Alla fine il “rigore decisivo” nella giornata interminabile del centrodestra siciliano, caratterizzata dall’arresto del sindaco di Priolo, Antonello Rizza, candidato alle elezioni regionali in Forza Italia, lo ha dovuto tirare Marco Falcone.
Il capogruppo all’Ars del partito di Miccichè in una nota ha provato a mettere insieme opportunità, equilibrio e la necessità, essenziale in questo momento, di non perdere la rotta: “Dinanzi alla gravità dei fatti che oggi sono successi a Siracusa la serietà di un partito impone il pieno rispetto, oltre che fiducia, nelle istituzioni, ad iniziare dalla magistratura. Disquisire sulla tempistica, ancorché legittimo, rischia di apparire una inutile e inopportuna contrapposizione con chi svolge il proprio lavoro a prescindere dalle dinamiche elettorali. In più occasioni avevamo chiesto attenzione e prudenza nella formazione delle liste. Le forzature o gli inserimenti dell’ultimo momento, solo nell’idea di potere acquisire un patrimonio elettorale, oggi dimostrano tutta la loro fragilità. I partiti tutti, a iniziare da Forza Italia, facciano un passo indietro e se tengono realmente al bene della Sicilia si affidino interamente a Nello Musumeci, senza creargli imbarazzi con inopportune esternazioni o con ingerenze dal sapore di vecchia politica che non sono più giustificabili”.
Dopo l’arresto, fatto eclatante, in piena campagna elettorale, il minimo che può succedere nell’elettorato, in tutto e non in una parte, è il disorientamento.
L’ultimo sondaggio, sbandierato da Berlusconi e condotto da Piepoli, dava ieri il ‘centrodestra unito’ con Musumeci al 42%. Staccato di 9 punti al 33% Cancelleri. I prossimi giorni ci diranno quanto resterà tra l’opinione pubblica, troppo spesso censita di recente, di questa ‘istantanea’ così favorevole.
Intanto, reazioni alla mano, i commenti da Fava a Micari e Cancelleri non si sono fatti attendere. Per certi versi è la prima volta che i candidati alla presidenza della Regione partecipano tutti insieme a qualcosa appassionatamente in questa campagna elettorale.
Intendiamoci, è sacrosanto e legittimo. Anzi di più, rispetto a una vicenda di questo tipo, ma neutralizza, rendendo il punto di vista di una parte, un episodio che va incanalato in un ragionamento oggettivo e spersonalizzato.
I fatti, del resto, sono abbastanza chiari, per come vengono rappresentati.
Con 22 capi di imputazione pendenti, la vera notizia sarebbe stata forse il mancato arresto, ma anche questo passa in secondo piano.
La commissione Antimafia ieri, capitanata da Rosy Bindi, ha sollevato eccezioni e chiarito posizioni, ma alla fine ha ridotto tutto al rango generico il seguente concetto: “nessuno è incandidabile ai sensi della Legge Severino”.
Forse per questo sarebbero bastati i moduli, persino sbagliati, dell’accettazione delle candidature. Il confine che separa “l’avvelenamento dei pozzi” dal “mascariamento” spesso è sottile. Un caso, che come questo appare invece talmente netto, è già una più solida eccezione.
A chi affidare dunque il compito di creare al meglio, le liste senza impresentabili?
A chi, se non ai partiti. Ognuno dei quali, in molti casi, anziché gridarsi addosso le più improbabili verità, dovrebbe dotarsi di un grande specchio, panoramico e di una profonda coscienza morale.
Oggi sembrano entrambi fuori moda.