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Lumia (Pd): “Fine pena e interdittive. Rilanciare la lotta alla mafia a Palermo”

sabato 23 Dicembre 2017
lumia pd

Riceviamo e pubblichiamo la seguente nota a firma del senatore del Pd Giuseppe Lumia.

A Palermo è necessario fare il punto del cammino fin qui compiuto nella lotta alla mafia. E’ necessario capire le nuove strategie di Cosa nostra e impegnare la comunità locale e le istituzioni in una verifica dei risultati ottenuti e in una riprogettazione degli obiettivi strategici. Manca da molto una lettura aggiornata e una progettualità condivisa. 

Nell’interrogazione che ho presentato al governo, il 20 dicembre scorso, ho citato due esempi che ci aiutano a capire come agire: quello del prefetto Antonella De Miro sulle interdittive e le analisi del giornalista Salvo Palazzolo sull’evoluzione della mafia nel territorio.

“Definire una strategia mirata a colpire Cosa nostra a Palermo per approfittare della morte di Riina e per impedire che i “fine pena” ed i “nuovi boss” possano riprendere il controllo verticale dell’organizzazione mafiosa per rilanciare i settori tradizionali e aprire nuovi percorsi affaristici – collusivi”; “avviare una verifica sui mancati controlli che hanno consentito in posti nevralgici, come l’ippodromo, la presenza di società colluse con la mafia”; “ricorrere alle interdittive antimafia, è un terreno che fa male alle imprese mafiose e che va sostenuto per dare allo Stato quel supporto necessario per contribuire a determinare un mercato delle attività produttive e commerciali libere dalle collusioni”.

Sono queste le tre principali richieste che ho posto all’esecutivo per mettere in ginocchio Cosa nostra a Palermo. Naturalmente è un contributo, come nel mio stile, chiaro e diretto.

Di seguito il testo integrale dell’atto di sindacato ispettivo.

Giuseppe Lumia

***

Atto n. 4-08773

Pubblicato il 20 dicembre 2017, nella seduta n. 919

LUMIA – Al Ministro dell’interno. –

Premesso che a quanto risulta all’interrogante:a Palermo la lotta alla mafia ha fatto dei passi in avanti storici. Nelle scuole, nella cultura, nell’agire sociale ed istituzionale si è compreso quanto sia importante non negare o minimizzare il fenomeno mafioso in tutti i suoi aspetti, a partire da quelli più gravi e collusivi. Nonostante il cammino fatto, cosa nostra continua ad essere presente e radicata. Mantiene alcuni suoi profili tradizionali e nello stesso tempo, abilmente cambia pelle. Racket ed usura non sono mai stati abbandonati, nonostante che in città, per un breve momento, si sia ricorso alla denuncia, soprattutto grazie al lavoro prezioso delle associazioni antiracket e di “Addio Pizzo” e alle sistematiche operazioni delle forze dell’ordine e della Procura Antimafia. Come dichiara lo stesso Prefetto di Palermo, Antonella De Miro: “se in una condizione come quella odierna c’è chi continua a pagare, lo fa per un atto di compiacenza. Tutto ciò è offensivo nei confronti della memoria di Libero Grassi, un uomo che è morto per la libertà. Lo Stato c’è e chi non denuncia non ha alibi”;

oggi i segnali di ripresa proprio nel settore delle estorsioni sono preoccupanti. Alcuni operatori economici non hanno mai smesso di pagare, altri, dopo avere rifiutato o mantenuto una distanza dalla pratica estorsiva, rischiano di sottomettersi e ritornare all’omertà;

anche in altri settori tradizionali, cosa nostra ha ripreso la sua antica attività, come il traffico di droga, per recuperare gradualmente una fonte di accumulazione economica sempre lucrosa, riprendendo direttamente le fila dell’antico rapporto con i grandi cartelli del narcotraffico, senza affidarsi più solo all’intermediazione e allo strapotere dell’ndrangheta. Non siamo naturalmente ai tempi della gestione del ciclo dell’eroina, ma il rischio di una ripresa del grande traffico e dello spaccio capillare è sotto gli occhi tutti e lo confermano diverse operazioni che l’autorità giudiziaria e le forze di polizia hanno portato avanti;

nella città persistono alcuni luoghi particolari su cui raramente si sono accesi i riflettori, sui quali non sono stati mai fatti i dovuti e continui controlli, come alcuni centri economico – sociali, che non sono mai così stati colpiti in modo sistematico, proprio perché non percepiti come una risorsa da liberare dalla presenza di diverse famiglie di cosa nostra. Basti pensare al mercato ortofrutticolo, al mercato ittico, al porto, alla gestione del sistema dei rifiuti e all’ippodromo. Come si apprende da notizie di stampa di questi giorni, proprio sull’ippodromo di Palermo, sempre il prefetto Antonella De Miro ha fatto scattare un’interdittiva antimafia per la Ires SpA, la società di gestione dell’ippodromo per la presenza di un sistema di condizionamenti e di infiltrazioni mafiose, purtroppo mai rilevate prima;

in sintesi, cosa nostra è stata colpita, ma la sua vera forza sta nel ruolo dell’associazione, ossia nell’organizzazione che continua ancora a dare identità e capacità di fornire motivazione, reddito alla fascia più bassa di cosa nostra e una serie di opportunità relazionali alla stessa borghesia mafiosa, che non ha smesso mai di giocare un ruolo collusivo e di guida dell’organizzazione;

