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In aggiornamento

Open Arms: l’udienza nell’aula bunker al carcere Pagliarelli di Palermo

venerdì 20 Settembre 2024
Matteo Salvini

E’ cominciata nel bunker del carcere Pagliarelli l’udienza del processo Open Arms, dedicata alla discussione delle parti civili.

Nella loro requisitoria i pm, nella scorsa udienza, hanno chiesto sei anni di carcere per Matteo Salvini, imputato per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per avere impedito lo sbarco, cinque anni fa, di 147 migranti soccorsi dalla nave Open Arms.

Oggi le parti civili esporranno le loro posizioni. Come parte civile Open Arms sosteniamo le richieste e le argomentazioni già ampiamente articolate e formulate dalla Procura“. Così Luigi Salerni, avvocato di Open Arms. La Open Arms nel 2019 rimase per 19 giorni in mare e poi davanti alle coste di Lampedusa, senza ottenere il permesso per lo sbarco dei 147 naufraghi a bordo, poi scesi su ordine della Procura di Agrigento. Il pm ha chiesto sei anni di carcere Matteo Salvini, all’epoca ministro degli Interni, imputato per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. “Le polemiche sono naturali in processi di questo tipoafferma l’avvocato Salerni – non devono influenzare l’andamento della giustizia. I fatti sono chiari, così come sono chiari anche le norme violate e i comportamenti che, anche noi, riteniamo illegittimi“.

Si è parlato di azione politica, nel processo si è accertato che non è accaduto nulla di tutto ciò. Non c’è stata un’azione politica perché non è stata condivisa dal governo, anzi è stato smentita persino dall’ex premier Conte. Quello che dispiace è il clima che si è creato. Ha prodotto aggressioni e minacce che si sono susseguite nei confronti dei pm della Procura, che sicuramente sono sintomatiche di un clima sociale che ci rende tutti poco seri“. Così Giorgio Bisagna, avvocato di una Ong. “C’è stato un blocco consapevole e volontario della nave senza alcuna formalità prevista dalla normativa. Anzi, non si è ottemperato al provvedimento del Tar. Parliamo di fatti non di atti. Fatti che, nella specie, si sono rivelati illeciti. La politica qui non c’entra nulla“.

Per fortuna che c’era Open Arms che ha salvato 147 persone, considerate meritevoli di essere soccorse anche dal Tar che sospese il decreto che impediva l’ingresso nelle acque territoriali. Dobbiamo stare attenti in questo processo a sfrondare le sovrastrutture linguistiche che hanno cercato di allontanare l’oggetto del processo. Si è più volte sostenuto che ci sia stato un atto politico, ma così non è, non lo dice il pm di questo processo ma la Corte Suprema di Cassazione quando sentenziò che il rilascio del poss è un atto amministrativo e in quanto tale suscettibile di sindacato da parte di qualsiasi tribunale“. Così l’avvocato Michele Calantropo, che rappresenta l’Arci. “Il pugno duro di Matteo Salvini contro 147 disgraziati era lo strumento elettorale per potersi differenziare perché in quella fase c’era uno scontro politico all’interno del governo, come hanno dichiarato alcuni ex ministri sentiti nel processo“, ha concluso il legale.

Di fronte a queste persone sguarnite di ogni difesa e ammassate nel caldo agostano, la pubblica autorità con il suo vertice, al di fuori di ogni previsione normativa, decise di privare della libertà le persone che si trovavano in quella condizione. Siamo di fronte all’esercizio di un potere che contrasta con i principi fondamentali del nostro ordinamento, oltre che in contrapposizione col diritto umanitario internazionale“. Lo ha detto in udienza l’avvocato Arturo Salerni, legale di Open Arms. L’avvocato ha sottolineato che “Open Arms svolge l’attività di soccorso in mare dal 2015, sappiamo quanto il nostro mare sia diventato luogo di morte e i fondali pieni di cadaveri di donne, bambini e uomini che tentavano di arrivare sulle sponde meridionali dell’Europa“. “Open Arms ha salvato decine di migliaia di persone, in quella occasione non solo non ha avuto supporto, come prevede il diritto internazionale e la Convenzione Sar, ma addirittura si è trovata di fronte a un muro – ha osservato il legale – E’ evidente il danno che si è prodotto in quella situazione all’armatore umanitario Open Arms, il danno prodotto al suo equipaggio, alla sua funzionalità e alla sua attività che è esclusivamente umanitaria e che ha dato tanti frutti sotto il profilo delle vite salvate. Se tanti bambini, donne e uomini oggi sono in vita è anche grazie a Open Arms“.

Per la prima volta dall’inizio del processo Open Arms, cominciato circa tre anni fa, è presente in aula Musa, uno dei 147 migranti che erano a bordo dell’imbarcazione della Ong spagnola che nel 2019, fu bloccata in mare per 19 giorni. Il ragazzo è arrivato assieme al suo avvocato. “Preferisce non dire nulla” dice il legale mentre il giovane accenna un sorriso timido. Musa che all’epoca era minorenne, non aveva compiuto nemmeno 16 anni. All’Ansa Musa ha ribadito che adesso sta bene, ha un lavoro, una casa e vive in Sicilia.

 

 

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