Nel rapporto realizzato dalla Clean Cities Campaign sull’offerta di Trasporto Pubblico Locale in Italia e in Europa le tre città siciliane occupano le ultime posizioni. Il riflesso di una frattura strutturale tra Nord e Sud del Paese.
In Italia il trasporto pubblico locale non è soltanto una questione di mobilità: è un indicatore diretto di disuguaglianza territoriale. A certificare, con numeri difficili da aggirare, è il rapporto “Mind the Gap. Da dove partire per colmare il divario nell’offerta di Trasporto Pubblico Locale in Italia”, che mette a confronto le principali città italiane con quelle europee, analizzando l’offerta reale di servizi, l’utilizzo da parte dei cittadini e lo sviluppo delle reti su ferro .
All’interno di questo quadro, le città siciliane occupano sistematicamente le ultime posizioni. Messina, Palermo e Catania non rappresentano semplicemente casi critici isolati, ma il riflesso di una frattura strutturale tra Nord e Sud del Paese che si manifesta con particolare evidenza proprio nel Trasporto pubblico locale (TPL).
Il rapporto “Mind the Gap”
Il rapporto, intitolato “Mind the Gap”, è stato realizzato dalla Clean Cities Campaign. Il documento analizza il divario nell’offerta di Trasporto Pubblico Locale (TPL) tra l’Italia e il resto d’Europa, evidenziando come le città italiane siano significativamente al di sotto della media europea per quanto riguarda l’offerta di posti-km pro capite e l’estensione delle reti di trasporto rapido di massa.
Città incluse nell’analisi
Il rapporto confronta diverse realtà italiane con le principali metropoli europee:
-
Città Italiane: Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Catania, Venezia, Messina, Reggio Calabria e Cagliari.
-
Città Europee e del Regno Unito: Londra, Parigi, Berlino, Madrid, Barcellona, Vienna, Bruxelles, Amsterdam, Praga, Varsavia e Lione.
Il rapporto “Mind the Gap” denuncia il profondo divario tra il sistema di trasporto pubblico italiano e quello europeo. Mentre metropoli come Madrid e Varsavia offrono il doppio dei posti-chilometro pro capite, le città italiane, specialmente al Centro-Sud, soffrono di un cronico sotto-finanziamento e di una rete infrastrutturale carente. Tale gap non solo alimenta l’inquinamento atmosferico e la congestione urbana a causa dell’elevata motorizzazione privata, ma genera anche una “mobilità precaria” che limita l’accesso a lavoro e studio per milioni di cittadini. Il documento propone investimenti urgenti e strutturali per trasformare il TPL nel pilastro della transizione ecologica urbana.
Messina, Palermo e Catania: l’offerta di TPL ai minimi nazionali
Secondo il rapporto, Palermo e Messina sono le città con la più bassa offerta di trasporto pubblico locale tra tutte quelle analizzate, misurata in posti-km pro capite. Anche Catania si colloca nelle ultimissime posizioni, immediatamente sopra ma comunque lontanissima dalla media nazionale ed europea .
Il dato sui posti-km pro capite è centrale perché misura quanta capacità di trasporto pubblico è effettivamente disponibile per ogni abitante, tenendo conto di frequenze, capienza dei mezzi e articolazione della rete. È il parametro che meglio fotografa la possibilità reale di spostarsi senza automobile.
Nel confronto europeo, il distacco è netto: le città europee analizzate dispongono in media del doppio dell’offerta di TPL e di cinque volte i chilometri di trasporto rapido di massa rispetto alle città italiane. Ma è nel confronto interno che il divario diventa drammatico: tra le città del Centro-Nord e quelle siciliane il rapporto arriva fino a uno a otto .
