Il gip di Palermo ha respinto la richiesta di arresti domiciliari avanzata da Andrea Bonafede, cugino e omonimo del geometra che ha prestato l’identità a Matteo Messina Denaro, condannato a 6 anni e 8 mesi per favoreggiamento aggravato del capomafia.
La Procura gli aveva contestato l’associazione mafiosa: la derubricazione del reato in favoreggiamento era alla base dell’istanza di sostituzione del carcere con i domiciliari fatta dall’imputato. Nelle scorse settimane la Procura ha presentato appello contro la sentenza di condanna di Bonafede e ha depositato una serie di nuovi elementi che dimostrerebbero il ruolo di associato mafioso, e non solo di favoreggiatore, di Bonafede.
L’operaio avrebbe assicurato assistenza e aiuto costanti al boss in diverse fasi della latitanza. Oltre a fare la spola con lo studio del medico del padrino per consegnare e prendere esami e ricette nel periodo in cui Messina Denaro era ammalato di cancro, l’avrebbe accompagnato a farsi dei tatuaggi e a pranzare al ristorante a Palermo. I due, dunque, avrebbero avuto una frequentazione stretta.
Sarebbe stato, inoltre, Bonafede ad acquistare il cellulare riservato che il capomafia usò durante il suo ricovero per l’intervento chirurgico subito nel 2020 all’ospedale di Mazara del Vallo.