione dei cittadini nella democrazia partecipata in Sicilia è ancora lontana dall’essere una realtà diffusa, e molti Comuni devono fare ulteriori sforzi per adeguarsi alla normativa regionale e garantire una partecipazione effettiva dei cittadini nei processi decisionali. In conclusione, la Sicilia ha una solida base normativa per la democrazia partecipata, ma la sua attuazione richiede un impegno continuo da parte dei Comuni per coinvolgere i cittadini e garantire una distribuzione equa dei fondi.
Fonte dei dati: Report “Spendiamoli Insieme” -aggiornato settembre 2023 serie storica dal 2016 al 2023 dei comuni siciliani.