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L'udienza preliminare

Strage di via D’Amelio: chiesto il rinvio a giudizio per i quattro poliziotti accusati di depistaggio

giovedì 7 Novembre 2024

Il pm Maurizio Bonaccorso ha chiesto, al termine dell’udienza preliminare che si è celebrata oggi a Caltanissetta, il rinvio a giudizio per i poliziotti Giuseppe Di Gangi, Vincenzo Maniscaldi, Angelo Tedesco e Maurizio Zerilli per il reato di depistaggio.

Ai quattro, ex appartenenti al gruppo di indagine “Falcone-Borsellino”, viene contestato dalla Procura di Caltanissetta di aver reso false dichiarazioni nel corso delle loro deposizioni in qualità di testi nel processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di Via D’Amelio che si era concluso, in secondo grado, con la prescrizione del reato di calunnia per i tre imputati.

In aula erano presenti i quattro imputati assistiti dagli avvocati Giuseppe Panepinto, Giuseppe Seminara e Maria Giambra.

 

L’udienza preliminare

 

Tribunale di Caltanissetta

Respingendo la richiesta dell’Avvocatura dello Stato il gup di Caltanissetta ha accolto la citazione come responsabili civili del Ministero dell’Interno e della Presidenza del Consiglio all’udienza preliminare che vede imputati di falso quattro poliziotti coinvolti, secondo la Procura, nel depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio costata la vita al giudice Paolo Borsellino e alla sua scorta. I quattro sono accusati di aver mentito durante le loro deposizioni come testi nel primo processo sul depistaggio celebrato a carico di altri tre funzionari di Polizia. L’avvocatura dello Stato, rappresentata da Giuseppe La Spina, aveva chiesto l’esclusione della Presidenza del Consiglio e del Ministero citati come responsabili civili dalle parti civili.

Ha respinto le accuse a suo carico il poliziotto Vincenzo Maniscaldi, imputato davanti al gup di Caltanissetta, insieme ad altri tre agenti, di aver mentito nel corso delle deposizioni rese al processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio. Maniscaldi, che nel ’93 era entrato a far parte del gruppo di indagine “Falcone-Borsellino”, costituito alla Squadra Mobile di Palermo per fare luce sulle stragi, del ’92 ha chiesto di essere interrogato dal gup questa mattina. Nel corso dell’esame del suo legale, l’avvocato Giuseppe Panepinto, l’imputato ha affermato di non aver mai mentito nelle deposizioni rese al primo processo sul depistaggio celebrato nei confronti di altri tre funzionari di polizia Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. “Non ho mai nascosto nulla”, ha detto in aula.

strage via d'Amelio“Sono definito la memoria storica del gruppo perché ho letto le carte tante volte”. Lo ha affermato Vincenzo Maniscaldi, uno dei quattro poliziotti accusati di aver dichiarato il falso nell’ambito del processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio rispondendo alle domande del pm Maurizio Bonaccorso.

Il pm ha chiesto all’imputato se la precisione e la puntualità mostrata nell’ambito delle sue deposizioni fosse legata a un’ottima memoria o all’aver studiato bene gli atti del processo. “Le dichiarazioni del depistaggio le confermo integralmente. Ero sotto giuramento e ho detto la verità”, ha ribadito poi Maniscaldi al pm.

“Riconosco le mie firme sui brogliacci relativi alle intercettazioni fatte durante la permanenza di Vincenzo Scarantino a San Bartolomeo a Mare” ha detto Maniscaldi che, in qualità di componente del gruppo di indagine Falcone Borsellino si era occupato dell’attività di ascolto delle intercettazioni a carico di Vincenzo Scarantino.

Borsellino, Top Secret, via D'Amelio

Quest’ultimo secondo la ricostruzione della procura di Caltanissetta, nel processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio, era stato imbeccato dai poliziotti Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo per costruire una falsa verità sulle stragi. In appello per i tre poliziotti, accusati di calunnia, è stata dichiarata la prescrizione.

“Normalmente i telefoni vengono messi sotto controllo per attività d’indagine. Le intercettazioni sul telefono di San Bartolomeo a Mare non riguardavano un’attività di indagine. Quel telefono era stato messo lì per capire se Vincenzo Scarantino venisse convinto dai parenti a ritrattare, ma non c’era una vera e propria attività di indagine nel senso proprio del termine”. Lo ha affermato Vincenzo Maniscaldi, imputato di depistaggio insieme ad altri tre poliziotti dinanzi al gup di Caltanissetta, rispondendo alle domande del pm Maurizio Bonaccorso. San Bartolomeo a Mare è la località in Liguria in cui Vincenzo Scarantino viveva nell’ambito del programma di protezione per i pentiti.

Paolo Borsellino “In questo processo sono contestate agli imputati false dichiarazioni e reticenze”. Così il pm Maurizio Bonaccorso nella sua discussione dell’udienza preliminare del processo a carico di quattro poliziotti accusati di depistaggio per aver reso, secondo la procura di Caltanissetta, false dichiarazioni nell’ambito del processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio.

“A parte alcuni singoli casi di false dichiarazioni che si riferiscono a episodi specifici, ad esempio la falsa dichiarazione di Di Gangi su una pistola puntata a Scarantino durante una colluttazione a San Bartolomeo a Mare, tutte le altre false dichiarazioni e reticenze, mascherate da non ricordo, si riferiscono continua il pm – a punti oscuri dell’indagine su Scarantino che rappresentano elementi chiavi dell’inquinamento probatorio. Per comprendere l’atteggiamento dei testi, oggi imputati, occorre analizzare alcuni elementi scottanti. C’è la percezione di muoversi in un campo minato dove una risposta sbagliata può avere conseguenze devastanti. Per comprendere appieno quello che è l’atteggiamento di assoluta malafede dei testimoni che hanno fatto parte del gruppo ‘Falcone-Borsellino’ sarebbe necessaria un’analisi di quella che è l’evoluzione dei processi che nel corso degli anni si sono celebrati”.

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