Riina “non potrebbe ricevere cure e assistenza migliori in altro reparto ospedaliero ossia nel luogo in cui ha chiesto di fruire della detenzione domiciliare”.
Lo scrivono i giudici del tribunale di Sorveglianza di Bologna, concludendo il ragionamento sulle condizioni di salute del boss di Cosa Nostra, nell’ordinanza con cui rigettano le istanze di differimento della pena.
Il pronunciamento è stato reso noto oggi, 19 luglio, nel giorno in cui si commemorano le vittime della strage di via D’Amelio.
Per i giudici è “palese”, a Parma, “l’assoluta tutela del diritto alla salute sia fisica che psichica del detenuto”.
A Totò Riina, “soggetto affetto da plurime patologie, alcune delle quali tipicamente connesse all’età avanzata”, vengono “non solo somministrate cure e terapie di altissimo livello con estrema tempestività di intervento, ma anche, e soprattutto, prestata assistenza di tipo geriatrico con cadenza quotidiana ed estrema attenzione e rispetto della sua volontà, al pari di qualsiasi altra persona che versi in analoghe condizioni fisiche”.
Lo scrive il tribunale di Sorveglianza di Bologna, affrontando il tema delle condizioni del boss e il diritto a morire dignitosamente, citato dalla Cassazione, che deve intendersi come “il diritto a morire in condizioni di rispettabilità e decoro”: la complessiva situazione di Riina non solo non viola tale diritto, ma, per i giudici, non costituisce neppure “una prova di intensità superiore all’inevitabile livello di sofferenza inerente alla detenzione”, come indicato da una sentenza Cedu