Il caso Palermo e la fiducia spezzata: quando il trasporto pubblico non è più una scelta per i residenti
Nel rapporto Mind the Gap c’è un dato che pesa più di altri, perché non riguarda chilometri di rete, frequenze o finanziamenti, ma la percezione quotidiana dei cittadini. È il dato sulla soddisfazione degli utenti del trasporto pubblico locale, raccolto nell’indagine della Commissione Europea sulla qualità della vita nelle città. Palermo emerge come il caso più critico in assoluto: solo un cittadino su cinque dichiara di essere soddisfatto del TPL nella propria città .
È un valore che colloca il capoluogo siciliano all’ultimo posto tra tutte le città analizzate, non solo in Italia ma nel confronto complessivo con le grandi città europee. A titolo di paragone, il 68% dei bolognesi e il 56% dei torinesi si dichiarano soddisfatti del servizio; nelle città europee più avanzate – Vienna e Praga – la quota supera l’80% e si avvicina al 90% .
Il dato palermitano non può essere liquidato come una generica insoddisfazione. Il rapporto lo collega esplicitamente a tre fattori ricorrenti, che emergono con maggiore intensità nelle città del Sud: frequenza insufficiente, scarsa affidabilità e percezione di insicurezza. Non è quindi la sola mancanza di infrastrutture a pesare, ma l’esperienza concreta del servizio, fatta di attese imprevedibili, corse saltate e difficoltà negli spostamenti quotidiani.
La bassa soddisfazione diventa così un indicatore sintetico di un sistema che non riesce a svolgere la sua funzione primaria: offrire un’alternativa credibile all’automobile privata. Il rapporto sottolinea che, laddove il TPL non è percepito come affidabile, non entra nelle abitudini di mobilità, rimanendo un mezzo residuale, utilizzato solo in assenza di alternative.
A Palermo questo scollamento tra servizio e cittadini ha effetti strutturali. Il TPL non viene vissuto come un’infrastruttura pubblica essenziale, ma come un servizio emergenziale, spesso associato a disagi più che a opportunità. La conseguenza è una perdita progressiva di fiducia, che rende ancora più difficile invertire la tendenza: meno fiducia produce meno utenti, e meno utenti rendono politicamente e finanziariamente più fragile il sistema.

Nel confronto europeo, il dato di Palermo assume un valore simbolico. Il rapporto evidenzia come nelle città dove il TPL è capillare e affidabile la soddisfazione resti elevata anche in presenza di tariffe più alte rispetto a quelle italiane. Al contrario, nelle città dove il servizio è scarso, anche tariffe relativamente basse non compensano la qualità insufficiente .
Il livello di soddisfazione, dunque, non è un indicatore secondario ma un termometro della distanza tra politiche pubbliche e bisogni reali. Nel caso di Palermo, quel “un cittadino su cinque” racconta un disagio quotidiano profondo: il trasporto pubblico non è percepito come parte integrante della vita urbana, ma come un servizio che non mantiene le promesse implicite di accessibilità, puntualità e sicurezza.
Il rapporto Mind the Gap suggerisce che ricostruire questa fiducia richiede interventi strutturali e continui, non misure episodiche. Senza un miglioramento tangibile dell’offerta e dell’affidabilità, ogni tentativo di rilancio del TPL rischia di scontrarsi con una diffidenza ormai sedimentata, che a Palermo appare più marcata che altrove.
Una domanda debole che nasce da un’offerta insufficiente
A Palermo, Catania e Messina la debolezza dell’offerta si riflette inevitabilmente sulla domanda. Il numero di passeggeri pro capite è tra i più bassi d’Italia. Nelle città del Centro-Sud il valore medio non arriva a 70 viaggi per abitante all’anno, contro una media europea di 410 .
Il rapporto chiarisce che non si tratta di una “sfiducia culturale” nei confronti del mezzo pubblico, ma di una relazione diretta: dove l’offerta è carente, frammentata e poco affidabile, l’utilizzo resta marginale. Palermo, Catania e Messina si trovano così intrappolate in un circolo vizioso: pochi servizi producono pochi utenti, che a loro volta giustificano investimenti limitati.
