La proposta d’avanzamento della candidatura di Catania a Capitale della Cultura 2028 è stata – non del tutto ma sicuramente in parte – oscurata da un’immagine che ha fatto il giro del web e dei Tg nazionali.
Due ragazzi in moto, incappucciati, nascosti dai caschi integrali e passamontagna, con armi ben in vista e colpi sparati – a salve – per aria, che tenevano testa alla corsa clandestina di cavalli – probabilmente avvenuta sulla SP69 – a cui seguiva una carovana di moto e scooter.
Non è la prima volta, questi eventi nel catanese sono assidui e costanti considerando che per la criminalità organizzata rappresentano una vera e propria “passione”, volta ad alimentare il giro illecito di scommesse, a discapito della sicurezza degli animali (maltratti, sfruttati, tenuti in stalle abusive e dopati per alterare le loro prestazioni) e della collettività, fornendo un quadro pessimo della città.
Un’altra gara, disputata nel comune di Castiglione di Sicilia, non è andata a buon fine: l’intervento dei carabinieri della compagnia di Randazzo ha interrotto tutto, provocando, ovviamente, la fuga generale. Tre persone sono state denunciate: due fantini, di 42 e 26 anni, anche organizzatori della gara, e un 19enne a bordo di uno scooter con il compito di incitare i cavalli.
Il sindaco Enrico Trantino, ha voluto esprimere tutta la sua indignazione per l’accaduto: ” Ho letto lo sdegno (giustissimo) provocato dalla notizia della corsa clandestina con i calessi. Abbiamo dato una immagine devastante di Catania, diffusa da tutti i media. Serve poco puntualizzare che siamo in territorio extraurbano, poiché è probabile coinvolgesse nostri concittadini (purtroppo non posso revocare la cittadinanza per manifesta indegnità). Quel che però non ho letto riguarda i plurimi interventi di contrasto compiuti dalle Forze dell’Ordine, con sequestro dei cavalli e di numerose stalle clandestine. Ai più sfugge che quando si intercettano eventi simili, non è possibile arrestare i protagonisti, poiché passibili di conseguenze penali che non consentono il fermo. Da mesi è in corso una attività di sensibile repressione di questi fenomeni di illegalità (e prova ne sono i tanti tiktok di minacce, anche nei miei confronti), con le sole forme che l’ordinamento consente di compiere. Il problema è più di natura culturale: questa gente deve capire che condanna i loro figli a un ruolo di eterna marginalità e quasi certa ospitalità, in futuro, in strutture non proprio confortevoli“.