Trent’anni fa si inabissava la Balena Bianca. Il 26 luglio del 1993 a Roma al Palazzo dei congressi dell’Eur l’ultimo segretario della Dc Mino Martinazzoli archiviava sotto gli occhi increduli e rassegnati dei 500 delegati democristiani stremati dal caldo il partito che aveva governato l’Italia dal Dopoguerra e che era stato colpito dagli scandali, dalle inchieste della magistratura e da un crollo dei consensi che appariva inarrestabile. La Democrazia Cristiana scompariva per lasciare il posto al Partito Popolare Italiano, restava lo scudocrociato ma con un destino inevitabilmente bonsai.
Anche in Sicilia, una delle roccaforti bianche per eccellenza finiva la stagione di potere che sembrava eterna della Dc. Finiva tra scandali e arresti, per mafia e tangenti, e un fuggi fuggi generale di dirigenti ed elettori verso altri lidi politici.
E dire che ancora alle politiche dell’aprile del 1992 in Sicilia la Dc teneva botta con percentuali sopra il 40% rispetto al tracollo nazionale che aveva visto lo scudocrociato per la prima volta nella sua storia sotto il 30%. Alla Camera sedevano l’ex presidente della Regione Rino Nicolosi, il messinese Totò D’Alia, il siracusano Gino Foti e ancora l’ex ministro Lillo Mannino, i palermitani Sergio Mattarella, Mario D’Acquisto e Vito Riggio, Totò Cardinale da Mussomeli e l’agrigentino Lillo Corrao. Al Senato, tra gli altri, c’erano Francesco Parisi da Caltagirone, Nuccio Cusumano da Sciacca, e Andrea Zangara da Bagheria.
Le inchieste della magistratura cominciarono a decimare la classe dirigente democristiana siciliana: Nicolosi finì nello scandalo di Tangentopoli a causa dell’affaire del Centro le Ciminiere di Catania, stessa sorte per Mannino indagato nella Tangentopoli siciliana con Mario D’Acquisto e l’assessore regionale Salvatore Sciangula. E poi l’ombra della Mafia, il ruolo di Vito Ciancimino che nel 1983 venne allontanato dal partito, l’omicidio di Salvo Lima nel marzo 1992 e il successivo inizio della vicenda del processo Andreotti, insieme a tanti altri casi locali avevano demolito l’immagine siciliana del partito. Tardive ed inutili furono poi parecchie assoluzioni, la Dc non c’era più e parecchie carriere politiche furono irrimediabilmente rovinate.
Il segno più evidente del declino della Dc in Sicilia lo diedero le elezioni comunali dove per la prima volta si sperimentava l’elezione diretta dei sindaci. Nel giugno 1993 andarono al voto Agrigento e Catania: nella città dei Templi dove la lista della Dc raccoglieva comunque ancora il 42%, la candidata dello scudocrociato Maria Pia Campanile, arrivava solo terza mentre al ballottaggio andavano Giuseppe Arnone e Calogero Sodano. Peggio andava a Catania dove la lista scudocrociata arrivava al 27% e il candidato della Dc Antonio Scavone si fermava al 12% dietro i candidati della sinistra e dell’Msi Enzo Bianco, Claudio Fava ed Enzo Trantino. Ma furono le amministrative del novembre ’93 a segnare il definitivo declino elettorale democristiano nei comuni: a Palermo l’ex dc Leoluca Orlando trionfava con oltre il 70% infliggendo al suo ex partito, che crollava al 13%, una dura umiliazione. Stessa storia a Caltanissetta con Maurizio Vancheri fermo al 18%.
Il nuovo Partito Popolare che sarebbe nato nel gennaio 1994 aveva bisogno di volti credibili anche in Sicilia: a Palazzo d’Orleans andava un esponente della sinistra dc, Giuseppe Campione, mentre commissario regionale del costituendo partito veniva nominato Sergio Mattarella, fratello di Piersanti il Presidente della Regione ucciso da Cosa Nostra.
Per molti però il Ppi non fu la naturale conseguenza della Dc. Nel gennaio del 1994 mentre simbolicamente Martinazzoli resuscitava il Partito Popolare, Pier Ferdinando Casini, Clemente Mastella, Francesco D’Onofrio e Ombretta Fumagalli Carulli fondavano il Centro Cristiano Democratico che per simbolo aveva una vela con lo scudocrociato che avrebbe diretto la pattuglia di ex dc verso i nuovi lidi di Forza Italia, il partito fondato da Silvio Berlusconi che avrebbe raccolto tanti ex dello scudocrociato a partire dagli elettori.
Tanti furono i siciliani che si schierarono con Casini e Mastella: Alberto Alessi, Mario D’Acquisto, Totò D’Alia, Gino Foti, Angelo La Russa, Santino Pagano e Lillo Corrao.
La Dc era finita e la grande diaspora democristiana era cominciata.