Per il lavoro di sperimentazione è stato selezionato l’ambito di studio nel quartiere Roccafanara del comune di Valledolmo (PA) costituito da un insieme di cinque isolati esistenti in condizioni di semiabbandono e in evidente stato di degrado urbano e architettonico, per un progetto che prova a rispondere ai temi specifici dell’abbandono dei Centri minori all’interno della ‘Trasversale sicula”.
CAMPUS_Asia::SUAE_Asia Program è un programma di formazione internazionale in architettura, sostenuto dalla Commissione Nazionale UNESCO-Corea Education for Sustainable Development (ESD) che promuove l’opportunità di esplorare alternative adeguatamente rispondenti all’ambiente urbano e architettonico esistente attraverso la cooperazione tra docenti e studenti delle Università internazionali di Pusan National University (Sud Corea), Tongji University (Cina), Kyushu University (Giappone), Syracuse University (USA), Vienna University of Technology (Austria), Palermo University (Italia).
L’esperienza abitativa, fuori da una dimensione esclusivamente individuale, promuove un approccio collaborativo, solidale, sostenibile, al fine di supportare attività e progetti sociali e innovativi in sintonia con
le potenzialità economiche e umane del territorio. È in questo quadro che si inserisce il programma di trasformazione di una parte del tessuto urbano del quartiere Roccafanara a Valledolmo con un progetto che prova a rispondere ai temi specifici dell’abbandono dei Centri minori all’interno della ‘Trasversale sicula’ e alle rinnovate tematiche ambientali ed energetiche alla scala locale e territoriale. L’avvio di nuove dinamiche virtuose con ampio ricorso alle pratiche del riciclo (Losasso, D’Ambrosio 2012: 49) e alla produzione di fonti energetiche integrate (solare, eolico e biomassa) contribuiscono a definire gli obiettivi prioritari del progetto Social Housing Community a Valledolmo come laboratorio di sperimentazione per i Centri minori in Sicilia.
Il CAMPUS_Asia::SUAE_Asia 2023 ha come obiettivo prioritario la promozione della pratica della progettazione resiliente nell’ambiente naturale e costruito ampliando le opportunità della formazione universitaria attraverso eventi multidisciplinari internazionali i cui esiti sono pubblicati a cura Centro del Patrimonio Mondiale UNESCO.
L’ambito urbano di riferimento per un intervento capace di determinare nuovi equilibri sociali, energetici ed ecologici è sempre più il quartiere: un organismo urbano complesso che ancora oggi presenta grandi fasi di mutamento in forte relazione con la comunità e lo sviluppo delle fonti rinnovabili (Symbola 2022).
Con la definizione di Social Housing Community si fa riferimento a quei progetti urbani innovativi volti al miglioramento e alla valorizzazione del patrimonio materiale e culturale esistente che, insieme allo spazio
pubblico, contribuiscono alla definizione di nuovi modi di abitare in relazione ai temi della transizione ecologica ed energetica.
Il programma del Social Housing Community comprende anche il progetto dello spazio aperto destinato alle attività commerciali e ludico ricreative, con l’obiettivo di costituire delle vere e proprie community di residenti e abitanti transitori.
Il programma mira a sviluppare un’esperienza concreta sui possibili modi di abitare a partire da un quadro di riferimenti nazionali e internazionali per definire una specifica metodologia sulle strategie da sperimentare sul tema della residenza temporanea nei Centri minori in Sicilia. La questione della residenza è tornata protagonista nel dibattito disciplinare dopo l’emergenza sanitaria del Covid; in questo ambito, la ricerca-azione proposta del LabCity Architecture (DARCH-UNIPA) nell’ambito della Summer School Workshop 2023 CAMPUS_Asia::SUAE_Asia Program dal titolo ‘Valledolmo Paradise 2030. Abitare la transizione nei Centri minori in Sicilia’, si indirizza verso forme di urbanizzazione condivise, versatili e adattabili orientate ad un uso razionale dei suoli e delle risorse, dove è centrale la componente dell’abitante. Avviene così che la residenza collettiva torni a risignificare l’ambiente costruito, relazionandosi con i tessuti urbani stratificati e con il suo territorio.
In una fase di grave crisi energetica, aggravata inoltre dai recenti eventi bellici alle porte dell’Europa, le politiche nazionali e comunitarie sono sempre più impegnate a riprogrammare il quadro generale e locale degli approvvigionamenti energetici e a riorientare lo sviluppo intensivo delle fonti rinnovabili a partire dall’alloggiocollettivo e individuale.
In questo ambito, la Comunità energetica è senza dubbio il soggetto giuridico che può fornire tali benefici sociali, ambientali, energetici ed economici. Il meccanismo per cui i soggetti in grado di produrre, consumare e condividere l’energia prodotta da fonti interamente rinnovabili, diventano produttori di beni monetizzabili, definito con il termine prosumer (Toffler 1980), indica nella stessa Comunità energetica il consumatore e il produttore di beni.
In un recente convegno organizzato da Urbanpromo sul tema delle Comunità energetiche rinnovabili si evidenzia che in Italia non mancano le buone pratiche, spesso sperimentate proprio nei territori dei Centri
minori. L’obiettivo comune è di “arrivare alla scala dei quartieri e fornire le basi e i presupposti per realizzare progetti di disegno urbano innovativi, che contemplino anche la partecipazione della popolazione in modo da prevenire i conflitti”. Siamo di fronte a un cambio di paradigma, da spettatori gli abitanti possono diventare protagonisti dei nuovi modi di abitare; l’energia consumata e prodotta dai singoli può infatti essere condivisa con le Comunità energetiche rinnovabili territoriali di riferimento.
