“E’ incomprensibile il perché tutte le forze politiche italiane non abbiano un atteggiamento univoco rispetto al carcere duro di Alfredo Cospito ed è addirittura paradossale il comportamento di alcuni parlamentari del Pd che si accaniscono a difendere un terrorista, graziato una prima volta dallo Stato che, lungi dal pentirsi, è tornato sulle sue azioni criminali e dal carcere duro ha lanciato una nuova sfida, lo sciopero della fame, davanti alla quale le Istituzioni, al di là della doverosa pietà umana, non possono cedere”. Sull’argomento del 41 bis ad Alfredo Cospito è ritornato il deputato regionale siciliano di FdI Marco Intravaia, componente della Commissione Regionale Antimafia, amareggiato più come figlio di un servitore dello Stato morto nell’esercizio del suo dovere, il vicebrigadiere dei Carabinieri Domenico, ucciso a Nassiriya dal terrorismo internazionale.
L’esponente di FdI ha sempre chiesto un atteggiamento di unità nazionale quando si tratta di difendere l’incolumità sia interna che esterna della Nazione, senza colore o tornaconti politici.
“Se i parlamentari del Pd – ha proseguito Intravaia – continueranno a seguire fino in fondo il crinale pericoloso che hanno intrapreso arriveranno a mettere in discussione, per perversa coerenza, anche il 41 bis per i boss mafiosi, una misura che invece tutte le forze politiche dovrebbero difendere, indispensabile per contrastare fenomeni quali il terrorismo e la mafia, la cui vitalità è purtroppo dimostrata dalle cronache degli ultimi giorni. Chi si è macchiato di crimini orrendi e non mostra segni di cedimento deve concludere i suoi giorni in galera. Ho molto apprezzato e provato empatia per le parole del deputato Rita Dalla Chiesa che, qualche giorno fa, ha sottolineato come i criminali al carcere duro hanno ancora la possibilità di vedere, seppure in regime di restrizione, la famiglia, mentre i parenti delle vittime possono soltanto recarsi su una lapide in un cimitero. Lo Stato non può cedere ai ricatti, lasciandosi intimidire, ma difendere la misura del carcere duro per chi è stato, e tornerebbe ad essere, una minaccia per l’incolumità pubblica”.