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La situazione

Siccità in Sicilia: invasi ai minimi e reti colabrodo, l’Ue lancia l’allarme sulla resilienza idrica

lunedì 15 Dicembre 2025

La Sicilia rimane al centro di una crisi idrica senza precedenti. Nonostante alcune piogge nel mese di novembre, gli invasi dell’Isola continuano a registrare livelli drammaticamente bassi, mentre reti di distribuzione obsolete e dighe fatiscenti aggravano un quadro già critico.

Le difficoltà non riguardano solo l’approvvigionamento idrico urbano, ma mettono in ginocchio agricoltura, zootecnia e intere comunità dell’entroterra, che da mesi subiscono razionamenti e forniture ridotte.

Invasi sotto la media: novembre non basta

Secondo i dati (clicca qui) del mese di novembre 2025, numerosi bacini siciliani restano molto lontani dalle capacità ottimali di invaso. Le precipitazioni autunnali, deboli e irregolari, non hanno permesso di ripristinare volumi adeguati, lasciando la regione in uno stato di forte vulnerabilità idrica. In alcune aree interne, dove gli invasi minori rappresentano l’unica fonte per agricoltura e usi civili, la situazione è definita dagli stessi sindaci “insostenibile”.

Nello specifico, l’Ancipa ha raggiunto i 13,91 mmc. Il lago Arancio 4,70; il Castello 4,61; il Cimia 1,21; il Comunelli 0,21; il Disueli 0,48; il Don Sturzo 29,98; il Fanaco 1,79; il Furore 0,87; il Gammauta 0,14; il Garcia 6,84; il Gorgo 0,26; il Lentini 79,35; il Nicoletti 4,53; l’Olivo 2,68; il Paceco 1,74; il Piana degli Albanesi 6,20; il Piano del Leone 1,96; il Poma 16,24; il Pozillo 2,67; il Prizzi 1,32; il Ragoleto 4,84; il Rosamaria 16,82; il Rubino 1,12; il San Giovanni 4,32; il Santa Rosalia 9,31; lo Scalzano 4,25; lo Sciaguana 4,05, il Trinità 4,54e il Zafferana 0,01.

La situazione degli invasi continua a essere quindi oggetto di monitoraggio, è anche vero che generalmente i nostri serbatoi cominciano ad accumulare acqua in questo periodo, tra dicembre e gennaio, ad eccezione di alcune annate.

Su Trapani si stanno completando gli interventi che potranno consentire l’alimentazione anche attraverso il serbatoio Arancio, contemporaneamente si sta cominciando anche a monitorare quello di Palermo. Una situazione che dovrà quindi essere seguita settimana per settimana. 

Territorio in sofferenza: razionamenti e proteste

Province come Caltanissetta, Enna e alcune zone del Palermitano continuano a sperimentare turnazioni severe nell’erogazione, con cittadini costretti a ricorrere a cisterne e autobotti.

Parallelamente, il mondo agricolo è tornato in piazza con manifestazioni a Palermo, denunciando mancanze idriche che mettono a rischio produzioni, redditi e intere filiere. “Non possiamo più aspettare“. Questo il messaggio che tuonava nel capoluogo la scorsa settimana, durante il corteo di agricoltori siciliani arrivati da ogni provincia (clicca qui).

A guidare la mobilitazione il presidente regionale della Coldiretti, Francesco Ferreri, che ha coordinato i manifestanti arrivati a Palazzo dei Normanni per far sentire la loro voce. “Facciamo sentire un’intera categoria che non può più aspettare“.

La Sicilia assetata si ribella. In prima linea giovani, donne, produttori e allevatori che chiedono con forza meno burocrazia e la realizzazione di nuovi invasi per affrontare in modo strutturale l’emergenza idrica che sta colpendo il settore. Bandiere, striscioni con slogan, un’immagine potente di una categoria allo stremo, che chiede interventi urgenti per arginare una crisi che minaccia di strangolare l’economia rurale dell’isola. L’obiettivo? Consegnare all’Ars un documento con le richieste urgenti del comparto prima dell’inizio del percorso di protesta.

