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l'ipotesi degli inquirenti

Il tesoro di Messina Denaro: finanziava latitanza con proventi scommesse online

giovedì 26 Gennaio 2023

Potrebbe venire dai guadagni delle scommesse on line il denaro contante usato dal boss Matteo Messina Denaro durante la latitanza. E’ una delle piste seguite dagli investigatori che indagano sul fiume di soldi di cui il capomafia, arrestato il 16 gennaio, poteva disporre. Nel covo del padrino sono stati trovati abiti e accessori griffati e appunti dai quali si può desumere il tenore di vita elevato sostenuto dal boss.

Basti pensare alla fattura relativa a una cena al ristorante costata 700 euro. La pista delle scommesse on line parte da due inchieste della Dda di Palermo una del 2018, a carico dell’imprenditore Carlo Cattaneo, e una del 2019 che coinvolse Calogero Jonn Luppino. Entrambi svolgevano la loro attività nel settore delle scommesse online. Nei confronti di Luppino, condannato a 18 anni per mafia, estorsione e intestazione fittizia di beni, è stata disposta una confisca milionaria. A Cattaneo, condannato a 16 anni, vennero confiscati beni per 300mila euro.

Secondo gli inquirenti, l’ascesa imprenditoriale nel mondo delle scommesse e dei giochi online di Luppino sarebbe stata agevolata da esponenti dei mandamenti mafiosi di Castelvetrano e Mazara del Vallo che obbligavano i vari esercizi commerciali del trapanese ad installare le macchinette delle società, pena pesanti ritorsioni. Chi invece accettava questo monopolio poteva godere della “protezione” delle famiglie. L’attivita’ economica di Luppino sarebbe stata sovvenzionata anche dai familiari del latitante Matteo Messina Denaro. Quando ci fu la perquisizione nella sua casa i carabinieri trovarono nell’abitazione a Tre Fontane, frazione marinara di Campobello di Mazara, otto lingotti d’oro e centinaia di migliaia di euro in contanti.

“La ricostruzione eseguita – scrissero invece i giudici di Cattaneo – evidenzia le modalità attraverso le quali l’imprenditore, pur non essendo inserito organicamente nel sodalizio mafioso, contribuiva in modo significativo al sostentamento economico dell’associazione, entrava in affari con la mafia che richiedeva ‘un pensiero’ (denaro) per familiari di mafiosi in difficolta”.

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