ad avviso dell’interrogante bisogna prestare molta attenzione ad una realtà che rischia di ridare vigore e di rilanciare cosa nostra, dopo anni di repressione e avanzata culturale dell’antimafia, istituzionale e sociale. Come più volte evidenziato, con la stessa indicazione dei nomi dei boss, dallo stesso interrogante e dalle coraggiose e puntuali inchieste giornalistiche di Salvo Palazzolo, questo nuova ripresa è opera dei cosiddetti “fine pena”, che, dopo aver scontato la propria condanna, appena rimettono piede sul territorio, riprendono il ruolo di guida avuto in precedenza. Allo stesso modo, è opportuno prestare la massima attenzione ai cosiddetti “nuovi boss ” che alimentano il potere della mafia degli affari, quella che si arricchisce e vive di agi, quella che non si sporca le mani con omicidi, quella che sa colludere con l’economia e la politica e che frequenta i salotti buoni della borghesia professionale e di ambienti massonici, alla luce dell’inchiesta condotta dalla Commissione parlamentare antimafia;

dal rapporto “fine pena” e “nuovi boss “, cosa nostra di Palermo sicuramente proverà a riorganizzare una nuova leadership su scala provinciale e regionale, dopo la fine della “dittatura” di Riina, che, attraverso il controllo di alcuni mandamenti presenti in città (Porta Nuova, Noce e Brancaccio), ha tenuto bloccata la dinamica interna di cosa nostra;

i colletti bianchi legati ai “fine pena” e ai “nuovi boss ” proveranno, inoltre, ad aggredire lo strumento dell’interdittiva antimafia, che sta iniziando a colpire in modo sistematico la mafia degli affari. Una strategia portata avanti dalla parte più impegnata dello Stato, che comporta un rischio elevato per cosa nostra nell’essere individuata e bloccata nel momento degli affari e delle relazioni che contano;

cosa nostra proverà a mettere in discussione la legislazione antimafia, per quanto riguarda il sequestro e la confisca dei beni, approfittando di errori e reati consumati all’intero della stessa gestione antimafia di questo delicato settore;

Palermo è cambiata, ma la mafia è ancora forte. Minimizzare è un grave errore, come rimane un grave errore negare la presenza della mafia nelle grandi città italiane ed europee;

Palermo ha bisogno di un rilancio del progetto antimafia, che deve essere integrato e sistemico, in grado cioè di colpire le mafie sia sul versante militare, settore che non va mai sottovalutato, sia sul versante decisivo della mafia degli affari e dei colletti bianchi. È opportuno ricordare come proprio a casa del boss Guttadauro la mattina si decidevano tutti gli aspetti quotidiani della mafia operativa, come le minacce, i pestaggi, le estorsioni ed il pomeriggio, sempre a casa, nel salotto elegante, si intrattenevano rapporti con il ceto professionale e con i rappresentanti delle istituzioni per decidere le strategie collusive;

bisogna colpire con una più attrezzata capacità progettuale la mafia economico-finanziaria, riprendendo con diversi progetti – obiettivi l’impegno antiracket, antiusura, il controllo degli appalti e soprattutto la lotta al riciclaggio con un antimafia capace di coniugare legalità e sviluppo in settori decisivi della città, dal porto al cimitero, dal mercato ittico all’ippodromo, dalle società finanziare e dalle banche ai grandi centri commerciali e agli stessi centri scommesse. Lo stesso scrupoloso lavoro di verifica va fatto sul piano politico-istituzionale per evitare che il controllo del voto, nelle varie competizioni elettorali, prenda il sopravvento e ci sia un cedimento nelle varie formazioni politiche, nella scelta delle candidature e nella vita della rappresentanza istituzionale;

Palermo è cambiata e la città deve evitare di tornare indietro, ecco perché una lettura lucida della presenza delle mafie, deve ritornare ad essere messa al centro della strategia antimafia. Devono prevalere unità e cooperazione fra tutte le dimensioni politiche, istituzionali, sociali e culturali, per vincere questa sfida e colpire al cuore e alla testa l’organizzazione mafiosa in sé, oltre che i “nuovi boss ” ed i “fine pena”,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo intenda definire una strategia mirata a colpire cosa nostra a Palermo per approfittare della morte di Riina e per impedire che i “fine pena” ed i “nuovi boss” possano riprendere il controllo verticale dell’organizzazione mafiosa per rilanciare i settori tradizionali e aprire nuovi percorsi affaristici – collusivi;

se si intenda avviare una verifica sui mancati controlli che hanno consentito in posti nevralgici, come l’ippodromo, la presenza di società colluse con la mafia;

se si intenda rafforzare ulteriormente lo strumento della prevenzione antimafia, a partire dalle interdittive, e promuovere l’immediata applicazione del codice antimafia, nella parte sia repressiva che di promozione del nuovo ruolo dell’Agenzia dei beni confiscati, mantenendo aperta la sede di Palermo;

se intenda rilanciare, attraverso progetti – obbiettivi, l’attività investigativa nel campo del grande riciclaggio, locale ed internazionale, ad opera degli esponenti di cosa nostra e sostenere il rilancio di una nuova azione antiracket ed antiusura, guidata dal commissario nazionale del Governo, impegnato nel settore;

se si intenda prestare la dovuta attenzione ai momenti elettorali, dalla formazione delle liste, alla scelta delle candidature e al controllo di tutte le fasi elettorali, utilizzando le indicazioni fornite dalla Commissione parlamentare antimafia, maturata attraverso le inchieste sui cosiddetti “impresentabili”.

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