La riorganizzazione del sistema portuale sta creando molte situazioni di conflitto in Sicilia. La decisione di spostare l’Autorità di sistema portuale del Mare di Sicilia orientale da Augusta a Catania ha sollevato non poche polemiche che hanno chiamato in causa il ruolo del presidente della Regione, Rosario Crocetta, e quello del ministro per i Trasporti Graziano Delrio.
Anche a Messina il momento è delicato. L’autorità portuale della città, infatti, secondo i piani stabiliti dal governo dovrebbe confluire insieme a Milazzo e Gioia Tauro in un unico ente capitanato dal porto calabrese. Una scelta contestata da molti. Ne parliamo con l’imprenditore Vincenzo Franza, amministratore delegato della Caronte&Tourist, principale realtà del settore dei trasporti navali nello Stretto.
In un’intervista da lei rilasciata al quotidiano “La Sicilia” in edicola oggi, ha detto che in merito alle scelte fatte sugli accorpamenti la logica ed il buon senso spesso sono state piegate a ragioni politiche. Ci può esplicitare meglio il suo pensiero?
Dal punto di vista industriale e funzionale la soluzione naturale sarebbe dovuta essere l’unificazione delle tre autorità della Sicilia orientale. Quella trovata, invece, risponde a logiche e bilanciamenti politici. La sensazione è che Messina abbia avuto paura di una sfida con una parte della regione che rappresenta quasi 3 milioni di persone e abbia preferito chiudersi in una logica locale. Chiunque lavori nell’ambito portuale e marittimo sa, però, che sarebbe stato meglio costruire una rete della portualità siciliana.
Lei ha posto il problema della mobilità pedonale e veicolare tra i porti. La riforma, infatti, non si occupa di questo aspetto ma soltanto del trasporto merci.
Lo Stretto di Messina ha un problema di mobilità non di merci, ma di persone e mezzi. La gestione di questi flussi dovrebbe essere coordinata da una Agenzia della mobilità. Sono degli enti presenti in Piemonte, in Emilia Romagna e in molte altre regioni. Si tratta di società partecipate da tutti i player: da chi si occupa del trasporto marittimo, a quello ferroviario, su ruote ecc. Insieme si fa sinergia, si rende il sistema più efficace ed efficiente. Ad esempio si potrebbero integrare i servizi e creare un biglietto unico. Oggi ci sono 4 biglietti diversi con orari che non coincidono. Per quanto ci riguarda tentiamo in tutti i modi di sincronizzarli, ma manca una regia unica. E non può essere il protocollo in discussione tra i Comuni di Reggio Calabria e di Messina a risolvere il problema. Devono essere tutti i territori e tutti i soggetti coinvolti a partecipare.
Ha anche lamentato il fatto che durante l’iter della riforma non è stato preso in considerazione il parere dei soggetti interessati, ovvero dei cosiddetti stakeholder.
Abbiamo avuto diverse volte l’occasione di presentare la nostra posizione alle istituzioni e al governo. Messina ha sempre avuto un atteggiamento ambiguo, ha oscillato tra l’accorpamento con Gioia Tauro e quello con Augusta e Catania. In una versione della riforma l’autorità messinese era stata accorpata con quelle siciliane, ma dopo alcune manovre ha prevalso l’unificazione con Gioia Tauro. Secondo me un errore per le ragioni che le ho detto.
Anche perchè il porto di Gioia Tauro si trova in grande difficoltà. Giusto?
Sì, perché nato sulla base di un modello ormai superato, quello del grande hub capace di ospitare una molteplicità di operatori. Oggi, invece, ogni operatore tende a scegliersi un porto dedicato. E se questo dovesse accadere anche a Gioa vuol dire che il porto perderebbe la sua caratteristica di scalo pubblico.
Qual è secondo lei la soluzione per una ottimale gestione integrata dei porti della Sicilia orientale?
La soluzione ideale sarebbe stata un’unica autorità portuale che governava l’intero sistema portuale siciliano, sia della Sicilia orientale che di quella occidentale. Anche due autorità potrebbero funzionare bene. Il modello scelto però desta non poche perplessità. Lo valuteremo nei prossimi anni.