Una vittoria di un’intera categoria professionale: quella dei giornalisti pubblicisti, finalmente equiparati in diritto ai giornalisti professionisti sul tema del segreto professionale.
La storia è quella del nostro collaboratore ed ex direttore responsabile Marco Bova, giornalista pubblicista trapanese, classe 1989. Si era rifiutato di rivelare al pm la fonte delle notizie contenute in un suo articolo pubblicato il 30 settembre 2015 su ilfattoquotidiano.it, in cui raccontava alcuni particolari emersi nell’indagine a carico dell’ex senatore del Pd, Nino Papania. Bova aveva scritto di alcuni documenti riservati trovati dalla Guardia di Finanza negli uffici del politico. Dopo la pubblicazione dell’articolo, il pm Marco Verzera aveva convocato Bova per interrogarlo come persona informata sui fatti. Ma alla richiesta di rivelare la fonte delle sue informazioni, Bova si era opposto in nome del segreto professionale.
Secondo il pubblico ministero, però il segreto professionale sarebbe una prerogativa riservata solo ai giornalisti professionisti e non anche ai pubblicisti. Per questo motivo era stato rinviato a giudizio per “false informazioni al pm”. Oggi però, Bova è stato assolto dal giudice Grillo “perchè il fatto non costituisce reato” . Anche l’accusa si era pronunciata per l’assoluzione.
«Sono soddisfatto – ha commentato a caldo Marco Bova – per l’esito di un processo che ha confermato il diritto di tutela delle propri fonti. L’assoluzione perché “il fatto non costituisce reato” dimostra che tutti i pubblicisti possono avvalersi del segreto professionale e questa mi sembra una garanzia per l’intera categoria».
Bova è stato assistito dagli avvocati Nino Caleca e Roberto Mangano, che collaborano con l’Ordine dei giornalisti di Sicilia, nel supportare i cronisti destinatari di querele o indagati per violazione del segreto delle indagini, e dall’avvocato Maurizio Miceli. Fra i testimoni della difesa è stato sentito lo stesso presidente dell’Ordine, Riccardo Arena, e i legali hanno invocato l’applicazione delle norme e della giurisprudenza europea.
“La sentenza che ha scagionato Marco è anch’essa storica – ha commentato Arena – come già lo era stata la pronuncia favorevole a Josè Trovato e Giulia Martorana. Si tratta di un altro importantissimo passo avanti nella tutela dei giornalisti e delle loro fonti, quindi, in ultima analisi, nella tutela della democrazia in questo Paese. Continueremo a sostenere l’equiparazione tra professionisti e pubblicisti, in questo e in altri campi, come abbiamo sempre fatto, a dispetto di coloro che, per discutibili fini di potere, puntano a dividere, piuttosto che unire gli iscritti all’Ordine”.
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