Si celebra oggi, 24 marzo, la Giornata mondiale della tubercolosi (TB) per aumentare la consapevolezza sull’epidemia.
Con il tema “Yes! We can end TB!” (Si! Possiamo fermare la TB) l’edizione 2023 della Giornata mondiale mira a incoraggiare una leadership di alto livello, maggiori investimenti, un’accelerazione nell’adozione delle nuove raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e una collaborazione multisettoriale per combattere l’epidemia a livello globale eliminandola entro il 2030 e raggiungendo così gli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals).
Un’edizione importante anche perché proprio quest’anno si svolge il secondo UN High-Level Meeting on TB organizzato dalle Nazioni Unite per il prossimo 22 settembre, con il titolo “Promuovere la scienza, la finanza e l’innovazione, e i loro benefici, per porre fine urgentemente all’epidemia globale di tubercolosi, in particolare, garantendo un accesso equo alla prevenzione, ai test, e alle cure”.
I dati
Nel 2021, secondo i dati OMS, 1,6 milioni di persone sono morte a causa della TB e 10,6 milioni si sono ammalate di questa malattia. A questi numeri, però, si contrappongono i 74 milioni di vite salvate dal 2000.
I riflettori del World TB Day sono quindi puntati sull’esortare i Paesi a intensificare i progressi in vista del meeting di settembre. L’OMS lancerà inoltre un invito all’azione ai propri partner sollecitando gli Stati membri ad accelerare l’introduzione dei nuovi regimi terapeutici orali più brevi raccomandati per la TB resistente ai farmaci.
In Italia
L’Italia è interessata da flussi migratori provenienti da Paesi con elevata incidenza di tubercolosi. Le condizioni di sovraffollamento che si verificano, nel viaggio e nei centri di accoglienza, gravano sullo stato di salute dei migranti, facilitando la trasmissione della malattia.
Nella maggior parte dei casi, la patologia insorge entro 2 anni dall’ingresso nel nostro Paese, con una differenza di rischio relativo tra stranieri e italiani ancora evidente (RR=6,7).
la Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica ribadisce l’importanza e l’urgenza di intensificare le azioni di contrasto all’infezione.
“L’individuazione precoce dei casi di infezione è necessaria per garantire l’accesso ad un trattamento precoce in grado di garantire una maggiore efficacia e la tutela della salute dei pazienti”, dichiara la prof.ssa Roberta Siliquini, presidente SItI.
“Occorre agire sulle condizioni di salute delle persone che giungono nel nostro Paese, sia tramite l’abbattimento delle barriere socio-linguistiche che attraverso l’attuazione di protocolli per la valutazione precoce dello stato di salute e per il monitoraggio nelle fasi successive all’accoglienza. È opportuno, inoltre, uno sforzo in maggiori investimenti nei Dipartimenti di Prevenzione. Anche in termini di reclutamento di risorse umane, come in parte previsto dal piano di rafforzamento dell’assistenza territoriale. Bisognerebbe, inoltre, attuare una ricerca pro-attiva dei casi di TBC, avvalendosi dell’ausilio della Medicina Scolastica, deputata alla prevenzione delle patologie in età scolare.”
“La continua ricerca verso l’individuazione di ‘buone pratiche’ – conclude Siliquini – deve tuttavia abbracciare anche patologie ben note come la malaria, malattie sessualmente trasmissibili, parassitosi e HIV. Patologie che, negli ultimi anni, complice un plateau temporale nella loro prevalenza, hanno assottigliato il loro appeal verso gli investimenti in Ricerca, nonostante continuino a determinare un importante impiego dei servizi sanitari e aggravare il peso della multiresistenza farmacologica, con un inevitabile impatto sulle condizioni di salute della popolazione.”