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La situazione

Sicilia terra che produce e vuole trasformarsi: l’agroalimentare tra tradizione, eccellenza e sfida al futuro

sabato 1 Novembre 2025

Una regione che produce, ma che sogna anche di trasformarsi.

La Sicilia afferma sempre di più la sua vocazione agroalimentare, 14 distretti attivi, che rappresentano il 56% del totale regionale per agroalimentare, ittico e allevamento, confermando il comparto come pilastro economico del territorio.

Nel 2022, il valore aggiunto della filiera agroalimentare siciliana ha raggiunto i 5 miliardi di euro, pari al 7,3 % del totale nazionale, collocando l’Isola al sesto posto tra le regioni italiane. A livello regionale l’agroalimentare vale ancor più, ovvero si trov a ad essere è il quinto comparto che incide maggiormente sul valore aggiunto complessivo della Sicilia. In termini occupazionali, con oltre 151 mila addetti, la Sicilia si piazza al secondo posto in Italia per numero di occupati nel settore.

Un risultato significativo ma allo stesso tempo complesso. Mentre la Sicilia eccelle in quantità e presenza territoriale del primario, mostra invece segni di rallentamento quando si tratta di evoluzione verso la trasformazione, la filiera, il valore aggiunto elevato e l’internazionalizzazione.

Un’economia agricola ancora “tradizionalista”

Rispetto alle altre regioni italiane, la Sicilia presenta una forte incidenza del settore primario sul totale della filiera agroalimentare, la produzione agricola diretta resta predominante, segno di un modello produttivo ancora fortemente legato alla terra e meno proiettato verso processi industriali, innovativi e di largo raggio. Questo comporta che la capacità di competere sui mercati globali,  seppure in miglioramento, rimanga parzialmente inespresso.

Nel secondo semestre del 2024 la Sicilia ha registrato un export della filiera agroalimentare pari al 4,8% del totale nazionale, che la pone al primo posto tra le regioni del Nord e al terzo tra quelle del Sud Italia. Tuttavia, il divario con le leader del Nord, come Emilia‑Romagna (16,1%), Veneto (13,9%) e Lombardia (12,2%), rimane ampio. Nel corso dei primi sei mesi del 2025 la componente “agro” dell’export siciliano è cresciuta dell’8,5%, la componente “alimentare” del 15,3%.
Ma queste cifre, utili, vanno lette alla luce di rischi esterni, ad esempio l’introduzione di un’aliquota del 15 % sui beni alimentari dal 1° agosto 2025 e la minaccia, avanzata dagli Stati Uniti, di dazi fino al 100 % sulla pasta italiana.

Produzioni d’eccellenza e territorio: DOP/IGP, vino, biologico

La Sicilia vanta 67 produzioni certificate DOP, IGP o STG, che la collocano al sesto posto tra le regioni italiane. Il valore economico del comparto dei prodotti a indicazione geografica è stimato in circa 545 milioni di euro, di cui il 17,2 % appartiene all’agroalimentare (escluse le bevande). Tra queste eccellenze spicca il Pistacchio Verde di Bronte DOP, che rappresenta da solo il 90 % della produzione nazionale di pistacchi ed è l’unica DOP europea di quella tipologia.
Nel settore vitivinicolo, la Sicilia è la seconda regione italiana per superficie, quasi 99.000 ettari e la quarta per produzione complessiva di vino. Coltiva oltre 60 varietà di vite, di cui circa una ventina autoctone, testimoni della ricca biodiversità della regione, tra le rosse il Nero d’Avola, il Nerello Mascalese, il Frappato, il Perricone. Tra le bianche il Catarratto, il Grillo, lo Zibibbo, il Moscato bianco e la Malvasia.
Le province con la maggiore produzione nel 2023 sono quelle di Agrigento (1,9 milioni di ettolitri) e Trapani (1,8 milioni).
Spicca un altro primato, la Sicilia è la prima regione italiana per superficie vitata biologica, quasi 33.000 ettari, pari al 24,5 % del totale nazionale, e detiene il primato nella produzione di vino biologico, contribuendo per il 21,6 % della produzione bio nazionale.

Le ombre del sistema: formazione, ricambio generazionale, lavoro irregolare

Eppure, sotto questi numeri brillanti, si muovono alcune criticità. La struttura produttiva è ancora prevalentemente legata ad aziende familiari, mentre questo mantiene forte il legame con il territorio, impone limiti quando serve potenziare competenze, ricambio generazionale, processi di digitalizzazione e internazionalizzazione. In Sicilia, quasi il 95 % dei capi azienda agricola non possiede un titolo di studio specifico per la professione, e il 64,5 % dei lavoratori agricoli ha più di 41 anni (dato del 2023).
Inoltre, il fenomeno dell’irregolarità nel lavoro rappresenta un freno, nel settore agricolo superano i 142.000 i lavoratori irregolari, pari al 42 % degli occupati del comparto, mentre la media nazionale è al 30 %.

Turismo enogastronomico, visibilità internazionale, e un futuro da scrivere

La Sicilia, oltre a produrre, attira sempre di più. Con il riconoscimento di “Regione Europea della Gastronomia 2025” assegnato dall’International Institute of Gastronomy, Culture, Arts and Tourism (IGCAT), è la prima regione italiana a ottenere questo titolo, che evidenzia non solo l’eccellenza produttiva ma anche la capacità di unire tradizione, sostenibilità, cultura e innovazione gastronomica.
Nel 2024 si conferma tra le principali mete enogastronomiche italiane: al quarto posto per numero di visite effettive e al secondo per mete più programmate. E secondo la piattaforma TheFork, la cucina siciliana è la terza più rappresentata al mondo nei ristoranti che la propongono (10 % del totale) dopo Toscana e Piemonte.
Quali leve per attivare il salto di qualità? La forza del comparto c’è, l’orizzonte anche. Ma l’interrogativo è: come trasformare potenziale in transizione concreta?
In primis, rafforzare la formazione tecnica e manageriale per agricoltori e imprese agroalimentari, facilitare il ricambio generazionale, attrarre giovani nel settore con percorsi di carriera appetibili e innovativi, sostenere processi di trasformazione, filiera corta, industrializzazione sostenibile, internazionalizzazione delle produzioni di qualità.
Ancora, contrastare efficacemente il lavoro irregolare, migliorare le condizioni operative, per rendere il comparto più competitivo e attrattivo, Sfruttare il riconoscimento “Regione Europea della Gastronomia 2025” come leva di promozione internazionale, turismo esperienziale e filiere del gusto integrate e usare la biodiversità, le certificazioni DOP/IGP, il vino biologico e l’agro-turismo come asset strategici per una Sicilia che vuole non solo produrre, ma contare nel valore globale.
La Sicilia è in campo, con le sue radici nel grano, nell’olivo, nella vite e nel mare, e un viso rivolto verso l’innovazione e l’apertura internazionale. Il comparto agroalimentare è sia l’eredità che l’opportunità. Il compito, per imprese, istituzioni, operatori e comunità, sarà quello di tenere insieme tradizione e modernità, produttività e sostenibilità, locale e globale.
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