Comincia l’era del dissesto finanziario dichiarato giovedì scorso dal Comune di Taormina, e in attesa dei tre commissari che verranno nominati dal Ministero dell’Interno la casa municipale, si prepara ad una lunga fase in cui bisognerà “stringere la cinghia”.
Da una parte la gestione ordinaria affidata agli amministratori locali, dall’altra i debiti da pagare e i crediti da riscuotere che saranno a cura dei funzionari del Viminale. Il dissesto è stato dichiarato in un momento in cui paradossalmente le casse del Comune sono piene, con una liquidità di cassa di 19 milioni di euro, che sono scesi ora a 17 milioni perché 2 milioni e 400 mila euro sono stati già versati il 19 luglio scorso ad Asm per l’avvenuta chiusura della partita sul dare-avere.
Il default è un’autentica beffa per il Comune che ha anche un fido in banca, una disponibilità in termini di anticipazione di cassa pari a 7 milioni di euro. Fatale si è rivelata, come ormai è noto, l’impossibilità di portare avanti il piano di riequilibrio del 2018, ritenuto non sostenibile dalla Corte dei Conti e da lì è scaturita la decisione dell’ente di non fare ricorso alla sentenza del 25 maggio scorso.
Adesso l’attenzione si sposta soprattutto sul maxi-credito da quasi 30 milioni di euro (dovrebbe attestare sui 29 milioni per l’esattezza) di imposte e tasse che il Comune non ha riscosso nel tempo e sui quali si muoveranno i commissari per provare a recuperare almeno una parte di tale ingente somma. Una prospettiva che desta più di qualche apprensione tra gli operatori economici locali, perchè tra chi non ha pagato ci sono i “furbetti” ma anche chi è in difficoltà e lo è ancora di più ora in virtù della pandemia. E dopo un anno di fatturato quasi zero per la pandemia, rischia insomma di arrivare una stangata per diversi operatori economici che stanno cercando di capire lo scenario all’orizzonte. Bisognerà capire, in effetti, a quanto ammonterà la reale somma che l’ente potrà recuperare e quanti sono invece i milioni destinati a finire nel fondo di crediti di dubbia esigibilità. Molte attività hanno chiuso, hanno cambiato ragione sociale o non esercitano più in città e ci sono diversi casi di crediti pregressi da parte del Comune che risalgono a parecchi anni fa. Si rischia di dover affrontare dei casi di impossibilità di riscossione e di avvenuta prescrizione sulla pretesa.
C’è chi sostiene che la parte che potrebbero recuperare i commissari ammonterà a circa 8 milioni di euro al massimo, che è anche la previsione fatta nei mesi scorsi dall’Amministrazione, quando ancora era in piedi l’iter del piano di riequilibrio. Ma non si esclude nemmeno che, in definitiva, si possa arrivare anche a circa 16 milioni di euro esigibili. Probabilmente la verità starà nel mezzo e di certo il momento di emergenza sanitaria che è diventato emergenza economica renderà un’impresa ardua pure ai commissari l’azione di recupero di questi crediti.