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Le storie

Non solo arance e fichi d’india, il tropicale diventa ‘made in Sicily’: “Crisi idrica? Non la subiamo”

lunedì 15 Aprile 2024

Negli ultimi anni stiamo assistendo ad una crescita esponenziale delle aziende siciliane che decidono di investire in colture tropicali, sia in maniera univoca che in concomitanza a coltivazioni tradizionali. E’ aumentata a dismisura la richiesta e di conseguenza la commercializzazione di prodotti come il mango e l’avocado.

Il clima siciliano è equiparabile a quello dei paesi tropicali? Quello che è certo è che il cambiamento climatico sta agevolando queste coltivazioni in quelle parti del territorio che sono strettamente vocate. Le piante tropicali temono il freddo come il caldo. Le alte temperature e la crisi idrica come quella che stiamo vivendo adesso, non giovano nemmeno a queste colture. Sicuramente però gli inverni miti che abbiamo vissuto negli ultimi anni hanno facilitato in qualche modo l’adattamento e questo ne ha comportato una maggior crescita, tanto che cibi come questi non sono più rari sulle nostre tavole.

I primi impianti si sono sviluppati in Sicilia negli anni ’80 e ’90 ma poi il mercato si è aperto ulteriormente e il boom di superfici dedicate che registriamo negli ultimi vent’anni è legato anche alla crescente richiesta da parte dei consumatori.

In realtà i prodotti tropicali nella nostra Isola sono presenti dagli anni ’50 ma solo negli ultimi decenni “hanno iniziato a farsi conoscere”. La zona di Giarre, nel Catanese, per esempio, è vocata alla coltivazione tropicale“, così afferma Andrea Passanisi, precursore del tropicale in Sicilia, un imprenditore che già all’età di 20 anni ha cominciato a “raccontare” questi splendidi frutti ancora poco conosciuti, è stato il primo in assoluto a creare una filiera ed un’identità tropicale legata al territorio siciliano.

Il tropicale può crescere ovunque. La cosa importante non è solo l’attecchimento radicale o lo sviluppo della pianta, secondo il giovane imprenditore “l’aspetto essenziale è la produttività della stessa ed è essenziale per chi investe su una quantità non irrisoria. Per raggiungere una produttività tale da soddisfare quello che è l’investimento dell’imprenditore, c’è bisogno di un terreno prevalentemente sabbioso, un clima mite e uno stato di umidità alto dove anche le precipitazioni sono alte“. La combinazione di questi fattori influiscono nell’attecchimento della pianta, lo sviluppo e la produttività della stessa. L’aspetto produttivo è influenzato dal clima, l’aspetto crescita è influenzato dal terreno e dalla qualità dell’acqua.Bisogna seguire la vocazione del territorio, questo è essenziale!. Andare oltre determinati territori o scommettere su uno che già alla base evidenzia stati di criticità legati alle condizioni climatiche negative, è svantaggiato in partenza.

Il cambiamento climatico a livello regionale è evidente. Le criticità sono tante e molti imprenditori si trovano in ginocchio a causa della poca produttività della terra. “Noi la crisi la percepiamo, ma non la subiamo”. “Giarre è uno dei comuni, se non il comune, più piovoso del meridione“, si contano oltre mille litri di acqua l’anno. Ha un tasso di precipitazioni alto e di conseguenza una percentuale di umidità alta, superiore al 70%. “Il versante ionico è piovoso perché abbiamo l’Etna che catalizza e blocca le nuvole rendendo questo versante molto piovoso“. Questo sicuramente attutisce la morsa della crisi idrica.

 

Spostandoci invece sul versante Siracusano vediamo come anche qui clima, terreno e umidità sono favorevoli alla crescita del mango. Giuseppe Sferrazzo, giovane agricoltore ha deciso di scommettere sul tropicale con circa tre ettari di terreno in regime di agricoltura biologica. Basandosi sull’esperienza fatta negli anni da ricercatori siciliani, ha visto il beneficiare di questo tipo di coltivazione. “È una coltura che si è abbastanza adattata ai nostri climi anche se comunque ha sempre le sue esigenze“. Negli ultimi tempi i cambiamenti climatici che hanno colpito la nostra regione hanno da un lato, nel lungo periodo, favorito l’introduzione di queste nuove colture, però allo stesso tempo anche a queste hanno creato conseguenze non indifferenti. “Due anni fa abbiamo subito dei danni dovuti alle basse temperature nel mese di aprile, la pianta ne ha risentito moltissimo. Con la fioritura già iniziata il prodotto è andato distrutto. L’anno scorso, invece, il problema principale lo abbiamo riscontrato con le eccessive temperature del mese di luglio. Anche in quel caso la pianta ne ha risentito, di solito già a luglio ha i frutti, questi invece sono stati bruciati dal sole. E’ andato tutto perduto, 35% in meno di produzione“.

Come limitare i danni? Ci sono sicuramente delle tecniche che possono aiutare. La coltivazione in serra potrebbe essere la soluzione, o semplicemente l’ausilio di reti che proteggano le coltivazioni dalle intemperie e che fanno da scherma anche per i raggi solari. In generale, lo studio e la ricerca sono la chiave. Bisogna risparmiare le risorse idriche, creare sistemi di irrigazione proiettati proprio su questo. Sicuramente prodotti come il mango e l’avocado sono cibi più resistenti al caldo eccessivo e allo stesso tempo sono piante che necessitano di una quantità minore di acqua, “parliamo del 30% circa, quindi anche lì c’è un risparmio di acqua che è una risorsa fondamentale, a maggior ragione oggi, per la scarsa presenza nel nostro territorio“. A passo con i tempi e con l’innovazione, esistono delle tecniche agronomiche migliorative, impianti a microgoccia che nella maggior parte dei casi consentono di risparmiare buona parte di acqua e dare allo stesso tempo alla pianta quella di cui necessita realmente. “Non c’è stato un calo di produzione, le piante più vanno avanti e più producono, raggiungono il loro massimo“.

Quindi, non più solo arance e fichi d’india. Il tropicale è una certezza, però nelle condizioni in cui si può fare tropicale. Bisogna puntare dove ci sono le condizioni per farlo.

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