Qualche giorno fa, in un editoriale su Il Tempo, Pietrangelo Buttafuoco ha spiegato, con la chiarezza che appassiona chi lo segue che: “L’Italia rossa stava solo facendo finta” e argomenta con dovizia di analisi le sue tesi, arrivando alla conclusione che “non lo è mai stata di sinistra l’Italia”, con tutte le implicazioni anche inverse e i singoli limiti, aggiungendo, per esempio che il muro dell’egemonia culturale di sinistra difficilmente sarebbe stato bypassabile da un intellettuale, pero così dire, “disallineato”.
In fondo anche la Sicilia che ha seguito negli anni l’evoluzione postdemocristiana di un consenso popolare ha percepito tra le sue classi dirigenti la mancanza di una vera cultura di destra e di un’articolata cultura di sinistra. Quanto a una destra repubblicana, si può dire che non sia mai nata o si sia poi diluita prima nel blocco di lungo tempo democristiano e poi, ancora più rarefatta e spersonalizzata, negli anni del connubio con Forza Italia.
I siciliani, con il voto di marzo, hanno dissolto di fatto il Centro della politica nell’Isola punendo il Pd che si era avventurato in un’esperienza di governo con Crocetta, valutata negativamente.
Sbaglia però chi riduce a una mera passeggiata sul carro del vincitore, la copiosa adesione, anche in Sicilia, alla Lega di Salvini. Lo spartiacque del voto di maggio 2019, del resto, sarà il test più utile anche per capire che premesse per stare insieme a governare avranno ancora M5S e Lega. Il fatto è che il linguaggio spartano sino all’inverosimimile e anche crudo del vicepremier ha fatto presa nell’immaginario collettivo di Sicilia.
Proprio in considerazione di un mondo così vario, da Forza Italia non abbassano la guardia, pur nel rispetto dell’alleato che, in ogni caso, da governante può sempre risultare un valido interlocutore sui mille problemi della Sicilia. La lunga partita è appena cominciata.