Vincenza Parisi si è suicidata e la morte del figlio Gioele potrebbe essere legato a un gesto drammatico della donna, anche se non c’è certezza assoluta su quest’ultima ipotesi. E’ la ricostruzione della morte della Dj e del bambino nelle campagne di Caronia, nel Messinese, della procuratore di Patti, Angelo Cavallo, che ha chiesto al Gip l’archiviazione dell’inchiesta. Il fascicolo era aperto contro ignoti
“E’ possibile affermare, con assoluta certezza – afferma il procuratore di Patti in una nota – come nella vicenda in esame non sia configurabile alcuna responsabilità dolosa o colposa, diretta o indiretta, a carico di soggetti terzi. Nessun soggetto estraneo ha avuto un ruolo, neanche marginale, mediato o indiretto, nella causazione degli eventi”. Secondo la ricostruzione del magistrato, dopo analisi e accertamenti a 360 gradi, “l’intera vicenda, in realtà, è ascrivibile in modo esclusivo alle circostanze di tempo e di luogo, al comportamento ed alle condotte poste in essere da Viviana Parisi e al suo precario stato di salute, purtroppo non compreso sino in fondo, in primo luogo da parte dei suoi familiari più stretti”.
Le indagini hanno dimostrato, secondo la Procura, che la donna, “subito dopo l’incidente in galleria, una volta uscita dall’autovettura e recuperato Gioele, si sia volontariamente allontanata insieme al suo bambino dalla sede autostradale, nascondendosi tra la fitta vegetazione esistente sul bordo autostrada, non rispondendo ai richiami delle persone che pure la stavano cercando”.
“Tutte le indagini tecniche svolte (indagini cinematiche, medico – legali, genetiche, veterinarie, etc.) – aggiunge il procuratore – hanno permesso di accertare come Viviana, senza ombra di alcun dubbio, si sia volontariamente lanciata dal traliccio dell’alta tensione, con chiaro ed innegabile intento suicidario”.
Goiele sarebbe morto per “un evento accidentale” o per un “gesto volontario” della madre che ha poi “deposto il suo corpo e si è allontana alla ricerca del primo luogo ‘utile’ che le permettesse, in qualche modo, di porre fine alla sua vita”. E’ la ricostruzione della Procura di Patti sulla tragedia di Caronia. “In ogni caso ed in definitiva – aggiunge la procura – l’ipotesi dell’infanticidio commesso da Viviana, alla luce dell’indubbio carattere residuale dell’altro scenario (morte di Gioele causata da una lesione interna, da un colpo di calore, per sete, etc.), continua a rimanere la tesi più probabile e fondata”
“Nessun soggetto estraneo ha avuto un ruolo, neanche marginale, mediato o indiretto” nella morte di Viviana Parisi e del figlio Gioele Mondello. Lo afferma il procuratore di Patti , Angelo Cavallo, nella nota con cui annuncia di avere chiesto l’archiviazione dell’inchiesta sulla tragedia di Caronia. “L’Ufficio, a prescindere dai risultati degli accertamenti tecnici – scrive il magistrato – sin dal primo svolgersi delle indagini, ha inteso operare un controllo capillare su tutti i soggetti a qualunque titolo ”gravitanti” nella zona, al fine di poter escludere in modo certo e sicuro qualunque loro coinvolgimento nella vicenda – dice . A tale proposito sono stati identificati, controllati, assunti a sommarie informazioni ed intercettati per lungo tempo tutti i raccoglitori del sughero, gli allevatori ed i soggetti comunque presenti nella zona. Le loro dichiarazioni – sottolinea il Pm – sono apparse lineari, coerenti, scevre da contraddizioni di sorta, riscontrandosi reciprocamente, sulla presenza in zona e sui successivi spostamenti, non facendo emergere alcun elemento di sospetto o di dubbio, e confermando la loro completa e totale estraneità ai fatti: nessuno di loro ha mai visto, né tanto meno incontrato Viviana ed il figlio Gioele”.
Dagli esami dei tabulati telefonici “non sono emersi elementi di ”allarme” di alcun tipo, o comunque circostanze in contrasto con quanto riferito alle Forze dell’Ordine”. Anche le conversazioni telefoniche ed ambientali intercettate “non solo non hanno fatto emergere alcun elemento di particolare ”allarme” rispetto a quanto in precedenza dichiarato da tali soggetti, ma hanno dimostrato la assoluta genuinità e buona fede di tutte le loro propalazioni sui fatti”. “L’intera vicenda, in realtà – sottolinea il Pm Cavallo – è ascrivibile in modo esclusivo alle circostanze di tempo e di luogo, al comportamento ed alle condotte poste in essere da Viviana Parisi e al suo precario stato di salute, purtroppo non compreso sino in fondo, in primo luogo da parte dei suoi familiari più stretti”.
“Le indagini hanno permesso di accertare in modo incontrovertibile le precarie condizioni di salute mentale di Viviana Parisi”. Lo scrive la Procura di Patti nella nota sulla conclusione dell’inchiesta sulla morte della Dj e del figlio Gioele nelle campagne di Caronia. “Le precarie condizioni di salute della donna – aggiunge il procuratore Angelo Cavalllo – peraltro, sono state confermate dalle risultanze dell”autopsia psicologica’ operata dal professore Picozzi, il quale ha stabilito come costei soffrisse di ‘una patologia di importante valenza psicotica’, patologia dalla quale non si era mai ripresa completamente. In altre parole, la donna soffriva di un “disagio preesistente da almeno due anni”, con aspetti clinici tali da spingere a ipotizzare un accertamento sanitario obbligatorio per fronte alla situazione, caratterizzati dalla “presenza di spunti psicotici, con tematiche mistiche, persecutorie e di rovina (riferimenti al demonio, interpretatività delirante – il diavolo nel serpente del bastone di Asclepio)”.
Le indagini, osserva il Pm, “hanno dimostrato come Viviana, subito dopo l’incidente in galleria, una volta uscita dall’autovettura e recuperato Gioele, si sia volontariamente allontanata insieme al suo bambino dall’autostrada, nascondendosi tra la fitta vegetazione esistente sul bordo autostrada, non rispondendo ai richiami delle persone che pure la stavano cercando”. “Il consulente psichiatrico – aggiunge il Pm – in particolare, ha analizzato quanto successo la mattina del 3 agosto 2020: Viviana, quel giorno, “… si allontanava dalla propria abitazione senza lasciare segni di un progetto autolesivo”, ma, in ogni caso, poco dopo, “… l’incidente stradale ha rappresentato per costei uno stress acuto che ha valicato ogni capacità di elaborazione e risoluzione”; tale situazione è stata causata da “una interpretazione persecutoria dell’evento”, come se il sinistro fosse stato “causato intenzionalmente, per nuocerle, da inesistenti aggressori”, oppure, in alternativa, dall’ “innescarsi del timore inaccettabile che il marito ne approfittasse per toglierle la potestà genitoriale, allontanandola per sempre dal suo bambino”.