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Risanamento

Messina: la baracca va giù ma per i pregiudizi un baraccato è per sempre

giovedì 21 Marzo 2024

Da tempo il sub commissario al risanamento Marcello Scurria e il presidente di ArisMe Vincenzo La Cava hanno cambiato la filosofia dell’agire. Non più casermoni ghetto per chi lascia le baracche ma abitazioni acquistate con i fondi ad hoc e messe in vendita dai messinesi. Insomma il “risanamento in tour” (QUI)fa sì che le famiglie che hanno diritto ad una casa possano scegliere tra quelle che, secondo parametri ben precisi, la struttura commissariale mette a disposizione. Assegnata la casa con tanto di consegna delle chiavi e firma del contratto, la baracca viene demolita e l’area bonificata (QUI). Proprio la “rivoluzione” del metodo ha causato il riemergere di pregiudizi duri a morire e legati a miti e leggende del vivere in baracca. L’ultimo tour che ha visto impegnate nella scelta sette famiglie della baraccopoli ex lavatoio di Giostra negli appartamenti con vista mare (QUI) dell’ex hotel Riviera (ora di proprietà del comune e abbandonati per decenni), ha aperto un pentolone sui social dal quale è uscito di tutto. Ed è stato il commissario Scurria a fare una breve sintesi di alcuni commenti che hanno scandito la pubblicazione di articoli e immagini delle nuove case per gli assegnatari.

– hanno un’auto di grossa cilindrata:

– hanno la parabola;

– hanno il vizio del fumo;

– hanno l’aria condizionata;

– approfittano;

-aspettano una vita in baracca per avere una casa;

– perché non si cercano un lavoro;

– io per acquistare la casa pago un mutuo;

Questi sono solo i commenti riferibili e che rientrano nella vasta enciclopedia del razzismo snob verso chi sta peggio di noi. Scurria ha ricordato l’art. 3 della Costituzione a proposito dell’uguaglianza sostanziale. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini…..”. Nell’immaginario collettivo dei pregiudizi colui che vive in baracca “cela” al suo interno arredi e confort da fare invidia agli alto borghesi e accetta condizioni di vita disagevoli pur di non perdere il diritto alla “casa gratis” a spese dello Stato. E’ un nullafacente che tale vuole restare ma a spese della collettività in barba a chi, pur con stipendi da sopravvivenza si spacca la schiena ogni giorno per pagare affitto o mutuo, luce, gas, tari, condominio.

A onor del vero più di mezzo secolo di cultura della baracca ha favorito lo svilupparsi di fenomeni di distorsione (e perversione) della problematica. Non possiamo nascondere il fatto che per decenni il sottobosco della compravendita delle baracche (o affitto o proliferazione dei nuclei familiari all’interno della baracca) è andato di pari passo con un clientelismo trasversale e spregiudicato che ha consentito il fiorire di carriere politiche. Nè possiamo negare che l’abitudine ad allacci abusivi e a non pagare mutui né sottostare a regole possa essere difficile da abbandonare quando entri in un condominio e devi pagare anche il canone ad Arisme e Iacp. Di contro c’è anche chi la casetta costruita e migliorata negli anni pur in un rione degradato non intende proprio lasciarla e non vuol essere sradicato. I racconti del presidente La Cava sulle sacche di irregolarità ereditate dall’Iacp sono veri e propri spaccati di una società lenta ad evolversi (QUI)

Ma le storie di chi ha atteso 40, 45, 50 anni, tra mura gocciolanti di pioggia e muffa, in condizioni igieniche precarie, incatenati spesso a promesse elettorali tramandate di padre in figlio, meritano rispetto.

Fa bene Scurria a ricordare la Costituzione che impegna le istituzioni a rimuovere quegli ostacoli che limitano l’uguaglianza sostanziale tra cittadini. Ma tocca ad ogni cittadino compiere quell’altro passo, quello di una dignità che deve essere riconosciuta al nostro fratello e alla nostra sorella. Altrimenti è perfettamente inutile che le istituzioni rimuovano gli ostacoli “fisici”, buttino giù le baracche, diano case vere e persino belle sì, perché il diritto alla bellezza appartiene a tutti, se poi le barriere mentali e culturali sono ancora lì, alte come muri che nessuna ruspa potrà mai abbattere.

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