Il Tribunale del riesame di Catania ha accolto il ricorso presentato dalla Procura contro la decisione del gip di rigettare la richiesta di emettere un’ordinanza cautelare agli arresti domiciliari nei confronti di cinque indagati nell’operazione Athena per scambio elettorale politico mafioso, reato che sarebbe stato commesso durante le elezioni comunali del 2022 a Paternò.
Destinatari del provvedimento sono il sindaco di Paternò, Antonino Naso, un ex consigliere comunale ed ex assessore, Pietro Cirino, e un assessore all’allora in carica e poi dimessosi, Salvatore Comis.
Gli altri due indagati sono presunti esponenti del clan Morabito-Benvegna legato alla ‘famiglia’ Laudani di Catania: Vincenzo Morabito e Natale Benvenga. Il Tribunale ha disposto la sospensione dell’ordinanza che dispone gli arresti domiciliari per i cinque fino a che la decisione sia definitiva, ed è possibile ricorrere in Cassazione.
Secondo il Tribunale del riesame, presieduto da Giuliana Sammartino, “risulta ricostruibile in via induttiva e con la consistenza dei gravi indizi il raggiungimento di un patto illecito fra il sindaco Naso e, tramite il Cirino, la consorteria dei Morabito-Benvegna”.
L’accordo, ricostruisce il Tribunale, prevedeva “un sostegno elettorale” in cambio dell’interessamento del Naso per “l’assunzione di congiunti mafiosi locali” e di “destinare a Comis un assessorato di interesse economico”. L’appello contro la decisione del gip era stato presentato dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e dai sostituti Tiziana Laudani e Alessandra Tasciotti.
L’inchiesta Athena si basa su indagini dei carabinieri della compagnia di Paternò e avrebbe fatto emergere gli interessi del clan Morabito sulle aste giudiziarie di immobili nelle province di Catania e Siracusa. Per 49 degli indagati la Procura di Catania ha chiesto il rinvio a giudizio. I reati ipotizzati, a vario titolo, sono associazione mafiosa, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, turbata libertà degli incanti aggravata dal metodo mafioso e corruzione.
L’udienza preliminare per la richiesta di rinvio a giudizio del procedimento nato dall’operazione “Athena” è stata fissata per il prossimo 3 dicembre, nell’aula bunker di Bicocca, davanti al gip Carlo Umberto Cannella. L’indagine “Athena” dei carabinieri della Compagnia di Paternò, che portò il 15 aprile scorso all’esecuzione di un’ordinanza cautelare per 17 indagati, è stata avviata dopo la denuncia di un imprenditore minacciato da alcuni mafiosi per farlo ritirare dalla vendita all’asta un lotto di terreni. Emersi dall’attività investigativa, oltre alle dinamiche criminali e gli elementi di vertice del gruppo Morabito, anche gli interessi dell’organizzazione nel controllo sistematico delle aste giudiziarie di immobili nelle province di Catania e Siracusa.
Il presidente della commissione antimafia all’Ars, Cracolici: “A Paternò va disposto l’accesso ispettivo”
“Il caso di Paternò, insieme a quello di Tremestieri, grida vendetta. Per molto meno i comuni sono stati sottoposti ad accesso ispettivo per verificare la presenza di eventuali infiltrazioni mafiose. E’ insopportabile che il ministro degli Interni non abbia avuto la curiosità di capire cosa stava succedendo a Paternò attraverso una commissione prefettizia. Abbiamo tutti interesse a liberare la politica dalla mafia, qui è in gioco la qualità del consenso e della democrazia, a me interessa che chi vince le elezioni, al di là dello schieramento, possa essere considerato un uomo dello Stato e delle istituzioni, e non un uomo a servizio delle organizzazioni criminali”. Lo ha detto Antonello Cracolici, presidente della commissione Antimafia all’Ars, intervenendo ieri sera all’incontro “Mafia, antimafia sociale e politica, etica della responsabilità – Il caso Paternò” organizzato nell’ambito della Festa dell’Unità nel comune etneo.
“Alla luce dei dati appresi oggi – continua Cracolici – il tribunale del riesame ha accolto il ricorso della procura di Catania che chiedeva provvedimenti restrittivi nei confronti del sindaco, dell’assessore e dell’amministratore coinvolti nell’inchiesta, ma ne ha disposto la sospensione. Oggi non ci sono più alibi: il ministero degli Interni non può avere approcci diversi per questioni simili. A Paternò va disposto l’accesso ispettivo. In gioco c’è la nostra democrazia”.