A distanza di quattro giorni dall’annuncio del segretario regionale Fausto Raciti di non volersi ricandidare alla segreteria regionale del partito Democratico, il silenzio regna in casa Dem, profondamente a suo agio. Tra base e quadri, tra militanza e voglia di ripartire nel Pd pare sia scesa “una leggerezza del non fare” che rischia di avere pesantissimi effetti.
Nessuno pensava che dopo il ritiro di Raciti ci fosse pronta la lista delle primarie da predisporre per il congresso. Nessuno altresì continua a capire quali sintomi di riconoscibilità deve intercettare l’elettore dell’area in questione per continuare a mantenere attivo il filo quasi troncato dal voto delle regionali prima e delle politiche poi.
Fausto Raciti uscì vincitore con il 61,3% delle preferenze nelle primarie che vedevano impegnati a contrastarlo anche il segretario uscente Giuseppe Lupo, diventato poi vicepresidente dell’Ars, e oggi capogruppo nel parlamento siciliano e il consigliere comunale dell’epoca, Antonella Monastra. Si è trovato a dover gestire, oltre ai difficili equilibri tra Roma e Palermo, anche la convivenza di un Pd meno identitario e troppo alla ricerca di un’identità, con la complessa esperienza alle spalle del governo di Rosario Crocetta a Palazzo d’Orleans.
Mani libere e militanza attiva al di fuori del perimetro rigido di ruoli troppo ingessati attendono adesso l’ex segretario non appena sarà uscito dal ruolo, ma adempimenti alla mano e congressi da allestire per arrivare all’apice della piramide organizzativa dem in Sicilia,il dato della successione continua a non incrociare nomi.
Se Anthony Barbagallo propone quasi una regionalizzazione del partito per evitare che si paghino oltre misura ” i disastri che fanno a Roma”, altri “big” regionali come il nisseno Giuseppe Arancio predicano unità e il ritorno a u linguaggio che renda identificabili ex Ds e Margherita.
Rimane il rebus di Sicilia Futura, che di per sé è molto più chiaro di come qualcuno pensa di poterlo fare apparire. Il movimento dell’ex ministro Salvatore Cardinale è di fatto organico all’area Lotti, ma i due deputati D’Agostino e Tamajo, attendono segnali specifici anche dalla Sicilia dem.
La suggestione di una candidatura laica e unitaria sembra più l’ennesimo modo di prender tempo e non decidere. I Dem infatti, proprio per ripartire da qui alle europee di maggio, hanno bisogno di far presa nei territori senza cadere, al tempo stesso, dalla padella nella brace con riproposizioni dei “soliti noti” a cui l’elettore risponderebbe tra imbarazzo e perplessità. Rimane dunque palpabile la sensazione di un circolo vizioso da cui non si esce.
Basterà il nome di Luca Sammartino, renziano ambizioso ed emergente a mettere tutti d’accordo, serve una donna al comando e quali possono essere in tal senso i nomi nuovi?
Il ragusano Nello Dipasquale uscirà una volta e per tutte dal limbo e proverà a giocarsi una partita di primo livello in Sicilia?
E ancora, dando per scontato che le due anime (Ds e Margherita) continuino a convivere ancora anche a Roma, è del tutto infondata l’ipotesi del “listone” unitario del centrosinistra accompagnata da una segreteria di transizione anche nell’Isola?
Gli interrogativi non mancano, i silenzi neanche. La situazione ideale per uno stallo senza fine.