I rappresentanti hanno infatti incontrato i capigruppo e hanno esposto quelle che sono le criticità. Hanno consegnato loro un emendamento che i deputati si sono impegnati a firmare, la richiesta di finanziamenti per la creazione di laghetti aziendali. Ovvero misure che rispondano esattamente alle esigenze degli agricoltori, nella misura in cui riescono a raccogliere quell’acqua che può essere sufficiente per le esigenze del singolo agricoltore, significa ridurre la pressione sui grossi serbatoi.

Già lo scorso ottobre la Regione aveva annunciato l’erogazione di contributi per 4,6 milioni di euro da destinare alla costruzione di invasi aziendali con l’obiettivo di mitigare gli effetti della siccità. È quanto prevede l’avviso dell’assessorato dell’Agricoltura della Regione Siciliana per “garantire la gestione sostenibile del ciclo integrato delle acque” che consentirà ai beneficiari di realizzare vasche, laghetti, invasi e serbatoi aziendali o interaziendali per l’accumulo di acqua a uso irriguo o zootecnico. La dotazione finanziaria è a valere sul Piano operativo complementare (Poc) 2014-2020.

Ma adesso gli agricoltori vogliono risposte concrete. “Basta burocrazia, la Sicilia agricola non può aspettare. Uffici lenti, pagamenti Psr bloccati, carte su carte: cosi le aziende pagano ogni giorno il dazio occulto della burocrazia“.

Reti colabrodo e dighe fatiscenti

Oltre al deficit idrico, la Sicilia sconta decenni di mancati investimenti. Le reti di distribuzione registrano perdite altissime, in alcune zone vicine al 50%, mentre molte dighe e infrastrutture di accumulo necessitano di interventi urgenti. Emblematico il caso delle strutture che non possono innalzare i livelli di invaso per vincoli tecnici o burocratici, costringendo a rilasci in mare proprio mentre l’isola soffoca nella siccità.

Il segnale da Bruxelles: l’acqua è un’emergenza europea

La crisi siciliana si inserisce in un quadro più ampio: la pressione sulle risorse idriche sta diventando una priorità continentale. Proprio l’8 dicembre, a Bruxelles, Commissione europea, Comitato europeo delle Regioni e Comitato economico e sociale hanno lanciato il primo forum ad alto livello dedicato alla resilienza idrica.

Nell’incontro, decisori politici, scienziati e rappresentanti della società civile hanno condiviso una diagnosi allarmante:
l’acqua è una risorsa “sotto forte pressione sia in termini di quantità che di qualità”, come dichiarato dalla commissaria all’Ambiente Jessika Roswall.

La presidente del Comitato europeo delle Regioni, Kata Tutto, ha sottolineato che “ogni goccia ha un peso politico”, avvertendo che per costruire una vera resilienza servono “finanziamenti adeguati, un processo decisionale inclusivo e responsabilità a tutti i livelli”. Il fabbisogno di investimento stimato per colmare il divario infrastrutturale europeo supera i 280 miliardi di euro.

Anche Seamus Boland, presidente del Cese, ha ribadito la necessità di “soluzioni comuni per risolvere questo problema”, sottolineando che la sfida idrica riguarda tutti gli Stati membri, soprattutto quelli più esposti ai cambiamenti climatici, come Italia, Grecia e Spagna.

La Sicilia come caso emblematico

Le parole provenienti da Bruxelles risuonano particolarmente attuali per la Sicilia, dove la combinazione di eventi climatici estremi, infrastrutture fragili e ritardi amministrativi rende la risorsa acqua un tema politico centrale. L’Isola rischia di diventare uno dei simboli europei della fragilità idrica, ma anche un laboratorio per sperimentare soluzioni innovative e strategie di resilienza.

In Sicilia, come in Europa, l’acqua è ormai una questione di sicurezza, sviluppo e coesione sociale. Il tempo delle misure tampone sembra finito: servono investimenti strutturali e una governance moderna per garantire un futuro idrico sostenibile.

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