Ad oggi 2 imprese su 3 sono ancora ai blocchi di partenza e soltanto il 6% delle aziende è “arrivato al traguardo” o comunque è nel tratto finale del percorso della duplice transizione ecologica e digitale. È quanto emerge da un’indagine di Unioncamere e Centro Studi delle Camere di Commercio Gugliemo Tagliacarne su un campione di 3.000 imprese manifatturiere. Se sono poche le imprese Green&Digital (G&D) che nel 2020 hanno raggiunto la meta avendo già investito sia in eco-innovazione sia in digitalizzazione, il 26% dell’imprenditoria manifatturiera si trova a metà strada, avendo investito nella sostenibilità ambientale o in Industry 4.0 (imprese GorD). Tuttavia la stragrande maggioranza delle imprese (62%) non ha investito e non ha intenzioni di investire né in sostenibilità ambientale né in digitalizzazione (imprese noG&noD). Mentre una piccola quota di imprese (6%) pur non avendo ancora investito nella duplice transizione ha messo in programma di investire nel green e/o nel digitale (imprese potentialGD).
È al Sud che si registra il maggiore ritardo: il 66% delle imprese del Mezzogiorno non ha investito e nemmeno ha in programma di investire nella transizione verde e digitale contro il 61% del Centro-Nord. Nel Mezzogiorno esiste un gap guardando sia alle imprese che hanno già investito nella Duplice transizione (imprese G&D Mezzogiorno 4% vs 7% Centro-Nord) sia, soprattutto, a quelle che sono a metà strada avendo investito in uno dei due pilastri della Duplice transizione (imprese GorD Mezzogiorno 22% vs 27% Centro-Nord). Resta però un fatto: che al Mezzogiorno esiste quasi un’impresa su 10 che ha messo in programma di investire nei prossimi anni nella Duplice transizione (8% vs 5% Centro-Nord).
Come emerge dal report della Camera di Commercio, Messina è al diciassettesimo posto tra le province italiane per l’incidenza della Blu economy nel tessuto economico e produttivo del capoluogo e della provincia. Le potenzialità vengono ritenute tali da poter rendere questo territorio tra i più fertili nell’intero panorama non soltanto siciliano ma il futuro dipenderà, soprattutto nel dopo-emergenza sanitaria, dalle scelte strategiche che verranno fatte. Al 31 dicembre 2018, quando ancora non si era in fase di emergenza, le imprese dell’economia del mare – come evidenziato dalla segretaria generale, la dott.ssa Paola Sabella – le imprese dell’economia del mare registrate in provincia di Messina ammontavano a 4228 unità, il 6,9% del totale delle imprese della provincia ed il 50% circa delle imprese del settore green messinese appartiene ai servizi di alloggio e ristorazione, mentre il 14,7% alla filiera ittica.
Messina è l’ottava provincia in Italia per numero di imprese della Blue Economy con le sue 4.248 imprese blu ma, come detto, è invece la 17esima tra le province italiane per incidenza delle imprese dell’economia del mare sul totale dell’economia. Due dati che fanno riflettere e rendono l’idea su quello che può essere il ruolo dell’economia del mare nel territorio messinese e sui ritardi da affrontare e le sfide da dover vincere in vista del futuro.
Appena il 3% degli imprenditori under 35 ha compiuto la duplice transizione, contro la media nazionale del 6%. Ma tra le stesse imprese giovanili (rispetto a quelle non giovanili) è più elevata sia la quota delle imprese che hanno compiuto almeno un passo verso la transizione verde e digitale (imprese GorD 29% vs 26%), sia la quota di quelle che non avendo compiuto passi fino adesso prevedono però di compierli (imprese potentialGD 9% vs 5%).
Le imprese guidate da donne sembrano avere avuto lo stesso passo di quelle dei colleghi uomini nel raggiugere il traguardo della duplice transizione (sono imprese G&D il 6% in entrambi i casi). Ma è più elevata la quota delle imprese femminili che hanno già compiuto almeno un passo (imprese GorD: 29% vs 25%).
“Il report – ha evidenziato il presidente Ivo Blandina – si riferisce ad un anno che era ancora pre-pandemia e si poteva considerare un periodo d’oro, cioè il 2018, quindi ben prima che poi si verificasse la pandemia con tutto ciò che determinato in termini di crisi epocale sotto l’aspetto economico e sociale. I risultati analizzati sono comunque preziosi e hanno una loro indubbia valenza perché riguardano un comparto di grande importanza strategica per tutte le città, e per i territori che si affacciano sul mare e che dal mare potrebbero e dovrebbero ricevere ricchezza. L’analisi effettuata ha inteso approfondire un settore di rilievo dell’economia messinese e sono adesso in fase di elaborazione i dati riguardanti gli anni 2019 e 2020. In questo modo avremo una fotografia esatta della situazione, sia nel pre-pandemia che poi nella fase di criticità che a causa dell’emergenza si sta attraversando ancora adesso. Da qui si dovrà iniziare a ragionare sulla prospettiva della blue economy e sull’impatto sul nostro territorio, valutando le idee e trasformandole poi in delle proposte”. Blandina ha rimarcato come “sino a questo momento sia mancata una visione unitaria del settore legata al mare, un obiettivo che la Consulta marittima (il Consolato del Mare) intende perseguire sin dalla sua istituzione, coinvolgendo tutti gli attori istituzionali protagonisti”.
La ripresa economica, come si evidenzia nel report, non può che passare dalla Transizione ecologica e digitale: un ritorno ai livelli produttivi pre-Covid entro il 2022 è previsto dal 61% delle imprese che hanno investito sia in eco-innovazione sia in digitalizzazione (imprese G&D) contro il più ridotto 55% del resto delle altre imprese. Mentre non si è mai ridotta la propria attività produttiva a causa del Covid, per il 13% delle imprese che hanno investito sia in eco-innovazione sia in digitalizzazione contro il 9% delle altre.
La quota di imprese che prevedono un aumento dell’occupazione nel 2021 è maggiore tra quelle che hanno investito nella Duplice transizione rispetto alle altre (imprese G&D: 11% vs 2% nel caso delle altre imprese). A riprova della portata generale del tema, tale effetto positivo si verifica tanto al Centro-Nord (11% vs 3%) quanto al Mezzogiorno (11% vs 2%).
Investire nella sostenibilità ambientale e nella digitalizzazione, inoltre, sembra ridurre le incertezze sul futuro: la quota delle imprese che è incerta sull’andamento futuro della propria attività produttiva è del 17% tra le imprese che hanno investito sia in eco-innovazione che in Industry 4.0 contro il 21% nel caso delle altre imprese.