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Confermati vertici Cna Catania: si riparte con tavola rotonda sugli effetti del Pnrr in Sicilia | CLICCA PER LE FOTO

lunedì 13 Settembre 2021

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Floriana Franceschini confermata presidente di Cna Catania con una squadra composta da Dario D’Arrigo, Massimiliano Guccione, Vincenzo Maccarrone, Andrea Maione, Giuseppe Petta, Anna Quartarone, Antonino Ruberto e Davide Trovato. È l’esito dell’assemblea quadriennale elettiva di Cna Catania “Ripartiamo insieme”, dedicata al tema della ripresa economica, svoltasi al polo fieristico delle Ciminiere di viale Africa.

Dopo i saluti istituzionali del sindaco, Salvo Pogliese, e del presidente regionale dell’associazione, Nello Battiato, si sono tenute le relazioni del presidente provinciale, Floriana Franceschini, e del segretario, Andrea Milazzo, approfondite analisi di quanto avvenuto nel panorama delle pmi etnee durante questo lungo periodo pandemico.

Nel suo intervento d’apertura, Salvo Pogliese ha rimarcato come «quello che abbiamo vissuto e stiamo continuando a vivere sia surreale, con il dramma del Covid-19 che è stato un disastro per la Sicilia anche da un punto di vista economico. Nel 2021 qualche segnale di ripresa c’è, specie in edilizia con i bonus. I soldi del Recovery poi sono una realtà importante, ma una cosa va detta con chiarezza: in molti casi si è registrato il definanziamento di alcune opere strutturali già programmate e finanziate con altre tipologie di fondi e il nuovo riferimento all’interno della nuova strada imposta dall’Europa. Ovvio come il risparmio dello Stato italiano derivante da tali definanziamenti debba essere reinvestito nei nostri territori, non certo altrove, magari in aree che non hanno bisogno di un surplus di sostegno».

Il primo cittadino, che negli scorsi mesi ha risolto la dolente questione dello sconto sulla Tari agli autoriparatori esclusi per una mera dimenticanza degli uffici, si è impegnato ad avviare i controlli termici in città e, sempre in materia di Tari, a detassare le aree dove si producono rifiuti speciali.

«La pandemia è entrata come una bufera nelle nostre vite e nelle nostre aziende, spazzando le poche sicurezze che ancora avevamo», ha esordito Floriana Franceschini, «abbiamo attraversato il primo periodo del lockdown vivendo una sorta di incubo, in un’atmosfera quasi irreale, increduli di fronte a una realtà spietata che ogni giorno mieteva centinaia di vittime. L’unica ancora di salvezza era l’informazione, divenuta esigenza primaria di tutti cittadini e di tutte le imprese. Un impegno è stato profuso dalla Cna nazionale e dalla nostra territoriale, che non ha mai chiuso i battenti grazie al segretario Andrea Milazzo e ai funzionari di volta in volta disponibili, per non creare un deserto informativo attorno ai nostri associati già fortemente disorientati dalle notizie nefaste che arrivavano e bombardati da continui decreti governativi. Diciamolo chiaramente: la Cna di Catania non si è certo risparmiata: pensate che il nostro segretario ha firmato ben 1.300 accordi sindacali per circa 5.000 lavoratori al fine di attivare nel più breve tempo possibile gli aiuti previsti per i lavoratori del comparto artigiano».

Anche sul terreno degli aiuti al settore imprenditoriale il patronato di Cna Catania ha fornito assistenza agli associati. «Sono state compilate e inviate circa mille richieste inerenti i bonus previsti», ha proseguito la Franceschini, «e per rendere ancora più agile ed efficace la comunicazione sono state create dieci diverse chat da cento partecipanti ognuna, con oltre mille persone che sono state costantemente informate sui dpcm e sulle tutte le nuove regole da adottare. Sono poi state organizzate con specifiche piattaforme digitali e decine di incontri virtuali per consentire la partecipazione dei nostri iscritti alla vita associativa. Incontri volti sia all’informazione che alla formazione, segno tangibile ed emblematico della volontà degli imprenditori di superare in qualche modo la crisi profonda che si stava attraversando».

Il segretario Andrea Milazzo ha dal canto suo evidenziato come «sull’economia della nostra terra, già gravata da una crisi lunghissima, si sia abbattuta la più grande recessione mai rilevata dalla seconda guerra mondiale in avanti. Interi settori dell’economia sono crollati, la disoccupazione è cresciuta a dismisura e i nuovi poveri sono aumentati in maniera progressiva, mettendo a dura prova la tenuta sociale dell’Isola. Il prodotto interno lordo nel 2020 è precipitato di ben 8 punti, “trainato” dai crolli dell’export e della domanda interna. Le esportazioni di merci siciliane sono infatti diminuite del 24% in un anno, i consumi delle famiglie del 10%, registrando una perdita di circa 8 miliardi di euro».

