In data odierna, il collegio difensivo di Pino Apprendi ha depositato presso la cancelleria della Consulta l’atto introduttivo del giudizio di costituzionalità sulla legge elettorale dell’Assemblea regionale siciliana.
In particolare, i giudici costituzionali saranno chiamati nelle prossime settimane ad esprimersi sugli artt. 10-ter e 10-quater della l.r. 20 marzo 1951 n.29 –2 normativa disciplinante i casi di ineleggibilità e incompatibilità dei consiglieri regionali siciliani.
La Sicilia, infatti, è l’unica regione d’Italia a non prevedere l’incompatibilità con l’ufficio di deputato regionale di colui il quale sia stato dichiarato, in via definitiva, contabilmente responsabile per fatti compiuti nella qualità di amministratore o impiegato dell’Amministrazione regionale e di enti da essa dipendenti o vigilati e non abbia ancora estinto il relativo debito.
La legge elettorale dell’Ars, pertanto, si porrebbe in contrasto, secondo gli avvocati Leone e Fell che difendono l’onorevole Apprendi, con i principi all’art. 3 della Costituzione con riferimento al diritto di accesso alle cariche previsto dal successivo art. 51, il quale, in tal modo, viene riconosciuto in maniera disomogenea all’interno dell’ordinamento giuridico.
Inoltre il vuoto normativo determinato sul punto dalla legislazione regionale impugnata si pone in contrasto anche con l’art. 122 della Costituzione, poiché la potestà legislativa primaria affidata alla Regione Sicilia sarebbe stata esercitata, nel caso di specie, in spregio al principio fondamentale di uguaglianza sostanziale del diritto di elettorato passivo.
Le tesi difensive di Apprendi avevano già convinto la prima sezione civile del Tribunale di Palermo che con ordinanza del 17/02/2017, dichiarava “rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 10-ter e 10-quater della l.r. 20 marzo 1951 n. 29, nella parte in cui non prevedono l’incompatibilità con la carica di deputato regionale di colui il quale sia stato dichiarato in via definitiva responsabile verso l’ente, l’istituto o azienda pubblici per fatti compiuti nella qualità di amministratore ovvero impiegato dell’amministrazione regionale e di enti da essa dipendenti o vigilati e non abbia ancora estinto il relativo debito per contrasto con gli articoli 3, 51, 122 della Costituzione nonché con l’art. 5 del r.d.lgs. 15maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello Statuto della Regione Siciliana)”, disponendo altresì la sospensione del giudizio e l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.
Alla luce di ciò, lo scenario che si prospetta oggi è quanto mai incerto. Il rischio concreto è che le elezioni di novembre vengano spazzate via tra qualche mese dalla decisione della Consulta.
Eppure lo stesso Apprendi aveva tentato invano di “sanare” la controversia attraverso un intervento diretto della politica regionale. Nei mesi scorsi, infatti, il deputato aveva presentato all’Ars una proposta di modifica della legge elettorale che prevedeva il recepimento, anche in Sicilia, dei casi di incompatibilità presenti nel resto del Paese.
Purtroppo la proposta è stata cassata prima ancora di arrivare in Aula.
Ora toccherà alla Corte Costituzionale fare quello che i partiti non sono riusciti a fare: ridare dignità al Parlamento siciliano e impedire che dei condannati per danno erariale possano, impunemente, candidarsi alla massima assise regionale.