Quattro ivoriani e un guinese sono stati arrestati da agenti delle squadre mobili di Catania e Genova, nell’ambito dell’inchiesta a “Landayà” bis della Dda etnea, una banda internazionale che organizzava viaggi di migranti.
LE INDAGINI
Il provvedimento fa seguito a un fermo eseguito nell’aprile scorso nei confronti di 25 indagati che, in sede di convalida è stato oggetto di conflitto di competenza, risolto dalla Cassazione in favore del gip di Catania. L’ordinanza di custodia cautelare riguarda complessivamente 25 indagati: 13 erano già in carcere, cinque sono stati arrestati e sette, che sono all’estero, sono ancora irreperibili. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il provvedimento contesta anche l’aggravante dall’aver agito in più di dieci persone e dei reati-fine di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, di avere commesso il fatto al fine di trarne profitto anche indiretto e dalla transnazionalità.
Le indagini sono state avviate seguendo il caso di una minorenne straniera non accompagnata arriva ad Augusta il 25 gennaio del 2021, collocata in una struttura nel catanese ma fermamente intenzionata a raggiungere la Francia seguendo le indicazioni avute in Libia da una donna che le aveva dato anche un contatto telefonico di che avrebbe dovuto aiutarla in Sicilia. Sono emerse subito le presenze di guineani e ivoriani coinvolti nel trasferimento in Francia della minorenne e poi è stato scoperto un articolato sodalizio criminale, a carattere transnazionale, formato da più cellule operative in Africa (Libia, Guinea, Costa d’Avorio, Tunisia e Marocco), in Italia (a Genova, Torino, Asti, Cuneo e Ventimiglia) e in Francia, dedito al reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina in favore di una clientela (donne, uomini, bambini e addirittura neonati) che, dietro pagamento di somme di danaro, variabili a seconda della natura degli accordi e della tranche di viaggio da eseguire (oscillando da almeno 200,00 euro per il mero passaggio dei confini sino a 1.200,00 euro circa per fasi di viaggio più ampie), si affidava ad esso perché specializzato nella “gestione” dei viaggi per raggiungere altri paesi dell’Unione Europea, in particolare in sconfinamenti verso la Francia.
SOLDI E ABUSI SESSUALI
Questo il pagamento a cui erano costrette delle migranti, anche se in compagnia di figli minorenni, all’organizzazione che organizzava il loro viaggio per l’Italia. La Procura di Catania sottolinea come emerga “ancora una volta l’estrema vulnerabilità delle migranti di sesso femminile il cui inserimento nel flusso migratorio e la dipendenza da trafficanti privi di scrupoli determina una seria esposizione a rischi di sfruttamento”.
Le indagini avrebbero consentito di acquisire, allo stato degli atti,“elementi che dimostrerebbero come i fermati sarebbero in grado di garantire al migrante la realizzazione del progetto migratorio”. Dall’organizzazione dello spostamento del migrante dal centro cui veniva affidato in accoglienza dallo Stato italiano fino al sito dal quale operare il travalicamento dei confini, la fornitura eventuale di documenti falsi (anche di tipo sanitario quali falsi Green pass, falsi esiti del test Covid-19 e patenti di guida), la presa in carico del migrante una volta raggiunto sul luogo in prossimità del confine, l’offerta di ospitalità nelle more, comprensiva di vitto e alloggio, la reiterazione dei tentativi di sconfinamento, la presa in carico a opera di altri membri una volta raggiunta la Francia.
“Il sodalizio – ricostruisce la Procura di Catania – risultava avere struttura fluida perché capace di adattarsi ma in ogni caso ben definita quanto ai ruoli: non vi era evidentemente un capo all’apice, ma quattro capi/organizzatori ciascuno per ognuno dei gruppi, quattro entità collettive operanti con una organizzata gestione di risorse umane e materiali, stabilmente a disposizione le une delle altre e sinergicamente attive con metodi illeciti, con la finalità della commissione di plurimi delitti rientranti in un unico superiore progetto associativo che dall’Italia passava soltanto, in quanto iniziava all’estero e terminava all’estero”.
IL TRAFFICO DI BAMBINI
In alcune occasioni emergevano movimentazioni illecite di bambini in tenera età, accompagnati dalle madri e talvolta da esse momentaneamente affidati a un componente del sodalizio, nonché la strumentalizzazione della condizione di incertezza del migrante.
Gli indagati, giunti in Italia a partire dal 2016, secondo la Procura di Catania “avrebbero dimostrato una non comune expertise criminale tanto che avrebbero affinato le tecniche di interazione con la clientela. La strategia consisteva nell’imbrigliare il migrante offrendogli quanto da esso atteso e anche di più e in fretta, portandolo sino a un punto di avanzamento delle operazioni tale da rendergli impossibile il rifiuto del servizio. Tra l’altro alcuni degli indagati, avrebbero approfittato in tal senso, del loro inserimento a vario titolo all’interno di strutture di accoglienza per migranti: per un verso accreditandosi presso i migranti per il fatto stesso di svolgere attività all’interno di dette strutture; per altro verso sfruttando tutte le informazioni per tale ragione disponibili circa i nuovi arrivi, le nazionalità e l’età dei potenziali clienti. Il sodalizio poteva contare su tre cellule: una nel Piemonte, una Ligura e un’altra nella stessa regione che agiva a Ventimiglia.
IL GIRO D’AFFARI
Sebbene la maggior parte dei movimenti dei flussi di denaro avvenisse in contanti l’analisi delle postepay in uso ad alcuni degli indagati consentiva di attestare che uno dei sodali aveva effettuato l’acquisto online di titoli di viaggio in un limitato arco temporale per un ammontare di circa 26.000 euro. Le carte avevano saldo zero, perché utilizzate come contenitore e subito svuotate con transazioni complessivamente ammontanti a 800.000 euro. Cifre parziali perché i flussi di denaro di rilievo avvengono utilizzando soggetti apparentemente non legati agli autori del reato.