A Palermo il 13 dicembre si festeggia Santa Lucia mangiando l’arancina, una palla di riso ripiena di carne (nella sua versione tradizionale), panata e poi fritta in abbondante olio. Una vera delizia… Che sia in Sicilia, in Corea, in India o in Giappone, le palle di riso riscuotono sempre un enorme successo.
Simili tra loro, ma diversi nel ripieno, nella cottura e nella tradizione. Le palle di riso si sono diffuse nel mondo a mani basse, fino ad arrivare ad essere anche un piatto gourmet.
Le sue origini sono da collocare durante la dominazione araba, tra il IX e l’XI secolo. Gli Arabi avevano infatti l’abitudine di appallottolare un po’ di riso allo zafferano nel palmo della mano, per poi condirlo con carne di agnello.
Restando in Italia, nello specifico a Roma, troviamo il Supplì. Molto simile all’arancina in quanto polpetta di riso, per la panatura e la frittura, ma anche perché sono tra gli street food più amati e più consumati.
Ma ci sono comunque grosse differenze tra di loro:
- La forma: allungata per il supplì, tonda per l’arancina (così chiamata a Palermo) perché ricorda l’arancia, a punta l’arancino ( così chiamato a Catania) perché riprende l’Etna.
- Il riso: quello del supplì è al sugo; quello dell’arancina invece è condito con zafferano e noce moscata, quindi resta giallo e più asciutto.
- Il ripieno: l’arancina contiene un ragù di carne, molto ristretto, con i piselli, nella sua versione tradizionale. Il supplì contiene una striscia di mozzarella dentro e quando si spezza questa deve filare.
- Le varianti: entrambe le preparazioni data la loro semplicità e data la loro fama, hanno avuto negli ultimi anni un’infinità di varianti e versioni molto innovative e gustose.
Vediamo come cambiano nel resto del mondo:
In India troviamo le Rice Pakora, chiamati anche Baath na bhajia, frittelle di riso Basmati profumate e gustosissime. Si tratta di polpette di riso (preferibilmente avanzato), personalizzabili con verdura di stagione o con le spezie che più si preferiscono.
Arriviamo fino in Giappone, dove ci sono gli Onigiri. Si tratta di triangoli di riso ripieni con tonno, salmone o altro e avvolte in un foglio di alga nori. A seconda delle regioni, l’onigiri può cambiare nome e talvolta forma, diventando nigirimeshi, oppure omusubi, quest’ultimo rigorosamente a forma di montagna (quindi triangolare) a simboleggiare le divinità da cui ricevere forza.
Una vera e propria rivoluzione delle polpette di riso si ha in Corea del Sud, dove i Jumeokbap negli ultimi decenni sono diventati simbolo delle proteste per la democrazia. Si tratta di palline di riso che si mangiano da sole, come snack, oppure come contorno, assieme ad altre pietanze. Si ottengono schiacciando con le mani il riso cotto mescolato con vari ingredienti, tra cui tonno, verdure cotte o carne. Le palline vengono poi ricoperte di semi di sesamo tostati, pezzetti di alga nori essiccata e altri condimenti.
Infine in Argentina abbiamo le Torrejitas de arroz, palline o frittelle di riso avanzato dalla paella o da qualche altra preparazione.
Dalla tradizione del riciclo a quelle gourmet, le palle di riso sono diventate collante del mondo, un cibo che unisce i popoli e che con i suoi diversi condimenti accontenta il palato di tutti.
Alla fine di questo tour gastronomico, in giro tra tradizioni e arti del riciclo, tra sapori e odori diversi, la cosa che salta all’occhio è una: il riso unisce popoli diversi tra di loro, inglobando in sé amori e sapori di ogni terra.
E buona arancina a tutti!