È finito lo stato di emergenza. Quindi la pandemia non c’è più? Il Covid è soltanto un ricordo? No, perché le pandemie non sono come lo yogurt, non hanno un’etichetta con la data di scadenza, come ci confermano i dati sui contagi delle ultime settimane e i numeri dei ricoveri e la pressione sul nostro sistema sanitario che, anche se in termini assai minori di quelli delle fasi più drammatiche degli ultimi due anni, persiste ancora in maniera rilevante.
Fin dall’annuncio fatto a febbraio scorso dal Premier Mario Draghi sulla fine dello stato di emergenza al 31 marzo 2022, in molti hanno drizzato le antenne domandandosi, legittimamente, che fine avrebbero fatto i cosiddetti precari Covid a partire dal 1° aprile.
La lotta alla pandemia è iniziata con la presa di coscienza da parte della politica di avere sforbiciato troppo sul nostro sistema sanitario e, all’arrivo del Covid, si è corsi al reclutamento di personale sanitario e non, per far fronte alle nuove esigenze assistenziali, anche in deroga a precise norme di legge e in regime di extra ordinem cioè superando le limitate risorse economiche destinate ordinariamente alla sanità.
A parte il desiderio e il dovere sindacale di tutelare lavoratori che si sono prodigati senza sosta nella lotta al Covid, il problema maggiore risiede nel rischio di perdere una forza lavoro che si è resa indispensabile non soltanto nell’ottica di fronteggiare la pandemia ma anche di tappare le falle di un sistema sanitario che era già in emergenza ben prima dell’arrivo del Covid e che oggi lo è ancor di più visto che il tempo passa e i più anziani vanno in pensione.
Ma, a livello regionale non sembra che le necessità assistenziali siano state realmente recepite, come dimostra l’invarianza sostanziale del tetto di spesa attribuito alle varie ASP e Azienda Ospedaliere le cui dotazioni organiche misere erano e tali sono rimaste.
Dall’annuncio del Presidente Draghi, il governo nazionale ha atteso fino al 24 marzo per esitare un Decreto Legge che, anche se in maniera non troppo lineare, ha comunque prorogato le possibilità di mantenere il personale precario Covid fino al 31 dicembre di quest’anno, mentre la Regione Sicilia ha atteso il 30 marzo (il giorno prima della scadenza) per fornire i necessari chiarimenti alle aziende nell’ottica di prorogare i contratti libero professionali e a tempo determinato dei suddetti precari.
Il risultato finale è stato a dir poco sconfortante, con le aziende sanitarie siciliane che, come al solito, sembrano appartenere non a Regioni ma a Nazioni diverse, ognuna avanti in ordine sparso, con poca coerenza e nessuna uniformità di comportamento.
I casi sono due, o i direttori generali non hanno seguito gli input assessoriali o questi non erano sufficientemente chiari…
Alla Asp di Catania, il Direttore Generale, Maurizio Lanza, si è limitato a non decidere, prorogando i suoi precari per soli 15 giorni, riducendone l’orario e riparametrando i compensi (Delibera 546 del 31 marzo 2022). Il 16 aprile si vedrà, il tempo non manca.
A Ragusa, il Direttore Generale Angelo Aliquò ha ritenuto di prendere alla lettera la frase della Circolare assessoriale evidenziata in neretto “garantire la piena operatività degli assetti individuati in corso di emergenza fino alla data del 31 dicembre 2022” e ha proceduto alla proroga di tutti i contratti fino a fine anno (Delibera 789 del 31.03.2022).
A Trapani, la Direzione Strategica guidata dal Commissario Paolo Zappalà, indica il termine del 31 dicembre per il rinnovo dei contratti già nel titolo della Delibera 447 del 30 marzo 2022.
A Palermo, il Direttore Generale dell’Asp, Daniela Faraoni, ha prorogato tutti i contratti in essere al 30 giugno 2022, rimodulando però l’orario al ribasso, contraendolo secondo le indicazioni assessoriali che ne danno facoltà alle aziende. Oggi queste riduzioni del monte ore vengono contestate dal prorogato Commissario all’emergenza per la Provincia di Palermo, Renato Costa, secondo cui il limite di 20 ore settimanali è inadeguato così come la data di proroga al 30 giugno.
Peggio è andata al Villa Sofia – Cervello di Palermo, guidata dal Direttore generale Walter Messina, dove è stato necessario attendere le ultime ore del 31 marzo per riuscire a partorire una Delibera (la 562 del 31.03.2022) piena di correzioni a penna dell’ultim’ora e in cui si è dato sfogo alla fantasia, con alcuni incarichi prorogati al 30 giugno e altri al 31 dicembre, con orari ridotti ad alcuni amministrativi e non ad altri. Tutti a casa invece 12 psicologi, 7 psicoterapeuti e 3 fisioterapisti, avvertiti in serata di non presentarsi al lavoro l’indomani mattina. Evidentemente i pazienti covid dell’Ospedale Cervello non hanno più bisogno di supporto psicologico e nemmeno di riabilitazione fisica. E per fortuna che un colpo di biro ha salvato in extremis una cinquantina di operatori sociosanitari anche se solo fino al 30 giugno.
Questi sono soltanto alcuni esempi che dimostrano come la proroga dei precari Covid sia stata alla fine ridotta ad una vera e propria arlecchinata e che avvalorano quanto affermato in precedenza: in Sicilia la sanità non è una sola ma ce ne sono 17, una diversa dall’altra, a seconda del sentire del Direttore Generale di turno, senza che i vertici regionali riescano ad esprimersi con la necessaria chiarezza e ad imporre coerenza ed uniformità.
Tuttavia siamo ancora in tempo per correre ai ripari. E’ necessario andare con urgenza a rivedere le assegnazioni economiche alle aziende sanitarie, ridefinire con altrettanta celerità le dotazioni organiche nei punti nevralgici evidenziati dalla stessa pandemia e, nelle more, uniformare le proroghe di TUTTI i contratti dei cosiddetti precari Covid fino al 31 dicembre dell’anno in corso, in attesa di capire se veramente lo yogurt, pardon, la pandemia sia definitivamente… scaduta.
La Segreteria Regionale CIMO Sicilia