Le Amministrazioni comunali possono così intraprendere un percorso virtuoso in questa direzione, perseguendo l’interesse collettivo anche a prescindere dagli incentivi pubblici, con un programma di Social
Housing Community che preveda la saldatura tra i sistemi passivi di tecnologie a basso consumo energetico, lo sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili e il riciclo dei rifiuti urbani per la produzione di biogas.
L’obiettivo prioritario del programma è di destinare alla mixitè sociale, spaziale ed energetica, la riqualificazione del quartiere Roccafanara, con la riconfigurazione degli isolati esistenti, molti di essi oggi in
stato di rovina, e con il ridisegno dello spazio pubblico ad uso pedonale.
In questo quadro, è stato selezionato l’ambito di studio nel quartiere Roccafanara a Valledolmo costituito da un insieme di cinque isolati esistenti in condizioni di semiabbandono e in evidente stato di degrado urbano e architettonico. Disposti lungo il margine settentrionale della Valle della Fiumara gli isolati si affacciano su un ampio spazio aperto destinato ad accogliere eventi temporanei, nuove attività commerciali e
di comunità. Nel quartiere marginale di Roccafanara è infatti possibile sperimentare l’opportunità della ‘buona Movida’, tema caro al Sindaco di Valledolmo Angelo Conti, in opposizione alla ‘mala Movida’ come
fenomeno di massa che crea spesso conflitti nei centri abitati, se lasciata al libero uso dello spazio pubblico da parte dei fruitori. La ‘buona Movida’ richiama invece i temi della relazionalità, della qualità della vita, della fruizione dei centri storici, della forza creativa dello spazio urbano, prima ancora che quelli economici della produzione di reddito e lavoro. Componente significativa, trasversale vitalità dello stare insieme, della convivialità, della voglia di vivere le proprie relazioni e il tempo libero, la Movida “è considerata come una straordinaria opportunità per le comunità e le città perché essenziale nel creare contesti in cui può trovare risposta la domanda di relazioni che è il vero vettore della buona qualità della vita, oltre che il volano per un brand attrattivo, forte, coinvolgente”.
Fenomeno positivo della rivitalizzazione della città e dello spazio pubblico, la Movida può essere infatti un’opportunità per rilanciare ed incrementare la presenza di nuovi abitanti, seppur temporanei, attratti dal desiderio di mangiare sano e bene in un clima conviviale e di rispetto che può trovare un’offerta di spazi minimi adeguati all’accoglienza, per brevi e lunghi periodi, di abitanti temporanei (Floridia 2021), quali: giovani di ritorno, famiglie di migranti, anziani (Fig. 7), viaggiatori di passaggio. L’abitare temporaneo offre infatti l’opportunità di attrarre giovani qualificati (studenti, artisti, startupper, attivisti, lavoratori dello spettacolo, ricercatori, ecc.), che nonostante non abbiano radicati legami sociali con il territorio possono svolgere un ruolo propulsivo per la costruzione di politiche di attrazione di talenti da inserire nel tessuto economico e sociale dei Centri minori. L’offerta abitativa temporanea può inoltre essere funzionale a rispondere ai bisogni di accoglienza dei migranti, aggregandola alla definizione di un quadro sociale, urbano e architettonico per la realizzazione di un albergo sociale diffuso, sotto la regia pubblica dell’Amministrazione comunale.
Il tema dello spazio minimo ha interessato i progettisti moderni nelle sperimentazioni sulla casa fin dagli anni 1920; di recente il tema della flexible house (Schneider, Till 2007) è diventato uno degli argomenti centrali del dibattito contemporaneo. Flessibilità dello spazio dell’alloggio e temporalità dell’uso in funzione di una stanzialità sempre più dinamica sono le caratteristiche dell’abitare temporaneo che il programma del Social Housing Community intende affrontare con proposte concrete che possano divenire possibili risposte al tema dello spopolamento e dell’arginamento della fuga dei giovani (Teti 2022) dai Centri minori.
Le nuove esigenze abitative evidenziano pertanto la necessità di confrontarsi con gli spazi dell’abitare, a basso consumo di suolo, in relazione ai caratteri della città e del paesaggio per restituire agli spazi della vita collettiva le tensioni della ricerca contemporanea, quali: la flessibilità, la condivisione degli spazi e la loro successiva trasformazione. Se come scrive Paul Virilio (1988) nel suo libro Lo spazio critico «l’architettura è uno strumento di misurazione, una somma di saperi in grado di organizzare il tempo e lo spazio delle società», l’operazione di trasformare un luogo deve prevedere al principio la sua misurazione attraverso il ridisegno come sistema di apprendimento per comprendere ciò che si può modificare.
Il ridisegno del tessuto urbano, dei tracciati viari, degli spazi aperti si confrontano così con alcuni caratteri preminenti del luogo, coniugandosi con le modalità insediative specifiche del contesto di riferimento e con la rispondenza alle future forme dell’abitare. Il programma del Social Housing Community intende così ridefinire e incrementare lo spessore del margine settentrionale di Valledolmo che si affaccia sulla Valle della Fiumara e costruire nel costruito attraverso operazioni di riuso e trasformazione del tessuto urbano esistente in netta discontinuità con la recente incontrollata crescita urbana, fenomeno che negli ultimi decenni ha investito gran parte del territorio siciliano.
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