“Il mio lavoro è un gioco, un gioco molto serio”: così definiva il suo operato l’olandese Maurits Cornelis Escher, uno dei principali artisti dello scorso secolo e di certo il più geniale.
A distanza di anni Escher ritorna in Sicilia, con un’inedita selezione di opere in mostra nei locali del Palazzo della Cultura di Catania (via Vittorio Emanule II, 121).
Che fosse innamorato del bel paese, dei suoi paesaggi, della natura rigogliosa e aspra, ben distante da quella orografica del paese natale, è storia ben nota; per ciò l’artista, dopo diversi viaggi, decise di stabilirsi in Italia per “ritrovare la felicità nelle cose più piccole”.
E la felicità, per Escher, era copiare oggetti minuscoli nel modo più minuzioso possibile per poi realizzarne xilografie e litografie. Un occhio attentissimo il suo, una visione bulimica, ossessiva capace di rendere in realtà multidimensionale quanto osservato. E’ da questa continua inquietudine, antidoto alla depressione, che prese corpo la grande mole di materiale artistico giunto fino a noi.
Disegni, incisioni, diari di viaggio, bozze di elementi naturali, animali, oggetti, autoritratti o vedute di qualunque genere.
La mostra, curata da Marco Bussagli e Federico Giudiceandrea, il più grande collezionista privato di Escher in Europa, segue un ordine cronologico espositivo ed è divisa per temi, proprio a favorire la comprensione dell’evoluzione dell’artista.
Partendo dalle cartoline Liberty, passando alle copertine di importanti riviste, agli esempi, sotto forma di disegno, della geometria non euclidea, il visitatore potrà scoprire una visione totalmente nuova, a tratti vertiginosa, di rappresentazioni che quotidianamente ci circondano. E per guidare l’osservatore, ci sono alcuni pannelli e supporti tecnologici, con cui interagire direttamente, ritrovandosi magari dentro un disegno dell’artista.
Oltre alle opere più famose di Escher, pensiamo a Mani che disegnano (1948) venerando esempio di paradosso logico, Mano con sfera riflettente (1935), Vincolo d’unione (1955), Relatività (1953) esemplare unico di un sapiente gioco di prospettiva basato su tre diversi punti di fuga, gli appassionati potranno scoprire due tra le opere più eccezionali di Escher ovvero Metamorfosi II (1939) e Gallerie di stampe (1956).
La prima è considerata il vero capolavoro dell’artista: in un formato del tutto inconsueto (l’opera misura 19,2 cm di altezza e 3,895 metri di lunghezza), Escher parte e ritorna alla parola olandese ‘metamorphose’ passando, in dissolvenza e continuità di tratto geniali, per temi naturali, tassellature, fino ai ricordi del soggiorno italiano nella presenza del duomo di Atrani.
In “Gallerie di stampe”, invece, la più riuscita delle sue ‘illusioni’, nella versione originale la parte centrale è incompiuta, occupata dalla firma dell’artista, incapace egli stesso di risolvere, razionalmente e praticamente, quanto suggeritogli dall’impiego di una deformazione prospettica.
L’unicità dell’opera sta nel fatto che, circa cinquant’anni dopo, gli studi di due matematici di Leida hanno potuto chiudere graficamente il vuoto lasciato dall’artista, dimostrando che l’immagine da lui inventata rientra nella geometria delle mappe conformi o isogoniche.
Come definire un’anticipazione del genere se non genialità?
La mostra, una produzione di Arthemisia e della M.C. Escher Foundation, rimarrà aperta al pubblico fino al 17 settembre; sul sito www.mostraescher.it tutte le informazioni relative all’evento.