Un focus sulle carceri siciliane. La richiesta parte dal comitato “Esistono i diritti” che stamattina, assieme a due deputati dell’Ars, ha puntato il dito contro le condizioni dei penitenziari presenti nell’intera regione. Sovraffollamento, mancanza di acqua calda per lavarsi e acqua potabile, i problemi maggiormente riscontrati.
“Sono circa 5900 detenuti siciliani di cui circa 1200 extracomunitari. Dal 2012 non c’è più una relazione annuale sullo stato delle carceri dell’Isola – dicono Toto Cordaro, capogruppo del Cantiere popolare all’Ars, e Pino Apprendi, parlamentare regionale del Pd – e per più di tre anni il presidente della Regione non ha ritenuto necessario procedere a una nuova nomina del Garante, fino al 2016, quando è stato scelto il professore Giovanni Fiandaca. Un vuoto che ha creato un gravissimo danno economico alla Regione, come hanno denunciato i Radicali siciliani presentando un esposto alla Corte dei conti di Palermo il 20 gennaio 2014. Chiediamo al presidente della Regione di intervenire in aula per conoscere lo stato delle carceri siciliane”. L’argomento nell’ultimo anno è stato rilanciato dall’ex governatore Totò Cuffaro, che ha scontato una condanna per favoreggiamento alla mafia.
All’incontro sono intervenuti anche Rossana Tessitore e Alberto Mangano del comitato “Esistono i diritti”. I due deputati hanno aggiunto poi come “la situazione nelle carceri di Siracusa, Agrigento e Catania è insostenibile – ha aggiunto Cordaro – ci sono fino a 130 detenuti in più – a questo si aggiunge l’inerzia dovuta alla mancata trasformazione dei vecchi opg come quello di Barcellona Pozzo di Gotto: sono due le strutture alternative, una a Caltagirone e una a Naso, hanno 20 posti di capienza ciascuno, ma se a Barcellona le utenze erano 100 ci chiediamo che fine abbiano fatto gli altri 60 detenuti”.
In un’interpellanza depositata il 27 novembre scorso, con primo firmatario Cordaro, si fa presente che “nei tre anni durante i quali non vi è stato il Garante, il suo ufficio ha continuato ad esistere con le sue sedi di Palermo e Catania, con oltre 10 dipendenti obbligati all’inerzia che non potevano neanche aprire la corrispondenza che arrivava dalle carceri, e non hanno potuto neanche visitarle in mancanza dell’unico titolare dell’ufficio che potesse autorizzare”.