Trasporto rapido di massa: il vuoto infrastrutturale siciliano
A livello nazionale, l’Italia conta meno di 270 km di metropolitane, contro i 680 km del Regno Unito, i 657 km della Germania e i 615 km della Spagna. Il deficit è ancora più marcato per tram e ferrovie suburbane, e la Sicilia rappresenta l’estremo di questa carenza .
Questa assenza infrastrutturale non è neutra: significa reti lente, poca capacità, maggiore esposizione ai disservizi e impossibilità di offrire frequenze competitive con l’auto privata.
Il confronto con le altre città italiane
Nel confronto con le altre città italiane, il gap delle città siciliane emerge con chiarezza. Milano è l’unica città italiana che si avvicina alla media europea per offerta di TPL, mentre Torino, Bologna e Firenze mostrano un divario più contenuto ma comunque significativo .
Al contrario, Napoli, Bari, Reggio Calabria, Palermo, Catania e Messina si collocano stabilmente nella fascia più bassa, con valori simili nonostante differenze demografiche e territoriali. Questo dato, sottolinea il rapporto, indica che la dimensione della città non è il fattore decisivo, ma lo sono le scelte di investimento e la continuità delle politiche pubbliche.
Motorizzazione record e dipendenza forzata dall’auto

La conseguenza diretta della debolezza del TPL in Sicilia è l’elevata dipendenza dall’automobile privata. I dati ISTAT citati nel rapporto mostrano un aumento costante del tasso di motorizzazione: tra il 2022 e il 2023 Catania ha registrato +15 auto ogni 1.000 abitanti, mentre Messina rientra nel gruppo delle città con l’incremento più marcato nel periodo post-pandemico .
Il rapporto parla esplicitamente di forced car ownership: l’auto non come scelta, ma come necessità. Una necessità che pesa sui bilanci familiari, riduce l’accesso ai servizi essenziali e amplifica le disuguaglianze sociali, soprattutto per chi non può permettersi un mezzo privato.
Un TPL sottofinanziato: il nodo delle risorse
Alla base del divario siciliano – e nazionale – c’è un problema strutturale di sottofinanziamento. Il Fondo Nazionale Trasporti, principale strumento di sostegno al TPL, ha visto una crescita solo nominale negli ultimi dieci anni. In termini reali, tenendo conto dell’inflazione del settore trasporti, il valore del fondo si è ridotto di oltre il 30% rispetto al 2009.
Il Sud più esposto: perché il sottofinanziamento del TPL colpisce duramente le città siciliane
Un altro dato cruciale del rapporto Mind the Gap riguarda la dipendenza finanziaria delle città del Sud dal Fondo Nazionale Trasporti. Palermo, Catania e Messina rientrano in quell’area del Paese in cui il fondo statale può arrivare a coprire oltre il 50% dei costi operativi del trasporto pubblico locale, una quota nettamente superiore a quella delle grandi città del Centro-Nord, dove la copertura oscilla mediamente tra il 25% e il 30% .

Questo dato spiega perché il sottofinanziamento cronico del TPL produca effetti asimmetrici sul territorio nazionale. Quando il Fondo Nazionale Trasporti perde valore reale – come documentato dal rapporto, che stima una riduzione di oltre il 30% rispetto al 2009 in termini di potere d’acquisto – le città del Sud subiscono un impatto immediato e più profondo .
Nelle città siciliane, dove le risorse proprie di Comuni e Regioni sono più limitate, la contrazione del fondo si traduce rapidamente in scelte obbligate: riduzione delle corse, rinvio della manutenzione, difficoltà nel rinnovare le flotte e minore affidabilità del servizio. Il margine di compensazione attraverso risorse locali, che esiste in città come Milano o Bologna, è molto più ristretto.
Il rapporto evidenzia come questa dipendenza renda il TPL del Sud strutturalmente vulnerabile alle oscillazioni delle politiche nazionali. Anche aumenti nominali del fondo, se non adeguati all’inflazione del settore trasporti, equivalgono a tagli reali che colpiscono soprattutto le aree più fragili .