Scenari foschi anche per le piccole e medie imprese. «Il nostro sistema delle pmi nel suo complesso si è notevolmente indebolito», ha insistito Milazzo, «e gli indennizzi economici pubblici, arrivati spesso in ritardo, si sono rivelati insufficienti per numero di destinatari, nonché incapaci di compensare buona parte dei mancati incassi e delle spese fisse che le attività hanno continuato a sostenere. Il comparto degli alberghi e della ristorazione ha perso il 46% del valore aggiunto, il commercio il 41% (pari a 4 miliardi di euro), mentre nel settore manifatturiero la flessione è stata del 11%, con una perdita superiore ai 500 milioni di euro. Gli investimenti delle imprese, per anni faro della nostra economia, sono crollati del 18,7%, pari ad oltre un miliardo di euro. Le chiusure imposte dai vari dpcm hanno riguardato quasi la metà delle unità locali isolane, determinando un peggioramento delle condizioni economiche e finanziarie delle imprese, certificato dal calo del fatturato dichiarato da oltre l’80 % delle nostre aziende. La redditività delle imprese è nettamente diminuita, mentre è tornato a crescere l’indebitamento, sospinto dalle garanzie pubbliche e dalle moratorie, interrompendo un processo di riduzione in atto da oltre dieci anni».

È poi giunto il momento della tavola rotonda “Pnrr, se non ora quando?”, moderata dal giornalista Andrea Lodato, con il confronto sul tema del Piano nazionale di ripresa e resilienza e dei suoi possibili effetti per il Sud e per la Sicilia. Protagonisti, Rosario Faraci, ordinario di Economia e gestione delle imprese all’Università degli Studi di Catania, Marco Falcone, assessore regionale siciliano alle Infrastrutture e alla Mobilità, e Sergio Silvestrini, segretario generale nazionale della Cna.

Marco Falcone ha con rammarico evidenziato come il governo nazionale abbia ascoltato poco la Regione Siciliana nei tanti mesi della pandemia e durante la fase di “raccolta” delle idee e delle proposte per il dopo. «Il Pnrr è uno strumento importante, strategicamente lungimirante, ma praticamente inutile, poco efficace», ha dichiarato Falcone, «si dovrà sviluppare entro il 2027, il che per il governo nazionale esclude la possibilità del ponte. Sfido chiunque a sostenere che vi sarà in Italia un’opera importante conclusa entro il 2026. Alla Sicilia hanno dato il “contentino” dell’alta velocità, lungo le direttrici Catania-Messina-Palermo».

Che le infrastrutture facciano la parte del leone nel Pnrr è palese, ma l’assessore siciliano ha una idea opposta sul tragitto che i beni trasportati dovrebbero compiere: «Il porto di Augusta si coniuga con l’attraversamento stabile. La nostra idea è che ci si fermi ad Augusta, focalizzando l’attenzione su questo scalo, con le merci poi immesse su ferro e portate verso il Nord Europa. Il processo inverso all’attuale, insomma, con le merci che dai grandi porti del Nord scendono fin quasi alla Sicilia».

Rosario Faraci, professore ordinario di Economia e gestione delle imprese all’Università degli Studi di Catania, ha evidenziato come «il Piano nazionale di ripresa e resilienza sia una occasione storica per il rilancio del Paese, ma il rischio è di cadere nella retorica, come se fosse un piano di risorse da distribuire a pioggia. Non è così. Non si tratta di uno strumento che servirà a tutto e a tutti. Intanto esso è incardinato in tre assi strategici largamente condivisi in Europa, ovvero transizione energetica, innovazione digitale e inclusione sociale, e quindi questi ambiti, con le progettualità che arriveranno dal basso, mobiliteranno la maggior parte delle risorse. In secondo luogo, proprio da Regioni e amministrazioni locali e dalle Città metropolitane dovranno arrivare progettualità in linea con le vocazioni e le identità dei territori. Dunque, sia chiaro, non servono “liste della spesa”, perché non le finanzierà nessuno. In terzo luogo, affinché il mondo delle imprese artigiane possa risultare beneficiario di queste provvidenze, specialmente al Sud, è fondamentale che esso si riorganizzi dal punto della vista della governance con soluzioni (dai consorzi ai contratti di rete, tanto per fare un esempio) che creino filiera, favoriscano il raggiungimento di una massa critica necessaria per competere e assicurino dimensioni più ragguardevoli per entrare nei meccanismi degli appalti e degli affidamenti per rendere esecutivi i progetti via via cantierabili».

«È un’occasione straordinaria per rimettere in piedi l’Italia. Veniamo da venticinque anni di stasi, in cui il Paese non è cresciuto, in cui il reddito pro-capite è ancora sostanzialmente uguale a quello di allora. Ma dobbiamo anche tenere presente che, oggi, la capacità di export dell’Italia, le performance della nostra economia sono superiori a quelle tedesche e francesi. Siamo ad un tornante della storia, tutti insieme, con impegno, determinazione, efficienza possiamo vincere questa sfida». Sergio Silvestrini, segretario generale della Cna nazionale, non si nasconde le difficoltà della sfida che deve affrontare il Paese, ma, intervenendo all’assemblea di Cna Catania, non ha dubbi sulle capacità di reazione dell’Italia, del Mezzogiorno e della Sicilia: «Penso che la Sicilia, se riconosce i suoi limiti e le sue virtù, possa imprimere un disegno unitario allo sviluppo della regione e del Mezzogiorno, nel suo insieme. Il Sud ha la priorità di agganciare una ripresa già in atto, di colmare la distanza con il centro-nord, di formare giovani imprenditori che sappiano sostituire l’atteggiamento burocratico che l’ha caratterizzato, per necessità, ovviamente non per scelta. C’è bisogno di riscoprire quello che più ama il mercato, che sa essere terribile e straordinario, perché seleziona. E attraverso la selezione, vogliamo riscoprire anche in Sicilia la qualità dei gruppi dirigenti, la qualità del decisore politico, delle comunità nel loro insieme ed anche delle associazioni di rappresentanza».

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