6 ottobre 2015. Il venticinquenne Luca Priolo uccide con 42 coltellate la sua ex convivente Giordana Di Stefano, di cinque anni più giovane, con la quale ha una bambina di quattro anni. Venne incastrato da un sms inviato al padre in cui affermava di essere scappato.
La prima Corte di Cassazione ha deciso che l’inchiesta su Priolo rimane a Catania respingendo la richiesta del legale dell’imputato di sospendere il procedimento davanti al Gip del capoluogo etneo Loredana Pezzino e di rimessione degli atti a Messina.
Per Priolo pende una richiesta di giudizio abbreviato condizionato a una perizia psichiatrica; ha sempre negato la premeditazione, confessando di avere agito in preda a un raptus dovuto alla volontà di lei di non revocare una denuncia per stalking nei suoi confronti.
Il legale di Priolo, Dario Riccioli, aveva presentato l’istanza sostenendo come a Catania ci fosse una forte pressione mediatica sul caso, alimentata anche sui social network, che rischia di “condizionare gli esiti della decisione“.
Secondo l’avvocato Mirella Viscuso, che assiste il centro Antiviolenza ‘Galatea’ che chiesto la costituzione di parte civile nel processo, invece, “le opinioni manifestate dai familiari della vittima e i commenti sul web non risultano avere esplicato alcun condizionamento e non permettono di formulare dubbi sull’imparzialità del giudice e sul suo imparziale e sereno giudizio“.
La prossima udienza preliminare è stata già fissata per il 6 dicembre.