La chiusura del Piano di rientro “è il primo obiettivo del governo Schifani, ci siamo dentro dal 2007: basta. Non ci sono più le condizioni per rimanerci. Ho preso l’impegno di fare di tutto affinché la Sicilia esca da questa situazione, ho chiesto a tutti i direttori generali di dare il massimo”. E’ uno dei passaggi, apprende l’ANSA, delle dichiarazioni programmatiche rese stamani dall’assessore regionale alla Sanità, Daniela Faraoni, alla commissione Salute dell’Ars, presieduta da Pippo Laccoto.
Per Faraoni il Piano di rientro “rappresenta un limite alla libera azione, condizione che non hanno altre regioni come il Veneto e la Lombardia che possono organizzare servizi anche tra pubblico e privato”. “Perché il pubblico è certamente da tutelare sopra ogni cosa – ha sottolineato l’assessore – ma il privato non ci deve spaventare. Con il privato possiamo raggiungere quella organizzazione che, se gestita come se la Regione fosse una grande holding, potrebbe aggiungere un valore economico che in questo momento non abbiamo”.
La Sicilia, ha rivelato l’assessore, paga 204 milioni per la mobilità, fondi che “potrebbero rappresentare una fonte di finanziamento incredibile per il pubblico e per il privato”, con quest’ultimo che “impiega risorse umane, fa investimenti e mette in circolo denaro che ritorna alla Regione sotto forma di Pil”. “Preferisco un privato che produce Pil in Sicilia piuttosto che pagare per la mobilità le Regioni del Nord – ha proseguito Faraoni – Il privato fino ad adesso ha fatto quello che ha voluto, nei limiti dei budget ha reso quello che faceva più comodo ma da questa immagine dobbiamo uscire, l’ho detto ad alcuni di loro: usate questi due anni come se fossero due anni di investimenti per fare trovare la Regione preparata anche se qualcuno ci dovesse portare all’autonomia differenziata, di fronte alla quale senza una capacità di erogazione e produzione il sistema sanitario siciliano imploderà, con i nostri concittadini che andranno a curarsi in altre regioni”.
“La sanità è in terapia intensiva”
“Il sistema sanitario in Sicilia è in terapia intensiva”. E’ la metafora che il neo assessore regionale alla Sanità, Daniela Faraoni, ha usato parlando con i dirigenti generali come lei stessa ha rivelato durante l’audizione di stamani davanti alla commissione Salute dell’Ars, alla quale ha reso le sue dichiarazioni programmatiche.
“Ho detto ai miei direttori generali che siamo in terapia intensiva e non abbiamo molto tempo dunque, questo tempo dovrà essere utilizzato anche per il piano di rientro, che è una priorità del governo”, le parole, apprende l’ANSA, riferite nel corso dell’audizione. “Sono convinta che l’Assemblea mi darà un grande aiuto purché non sia un aiuto di propaganda – ha affermato Faraoni – perché altrimenti non troverete facilmente una buona accoglienza. Ma se sarà un aiuto di valore per la società civile della nostra Regione mi avrete sempre al vostro fianco in qualunque momento della giornata e della settimana”.
Faraoni ha spiegato che il pronto soccorso rimane “un punto nevralgico” ma, al netto della relazione “di grande profilo” redatta da una specifica commissione e consegnata al dirigente generale Salvatore Iacolino, “è ovvio che noi abbiamo l’obbligo in questo momento di verificare e limitare il numero degli accessi e probabilmente dovremmo revisionare le modalità di funzionamento del 118″. “Ma anche di monitorare con estrema attenzione i posti letto a disposizione – ha aggiunto l’assessore alla Sanità – Ho incontrato i direttori generali e ho chiesto la completa attivazione dei posti letto che ci sono, poi possiamo parlare della revisione della rete anche in funzione di bisogni; dobbiamo certamente rivedere la rete ospedaliera e deve esserci una omogeneità di cure, gli ospedali in maggiore sofferenza dovranno essere potenziati. La rete di base deve essere omogenea per tutti, deve rispettare il territorio e le differenze del territorio”.
Sul reclutamento dei medici stranieri
“Noi ci giochiamo una partita fondamentale, che dovrà essere gestita anche in funzione dei dati oggettivi relativi alla disponibilità delle risorse sul mercato: è una partita che non si gioca solo con i medici, ma anche con una stratificazione di competenze che sono intermedie che oggi l’Università eroga perché forma tante professioni sanitarie e che nell’insieme forse sono in grado di potere garantire delle prestazioni di una qualità superiore perché frutto di un percorso accademico di studi di valore: queste professionalità si pongono in una posizione immediatamente inferiore al medico”. Così l’assessore regionale alla Sanità, Daniela Faraoni, nelle sue dichiarazioni programmatiche davanti alla commissione Salute dell’Ars, presieduta da Pippo Laccoto.
“Però a me sfugge la motivazione del perché non si comprenda che quel numero chiuso che un tempo ha determinato la limitazione di accesso alla figura dei medici ha garantito un gran numero di professioni intermedie sanitarie – ha osservato – Se non ci fosse stato quel numero chiuso non avremmo avuto questa platea di professionisti oggi disponibili sul mercato e che ci stanno aspettando non solo nei territori ma anche negli ospedali; penso alle situazioni più difficili come l’ortopedia o la pediatria. Oggi le leggi del mercato e del lavoro ci spingono ad adottare soluzioni organizzative diverse. Non c’è più il numero di psichiatri che c’era un tempo, in quasi tutta la regione quel numero si è dimezzato“.
Il reclutamento dei medici stranieri, l’assessore ha spiegato che “nell’immediato non risolve i problemi” perché ci sono procedure complesse come l’iter per il permesso di soggiorno, la frequentazione del corso di lingue. “A questi medici dobbiamo trovare abitazione compatibili alle diverse necessità. Mi sono trovata a gestire un medico straniero che aveva 4 cani”, ha rivelato Faraoni quando era a capo dell’Asp di Palermo. “Serve una revisione dell’organizzazione, puntando sulle professionalità intermedia che la formazione universitaria ci mette a disposizione”, ha concluso.
I centri per la dipendenza dalle droghe
“Ricevo dalla magistratura la sollecitazione a creare dei centri di accoglienza per i minori dipendenti dalle droghe. Palermo su iniziativa del presidente Renato Schifani, e su esecuzione del direttore Salvatore Iacolino, ha coinvolto l’Asp 6 nella creazione del primo centro di accoglienza di soggetti che hanno dipendenza in particolare dal crack: è un centro che ha 20 posti e sta viaggiando a ritmi veloci, ma dopo 30-40 giorni che le persone stanno lì abbiamo tante difficoltà perché ci sono privati ben inseriti nel mondo dell’associazionismo ma talvolta c’è chi si cela dietro le associazioni ma in realtà fa business. Abbiamo il dovere di prenderci in carico questa rete, dove il privato accreditato non c’è la Regione deve avere la capacità di intervenire”. Così l’assessore regionale alla Sanità, Daniela Faraoni, in commissione Salute dell’Ars. “Le cure devono essere sempre e soltanto pubbliche poi c’è la parte di inclusione sociale per fare in modo che queste persone abbiano una chance e l’associazionismo privato in questo senso è fondamentale”, ha aggiunto.