Verità opache, dubbi e vicende processuali complesse. A 42 anni dal disastro aereo del 27 giugno 1980, sono ancora tanti i sospetti che aleggiano attorno all’incidente che portò l’aereo DC9 della compagnia Itavia a schiantarsi tra le acque del Mar Tirreno meridionale, nel tratto compreso tra le isole italiane di Ponza e Ustica.
Decollato da Bologna destinazione Palermo, il velivolo non giunse mai a destinazione. Ottantuno le vittime, di cui tredici bambini, solo trentanove i corpi ritrovati. Appena qualche giorno fa, su questa terribile vicenda che resta, una ferita nella memoria della storia italiana, si sono riaccesi i fari. Del resto, le ipotesi sulla dinamica dell’incidente sono state, fin dall’inizio, tante e controverse. A distanza di anni, resta comunque la sensazione, almeno nell’immaginario collettivo che, ciò che accadde esattamente all’aereo prima di sparire dai radar, per poi a essere ritrovato in pezzi in mare, non sia mai stato mai chiarito fino in fondo. Testimonianze, inchieste giornalistiche, perizie, centinaia di udienze e sentenze hanno provato a mettere la parola fine a questo disastro ma, ancora oggi, periodicamente, tornano fitte le nubi di questa vicenda.
Tra chi parla ancora di depistaggi e bugie, di attentati, missili, battaglie aeree, tentativi di minare gli equilibri tra Stati, c’è chi continua a premere affinché il Governo e le istituzioni italiane (e non solo), consegnino gli ultimi, importanti pezzi di verità. Pretestuose polemiche o ricerca di verità e giustizia?
“Credo sia imminente il deposito degli atti dell’inchiesta bis, che va avanti da tanti anni e ha recuperato molti frammenti del mosaico che consente di ricostruire e confermare l’attendibilità di quanto è stato fino ad ora accertato, e cioè che l’aereo è stato abbattuto nel corso di un conflitto in cui non era chiaramente l’obiettivo, ma ha finito per esserlo“. Lo ha detto l’avvocato Alessandro Gamberini, legale dell’Associazione parenti delle vittime della strage di Ustica.
“Gli atti non sono ancora tutti noti, ma da quelli che sono a mia conoscenza si desumono circostanze interessati, tra cui la presenza di una portaerei che in precedenza non era stata così identificata. Diciamo che è una vicenda che per alcuni aspetti rimane ancora misteriosa, ma è un mistero relativo a chi ha abbattuto il Dc9, non a come si è giunti a questo. Non penso che il processo penale – ha aggiunto Gamberini – sia un gioco dell’oca in cui si deve tornare sempre al punto di partenza, lo dico perché ho letto dichiarazioni in cui si chiedono singolari sequestri, in una vicenda in cui non c’è nulla da sequestrare. L’esclusione della bomba a bordo non fu presa a cuor leggero, anche da parte nostra. Quando fu esclusa la bomba era perché c’erano mille ragioni tecniche che la escludevano. Dell’ipotesi bomba non tornava nulla. Chi fa ancora queste ipotesi è perché non ha seguito questa vicenda. Sono polemiche strumentali“.
Per Gamberini l’indagine della Procura di Roma sarà archiviata, perché i responsabili sono rimasti ignoti, quindi “il tema diventa politico, non più giudiziario“. Quindi Draghi potrebbe chiedere a Macron un aiuto in questo senso? “Questo certamente si“, ha risposto l’avvocato Gamberini.