Un gioco d’ombre in cui contrapposti, neanche poco simbolicamente, ci sono un Papa e due sorelle: comincia con questa immagine che riporta l’autorità religiosa più temuta dalle coscienze delle umanissime Teresa e Carolina, protagoniste insieme a Giselda del romanzo “Sorelle Materassi“, riproposto in scena al Teatro Biondo di Palermo (sala Grande).
Considerato il capolavoro di Aldo Palezzeschi, che concesse alle stampe il romanzo solo dopo diverse revisioni e dopo quasi un trentennio dalla prima stesura, la versione teatrale, nel libero adattamento di Ugo Chiti, conserva, con ritrovata leggerezza, tutta la natura enigmatica e inafferrabile dell’opera originale.
Nella pièce si riscontrano più elementi che, nella semplicità apparente della messa in scena, lasciano intravedere contributi artistici all’altezza della tessitura complessa del romanzo in questione.
La regia dimessa di Geppy Gleijeses, la scenografia (Roberto Crea) che non sovrasta mai le vicende e che, nei cambi di luce (Luigi Ascione), trova nuove dimensioni pur conservando alle spalle un grande albero che mai fiorirà, monito di vite mai vissute, ma soprattutto le attrici principali del cast, Lucia Poli (Teresa), Milena Vukotic (Carolina), Marilù Prati (Giselda) e Sandra Garuglieri (Niobe, la domestica) contribuiscono alla riuscita dello spettacolo che, nella sua terza stagione, ha già superato le 200 repliche in giro per l’Italia.
Nelle pieghe di una storia apparentemente banale, due delle sorelle Materassi sono sarte un pò snob, senza una loro vita privata e, in maniera più o meno inconscia, accogliendo in casa Giselda e il nipote Remo (Gabriele Anagni), ricostruiscono l’originale nucleo familiare moltiplicando debolezze e difetti di tutti i componenti.
Scorrono così, attraverso i personaggi, diverse declinazioni dell’animo umano: opportunismi, debolezze, sensualità insensata, durezza e debolezza che, inevitabilmente, porteranno al declino il tanto faticato “progetto familiare“.
A contornare le vicende, e a fare la differenza, ci sono poi i toni ricercati della Poli, la grazia innata della Vukotic e la dirompente efficace energia della Prati, coadiuvate dalle pertinenti musiche di Mario Incudine.
Repliche fino al 10 febbraio.