Bellissima prospettiva, la conurbazione funzionale delle città metropolitane di Messina e Reggio Calabria: 150 comuni, un milione di abitanti. Ma senza un collegamento stabile tra i due territori, è inutile prenderci in giro, è poco più di una metafora, del mito dello Scilla e Cariddi.
Certo, vale la pena lo stesso immaginare rapporti, collaborazioni tra le due aree che si affacciano sullo stretto, con la prospettiva di beneficiare delle potenziali opportunità di appartenere alla “rete degli Stretti europei”. Ma in un rapporto politico paritetico.
I rapporti tra le due città sono sempre esistiti, ed hanno visto storicamente una prevalenza socioeconomica della nostra città nei riguardi della cittadina calabrese.
Adesso i rapporti di forza si sono ribaltati. La leadership rischia di essere oltrestretto.
Non si tratta per nulla di campanilismo, il punto è che gli squilibri politici rischiano di causare squilibri nella tutela degli interessi, che possono essere confliggenti o in competizione, tra i due territori.
La riflessione nasce dalla lettura sul quotidiano cittadino del resoconto della riunione del comitato tecnico della conferenza interregionale per l’Area dello Stretto. Di cosa si tratta?
La Conferenza interregionale permanente per l’Area dello Stretto è istituita con la legge 12 del 27 aprile 2015 della Regione Calabria, ha sede a Reggio Calabria ed è presieduta dal presidente della regione Calabria o da un suo delegato, attualmente il consigliere del consiglio regionale della Calabria Domenico Battaglia.
Nel dicembre 2016 l’ufficio di Presidenza della Conferenza, riunitosi in Calabria e costituito dal Presidente il calabrese Domenico Battaglia, dal vicepresidente Giuseppe Neri, consigliere regionale della Calabria, dal segretario, il calabrese Maurizio Priolo, e dall’unico siciliano il presidente dell’ARS Giovanni Ardizzone, ha deliberato la costituzione del comitato tecnico della conferenza interregionale dell’Area dello Stretto.
Lo stesso comitato che, dicevamo, si è riunito in questi giorni a Reggio Calabria, per l’elaborazione di un piano strategico con al centro: 1) Autorità portuale, 2) Zona Economica Speciale, 3) Università, 4) Azienda Sanitaria interregionale, 5) Sviluppo turistico-culturale, 6) Logistica dell’attraversamento dello Stretto.
Un comitato, quindi, la cui legittimazione è prevalentemente calabrese e che non prevede, tra l’altro, la presenza dei portatori di interessi e delle rappresentanze sindacali.
Ma è mai immaginabile che si lasci l’elaborazione di temi di così vitale importanza per il nostro territorio ad un pool di esperti, sicuramente di valore, ma nominati da un organismo che di paritetico non ha nulla, un Ufficio di presidenza a totale trazione calabrese?
In quale posto al mondo si delegherebbe la propria pianificazione strategica ad un ente costituito e controllato totalmente da un’altro territorio?
È giusto progettare il futuro del nostro Stretto con uno spirito di collaborazione con i naturali interlocutori d’oltrestretto, ma mai in posizione di subalternità. Chiamatelo campanilismo se volete, per noi è difesa del territorio.