Nel caso siciliano, il problema non è solo quantitativo ma sistemico. Il TPL svolge un ruolo più rilevante come servizio essenziale per fasce di popolazione con minore accesso all’auto privata. Quando le risorse si riducono, l’effetto non è solo un peggioramento del servizio, ma una compressione diretta dei diritti di mobilità.
Il rapporto Mind the Gap sottolinea che senza un rafforzamento stabile del Fondo Nazionale Trasporti, le città del Sud non possono colmare il divario con il resto d’Italia e d’Europa. Al contrario, il rischio è quello di una cronicizzazione del ritardo, in cui il sottofinanziamento alimenta la scarsa offerta, che a sua volta giustifica bassi livelli di investimento.
Per Palermo, Catania e Messina, la questione del fondo non è quindi un tema tecnico di bilancio, ma il nodo centrale attorno a cui ruota la possibilità stessa di garantire un trasporto pubblico minimamente affidabile e continuativo.
Sicilia e coesione territoriale: una questione nazionale
Il rapporto Mind the Gap lega esplicitamente il tema del TPL alla coesione nazionale. Le città con minore reddito pro capite sono anche quelle con la minore offerta di trasporto pubblico, generando un doppio svantaggio: economico e infrastrutturale .
Nel caso siciliano, il trasporto pubblico debole limita l’accesso al lavoro, allo studio e ai servizi sanitari, contribuendo alla marginalizzazione di interi quartieri urbani. Non si tratta soltanto di mobilità, ma di diritti di cittadinanza.
La panoramica nazionale: un problema diffuso, ma non uniforme
A livello nazionale, il quadro che emerge è quello di un sistema di TPL che non regge il confronto con l’Europa, ma con forti differenze interne. Il Centro-Nord mostra criticità importanti ma margini di recupero, mentre il Centro-Sud – e in particolare la Sicilia – sconta un ritardo accumulato in decenni di investimenti insufficienti .
Il rapporto evidenzia che incrementare l’offerta di TPL produce benefici economici diretti, con un ritorno stimato tra 3 e 4,5 euro per ogni euro investito, oltre a effetti positivi su occupazione, ambiente e salute pubblica.
Investire nel TPL: una scelta strutturale per colmare il divario per le città siciliane
Nel rapporto Mind the Gap le proposte di intervento sul trasporto pubblico locale non vengono presentate come un elenco astratto di buone pratiche, ma come risposte dirette a un divario misurabile. Per le città siciliane, dove l’offerta di TPL è tra le più basse d’Italia e d’Europa, queste indicazioni assumono un carattere particolarmente urgente e concreto .
Il primo nodo individuato è quello del finanziamento strutturale. Il rapporto sottolinea la necessità di rafforzare in modo stabile il Fondo Nazionale Trasporti, riportandone il valore reale almeno ai livelli precedenti alla crisi del 2009. Per Palermo, Catania e Messina questo punto non rappresenta una semplice rivendicazione di risorse aggiuntive, ma la condizione minima per garantire la continuità del servizio. In contesti dove il fondo copre oltre la metà dei costi operativi, l’assenza di un finanziamento adeguato impedisce qualsiasi programmazione di medio periodo e costringe le aziende di trasporto a una gestione emergenziale .
Il secondo asse riguarda lo sviluppo del trasporto rapido di massa. Il rapporto è esplicito: senza un salto infrastrutturale sulle reti su ferro – metropolitane, tram, filovie – non è possibile colmare il divario con le città europee. Per le città siciliane, quasi prive di queste infrastrutture, la questione non è l’ottimizzazione dell’esistente ma la costruzione di un sistema che oggi è largamente incompleto. Il documento evidenzia come il trasporto rapido di massa sia l’unico strumento in grado di aumentare significativamente l’offerta in posti-km e di rendere il TPL competitivo rispetto all’auto privata, soprattutto nei contesti urbani densi .
