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Il caso

Messina, dopo 3 anni in ospedale trova la casa occupata. ArisMe: sgombero e affitto da pagare

giovedì 11 Gennaio 2024

Non è un caso isolato, ma sicuramente il più eclatante, la cartina di tornasole di un sottobosco che ha rallentato il risanamento per decenni nutrendo una “cultura della baracca” che tanti hanno finto di non vedere. Lei è una signora che da tre anni e mezzo è  ricoverata in una casa di cura, sarà dimessa nei prossimi giorni ma il suo alloggio popolare è stato occupato e l’occupante non ha nessuna intenzione di uscire.

IL CASO

La storia: nel marzo del 2020 muore il proprietario di un alloggio popolare ma la figlia, unica erede, pochi mesi dopo viene ricoverata in una struttura di cura per gravi patologie. L’alloggio resta vuoto e ad agosto  viene occupato abusivamente da una donna (evidentemente informata da chi ha un controllo del territorio nei quartieri più a rischio). La tutrice della legittima proprietaria denuncia l’occupazione ma la situazione non si sblocca. Passano 72 mesi la proprietaria dell’alloggio deve lasciare la casa di cura e rientrare nell’appartamento ma l’occupante non ne vuol sapere.

INTERVIENE ARISME

ArisMe (Agenzia per il risanamento di Messina) sta portando avanti insieme alla politica di risanamento anche azione di legalità ed una serie di controlli sulle situazioni che definire border line è un eufemismo. Il caso in questione è delicatissimo perché la struttura ospedaliera non può ospitare oltre i 72 mesi la donna che ha tutti i diritti di rientrare in quella che è la sua casa. Al di là dell’esito della denuncia presentata nel 2020 dalla tutrice (e che non ha dato frutti), ogni tentativo di mediazione con gli occupanti avviato da quanto ArisMe è venuta a conoscenza del caso è fallito, compreso quello dell’8 gennaio. Il presidente di ArisMe, Vincenzo La Cava, che vuol ripristinare la legalità nei casi in cui (e sono numerosi) sia stata violata, ha presentato ricorso urgente al Tribunale chiedendo sia il rilascio immediato dell’alloggio che la condanna al pagamento di tre anni e mezzo di canone (poco più di 3 mila euro). Il 15 gennaio con ogni probabilità si procederà con l’accesso forzoso. Nel frattempo però resta il problema della legittima proprietaria. La Cava sta cercando soluzioni alternative che tengano in considerazione le condizioni di salute della donna che è al momento nella casa di cura e dovrebbe essere dimessa la prossima settimana.

I CASI LIMITE

Ma dal monitoraggio di ArisMe emergono tanti casi limite. I più frequenti sono quelli di chi non paga il canone (in gran parte sono vicende ereditate dall’Iacp che su questo fronte non è mai stato particolarmente efficace). Poi ci sono le occupazioni, i danneggiamenti, i comportamenti figli di una cultura “dell’abusivismo”, degli allacci illegali, del “mi è dovuto tutto gratis”. Per fortuna sono casi limite ed anche la filosofia di ArisMe e del commissario Marcello Scurria di non creare ghetti e casermoni sta cambiando le cose. Tra i casi limite all’esame c’è quello di un signore che circa 20 anni fa è entrato in un alloggio grazie ad un decreto di assegnazione provvisoria finalizzato alla sottoscrizione di un contratto che però non ha mai firmato. La conseguenza è che non soltanto la permanenza in quell’appartamento da provvisoria è diventata permanente visto che son passati quasi 20 anni ma, senza contratto, non ha mai pagato canone né altro. E non intende farlo adesso (neanche le somme pregresse). Nei prossimi giorni quindi si procederà con l’accesso forzoso ma se le nei due decenni trascorsi chi di competenza avesse letto le carte, seguito i fascicoli e le assegnazioni, è evidente che un fatto simile non sarebbe mai accaduto.

A pagare le conseguenze dei furbetti che a costo zero hanno un tetto sono i legittimi assegnatari o chi attende, civilmente, il suo turno in graduatoria.

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