“L’intervista al professor Busetta sul mancato sviluppo del meridione e in particolare della Sicilia mette in rilievo un approccio tradizionale e una visione rinunciataria che è esattamente il contrario di quello che serve alla Sicilia”.
A sottolinearlo è Aldo Penna, scrittore e blogger palermitano, secondo cui “Parlare delle immense distanze tra l’Emilia Romagna vicina al 50% degli occupati sulla popolazione residente e la nostra regione inchiodata a un misero 25% serve a poco se poi non si affronta il capitolo delle cause”.
“Anche l’invocazione delle volontà nazionali sul mancato sviluppo del meridione – spiega – saltando le responsabilità delle classi dirigenti politico burocratiche comunali e regionali è un modo consolatorio e fatalista di osservare il disastro siciliano. Se a questo si unisce che le enormi sacche clientelari della forestazione e della formazione o del precariato in generale sono considerate come politiche distributive (sicuramente con il marchio della non equità) invece di dissipazione di risorse e sostanziale aiuto alla perpetuazione di gruppi politici senza nessuna idea di cambiamento che non sia l’aumento di queste risorse improduttive, la visione è completa”.
“L’appello provocatorio – afferma Penna – a prendere un volo low cost e allontanarsi peraltro è stato già raccolto e Busetta racconta non già un processo in via di manifestarsi ma una corrente migratoria fatta di decine di migliaia di giovani siciliani che oramai immaginano il loro futuro lontano dalla terra che li ha generati. Il transito delle regioni dell’est tedesco, venticinque anni dopo la riunificazione, fuori dalle regioni a obiettivo convergenza e quindi tendenzialmente allineate ai parametri della media reddituale europea, non è soltanto frutto delle ingenti risorse finanziarie (tra i 1000 e i millecinquecento miliardi di euro per la Germania contro i 400 per il nostro sud) quanto di qualità degli impieghi e metodologie dell’utilizzo delle risorse ampiamente diverso. Invece di lamentarsi (lievemente) di una classe dirigente non capace Busetta dovrebbe investigare quali metodi abbiano utilizzato questi paesi, Germania in testa, per velocizzare la spesa e renderla efficace”.
“Se si guarda a cosa è successo in questo quindicennio in Europa – dice ancora – come sono stati utilizzate le risorse, quante regioni europee sono transitate da “meno sviluppate” a regioni in transizione, quindi da un reddito procapite inferiore al 75% della media UE a un reddito che supera questa soglia, apriamo il tempio della vergogna italiana e meridionale in particolare.
Basta scorrere i grafici per avere la percezione visiva di un disastro apocalittico. La Spagna che nel programma 2000 – 2006 contava sette regioni meno sviluppate nel 2014 ne ha una soltanto. L’Irlanda che ne aveva tre, è uscita dal novero dei paesi con aree sottosoglia. La Finlandia con sei regioni sottosoglia oggi è fuori per l’intera superficie nazionale e la Germania presente con tutti i Land dell’est nel gruppo delle regioni non sviluppate, ne è uscita totalmente”.
Spiega afferma che “Finché al Sud e in Sicilia in particolare non si affronterà il nodo delle cause endogene invece di invocare complotti esterni, non faremo nessun passo avanti. L’improduttività, anzi il pesante freno della burocrazia, non è mai realmente preso di petto. Tutto il ventaglio delle risorse possibili su cui investire con creatività per estrarre sviluppo e crescita sono consegnate alle satrapie di turno che impediscono ogni mutamento. Il settore dei rifiuti generatore attraverso la differenziata di posti di lavoro, risanamento ambientale e qualità della vita genera solo studi e consulenze che non mutano la verità di inconfessabili interessi dietro le discariche. Le risorse alle imprese per lo sviluppo, l’innovazione, la creazione e la ricerca di mercati di vendita, sono destinatarie di risorse risibili se raffrontate alle grandi opere pubbliche che hanno costi in crescita esponenziale e ricadute sullo sviluppo economico tutte da verificare”.
“La consapevolezza della responsabilità delle classi dirigenti meridionali è così presente a livello europeo e ministeriale che nei documenti ufficiali scrivono che bisogna evitare di “fare affluire i fondi nelle mani di chi è responsabile dell’arretratezza e della conservazione. Aprendo invece varchi per gli innovatori sia nei beni pubblici che produce, sia nel modo in cui li produce”. Come si vede il primo passo è la consapevolezza, il secondo la volontà di dare soluzioni ai problemi, il terzo la rimozione di chi nella salvaguardia dei privilegi individuali o di gruppo è un drammatico ostacolo sulla via del cambiamento”.