Un terzo elemento centrale è l’affidabilità del servizio. Il rapporto insiste sul fatto che la crescita della domanda non può essere ottenuta solo ampliando l’offerta nominale, ma richiede servizi regolari, prevedibili e integrati. Per Palermo, Catania e Messina questo significa investire non solo in nuovi mezzi, ma nella manutenzione, nella gestione delle frequenze e nella riduzione delle interruzioni. L’affidabilità è indicata come la variabile che più incide sulla fiducia degli utenti, un tema particolarmente critico nelle città siciliane, come dimostrano i bassi livelli di soddisfazione registrati .
Il rapporto dedica inoltre attenzione al tema dell’elettrificazione delle flotte, presentata come una leva strategica soprattutto per le città del Sud. L’elettrificazione consente di ridurre i costi operativi nel medio periodo, abbassare l’impatto ambientale e migliorare la qualità dell’aria urbana. In contesti come quelli siciliani, caratterizzati da elevata motorizzazione privata e forte pressione ambientale, questo intervento assume una valenza doppia: economica e sanitaria .
Un altro punto chiave riguarda l’integrazione tra politiche di mobilità e politiche urbane. Il rapporto sottolinea che il TPL non può essere considerato un settore isolato, ma deve dialogare con la pianificazione urbana, il welfare e le politiche del lavoro. Nelle città siciliane, dove ampie fasce di popolazione dipendono dal trasporto pubblico per l’accesso ai servizi essenziali, il rafforzamento del TPL diventa uno strumento di riduzione delle disuguaglianze territoriali e sociali.

Mind the Gap richiama la necessità di una visione di lungo periodo. Le città che hanno colmato il divario con l’Europa non lo hanno fatto attraverso interventi frammentari, ma con strategie coerenti e continuative.
Per Palermo, Catania e Messina la questione non è solo recuperare ritardi accumulati, ma evitare che il TPL resti prigioniero di cicli di investimento discontinui. Senza questa continuità, avverte il rapporto, il rischio è quello di una cronicizzazione del divario, con effetti permanenti sulla qualità della vita urbana e sulla coesione territoriale del Paese .
Per la Sicilia, queste indicazioni assumono un valore strategico: senza un cambio di passo strutturale, Palermo, Catania e Messina rischiano di restare intrappolate in un modello di mobilità inefficiente, costoso e socialmente regressivo.
.
Fonte dati: Rapporto Mind The Gap
Nota metodologica
L’analisi del gap nell’offerta di trasporto pubblico locale del rapporto si basa sui dati ISTAT o forniti direttamente dalle relative autorità dei trasporti pubblici. Laddove necessario, è completata da altre fonti delle autorità locali per il 2023.
Anche se gli indicatori sono abbastanza simili tra le città, ci sono ancora alcune limitazioni metodologiche. La copertura delle ferrovie suburbane varia da città a città: in alcune città, dove questi servizi sono molto più importanti per il trasporto pubblico (Berlino, Vienna, Madrid, Londra, Varsavia e alcune parti di Parigi), sono inclusi.
Nelle città in cui sono meno importanti (comprese le città italiane), non sono inclusi, perché non c’è una suddivisione dei dati cittadini da parte dei loro fornitori. Per alcune città (Londra, Varsavia, Parigi) si è dovuta calcolare l’offerta di posti-km utilizzando il dato ufficiale dei veicoli-km e calcolando o stimando la capacità di passeggeri (compresi i posti in piedi), che può essere diversa dalle metodologie usate dalle autorità locali in altre città.
Infine, i dati sull’estensione complessiva della rete non sono del tutto uniformi: il report da la priorità a questo dato, essendo il più comparabile con i dati raccolti da ISTAT per le città italiane, ma per alcune città europee era disponibile solo la lunghezza dei binari. In questo caso i dati vanno quindi considerati come indicativi.













