È trascorso un mese da quando Emanuele Macaluso ci ha lasciato.
Per l’intensità del suo impegno politico profuso nelle diverse fasi della sua vita, fin dalla giovinezza, Macaluso anche in età avanzata appariva senza età. Il tempo non aveva scalfito minimamente la sua lucidità di analisi, la tempra di combattente e polemista, la capacità di entrare nel merito delle questioni, anche le più complesse, senza scivolare mai nell’approssimazione e nella semplificazione. Molti altri grandi vecchi del PCI per le ragioni del tempo si sono ritirati dall’impegno politico attivo. Alcuni si sono limitati a ricordare le vicende del passato, le esperienze della propria vita attraverso libri o interviste. Anche Macaluso nei suoi scritti nelle interviste si richiamava spesso al passato, ricordava con nitidezza avvenimenti lontani nel tempo, anzi lo faceva spesso, ma li riattualizzava sempre, li inseriva nella vicenda politica attuale e da ogni avvenimento che aveva segnato la storia del paese e della Sicilia ricavava insegnamenti e indicazioni per il presente e per il futuro. Come dimostra il bellissimo e purtroppo ultimo discorso pubblico rivolto ai giovani il primo maggio del 2019 a Portella delle Ginestre, nell’anniversario della strage.
Da “ totus politicus” l’età non gli ha impedito di continuare la sua battaglia delle idee, nonostante le amarezze per l’emarginazione subita da una piccola e dispotica oligarchia senza idee e senza valori che si era impadronita del Partito democratico della sinistra, alla cui fondazione e costruzione aveva dato un contributo fondamentale. Egli è rimasto sempre ancorato alla realtà effettuale, analizzandola attraverso i suoi numerosi libri, promuovendo riviste e giornali, scrivendo articoli, rilasciando interviste in tutti i maggiori giornali nazionali e infine, utilizzando sapientemente la moderna tecnologia di facebook, con i suoi post che ricordavano molto gli editoriali che scriveva sull’Unità. Con questi soli strumenti che gli erano rimasti, ha continuato la sua battaglia politica per ricostruire e rinnovare la sinistra ancorandola fermamente ai valori del socialismo europeo.
Fino all’ultimo ha seguito le vicende politiche del Paese, ha vissuto la realtà politica nel suo divenire, analizzando i fenomeni sociali, denunciando involuzioni e degenerazioni del sistema politico, indicando soluzioni. La Sicilia. Nonostante egli fosse stato uno dei più importanti dirigenti nazionali del PCI, ha lavorato a fianco di tutti i segretari nazionali, da Togliatti a Longo, da Berlinguer a Natta, ha assunto importanti incarichi istituzionali e internazionali, egli non perse mai il rapporto con la Sicilia, dove peraltro era stato segretario della Cgil e più volte segretario regionale del PCI. In una recente e vibrante intervista manifestava tuta la sua amara preoccupazione per la sua Sicilia “senza più antimafia e classe dirigente”. Come fece notare un suo grande amico ed estimatore, il direttore del giornale L’Ora Vittorio Nisticò , “a differenza di quanto si può costatare per gli altri grossi dirigenti nazionali la cui provenienza regionale a un certo punto della loro carriera politica quasi si perde, diventa un fatto secondario”, questo per Macaluso non avvenne. E Nisticò gli chiese se questo avesse una sua ragione o era soltanto un fatto casuale. E Macaluso rispose: “No, non è casuale, ma neppure vincolante; io non l’ho avvertito come un limite all’acquisizione di altre esperienze attraverso i vari incarichi che io ho assolto nazionalmente. Grazie proprio a queste esperienze ho potuto guardare alle vicende siciliane con occhio e mente più aperti. In effetti, la caratteristica regionale che gli altri avvertono, in me rispecchia la particolarità della Sicilia, quell’’ssere la Sicilia quasi nazione come diceva Togliatti”;. Sarà importante trovare un modo per ricordarlo, e ricordare non agiograficamente ma anche criticamente il suo contributo politico e culturale nella convinzione che il “pensiero lungo” di Macaluso non potrà che fare bene alla Democrazia alla Sinistra e alla Sicilia.