Come martedì scorso, i lavori all’Ars, tra le mura delle Commissioni, ripartono degli Ipab. Gli Istituti pubblici di assistenza e beneficenza sono tornati al centro del dibattito grazie al ddl del governo Schifani su proposta dell’assessore regionale per la Famiglia, le politiche sociali e il lavoro Nuccia Albano. Non è un tema nuovo. Ciclicamente le strutture sono state oggetto di diversi tentativi di riforma, alla disperata ricerca di risolvere l’annosa condizione in cui versano. Continui e ripetuti buchi nell’acqua. Una sorta di lunga maratona di rinvii in atto da circa 30 anni. Tanto sarà cambiato per la politica siciliana, ma le Ipab continuano a vivere nel segno di una continuità fatta di crisi e disavanzi.
I giochi iniziano a farsi seri. Dopo un primo esame della I Commissione Affari Istituzionali, presieduta da Ignazio Abbate, l’esponente della giunta Schifani varcherà le porte della Commissione per avviare una discussione più intensa e rivolta a sollevare alcune delle criticità emerse dalla prima seduta. Prime fra tutte quelle riguardanti la copertura finanziaria e i dipendenti. Se per la prima servono maggiori approfondimenti per non gravare soltanto sulle previsioni del futuro, per la seconda sarà necessario scongiurare il rischio di un nuovo bacino di precari (CLICCA QUI).
Ma andiamo nel dettaglio per comprendere meglio, osservando i dati raccolti, nel corso degli anni e resi disponibili per ovviare i monitoraggi. In Sicilia si parla di 122 Ipab, di queste solo 46 hanno un consiglio di amministrazione. Ben oltre la metà, 68, sono commissariati, perché il cda fatica a trovare persone disponibili ad insediarsi, proprio a causa dello stato di difficoltà in versano le strutture e dunque viene da se la nomina di un commissario straordinario. La situazione è ancora più grave in 7 Istituti, dove a mancare sono sia il consiglio che il commissario e nessuno è disposto ad accettare l’incarico. Uno è persino posto in liquidazione.
Dalle strutture al dato economico. L’Inps, ad esempio, vanta un credito di circa 26 milioni di euro (da verificare con esattezza con i riscontri incrociati con i vari enti). Ammontano invece a circa 19,5 milioni i debiti verso il personale (una parte sono computati una quota a parte del debito verso l’Inps). Mentre il disavanzo dichiarato è di quasi 11 milioni di euro. Cifre da capogiro. Debiti, da evidenziare, che non sono della Regione Siciliana, bensì di ogni struttura, in quanto enti muniti di personalità giuridica. Più complesso quantificare invece ad oggi i dati in termini di valore del patrimonio, ma che comunque dovrebbero essere maggiori rispetto ai debiti.

“Ogni ostacolo in tale direzione è un’assunzione di responsabilità politica grave. Il ritardo dell’amministrazione regionale nell’intervenire ha creato un aggravio di ulteriori debiti. La riforma potrà così servire per gli enti che hanno espresso un’attività e che sono in condizione di restare sul mercato, non può riguardare enti pieni di debiti e con personale inoperante. Tutto questo significa debiti nei confronti dell’Inps, oltre a gravare una struttura di ulteriori debiti. Bisogna apporre la parola fine. Serve un atto di coraggio. Non lasciamo soli i lavorati. Provvederemo per la loro ricollocazione“. Ha dichiarato l’assessore Nuccia Albano.
Il disegno di legge parte così da un monitoraggio attento, con l’idea di scattare una fotografia quanto più precisa delle strutture dislocate in tutta l’Isola, individuando e intervenendo sugli in deficit e che da due anni non esercitano attività. Strutture che con il trascorrere del tempo hanno accumulato e creato debiti. Talmente grandi, rispetto al costo che supportano, da rendere comunque insufficienti i circa 5 milioni annui ripartita dalla Regione agli Ipab. La via che oggi si intende percorrere con questo nuovo ddl è quindi quella della liquidazione. Come si apprende dal testo, si tratta di circa 63 Istituti, che allo stato attuale presentano le più importanti e gravose problematiche legate ai contenziosi, alla situazione debitoria, al personale ed alla gestione del patrimonio. Una strada, quella della liquidazione, non presa in considerazione proprio per evitare di privare i territori di servizi e soprattutto per non licenziare o ricollocare il personale.
Secondo il ddl si tratterebbe di 163 unità che, dopo la liquidazione, confluirebbero in un unico elenco a cui potranno attingere Enti locali, distretti socio assistenziali, Asp o enti e associazioni che ricevono finanziamenti dalla Regione per la realizzazione di progetti in ambito socio-sanitario. Come finanziare quest’ultimi? La proposta di legge non comporterebbe ulteriori oneri a carico del bilancio regionale e troverebbe copertura attraverso la liquidazione delle Ipab, dunque la vendita del patrimonio immobiliare, e con parte delle risorse annue previste per il personale degli Istituti. Ai progetti in capo ai Comuni, invece, verrebbero destinati un terzo dello stanziamento annuo per le spese delle unità degli Enti, che nel 2025 corrisponde a 3,5 milioni e quindi sarebbe pari a circa un milione. Ma calcoli alla mano non basterebbero, trattandosi di cifre irrisorie: 6.500 euro a dipendente e una somma di 500 euro al mese.
Intervenire oggi è già troppo tardi? Bhe, certamente le condizioni in cui versano gli Ipab non aiutano e neanche i costi di gestione sempre più importanti e lievitati, anche a causa dell’estensione spropositata di alcuni Istituti. Ma altri aspetti sono da considerare, come quelli strutturali. Molti beni sono andati persi negli anni o non si sa se sono ancora degli Ipab, con le diverse amministrazioni susseguire nel tempo che non conoscono gli atti di proprietà. Per non parlare delle strutture pericolanti e per cui i tribunali hanno chiesto di intervenire per l’incolumità delle persone. Un approccio, quello dei tribunali, ma anche dell’Agenzia delle Entrate, che soprattutto negli ultimi due-tre anni è mutato, con il blocco dei conti, l’attivazione dei pignoramenti e la nomina di commissari giudiziali per la gestione dei beni che saranno posti all’asta, determinando un ulteriore depauperamento del valore degli immobili e quindi delle entrate.
Insomma, la condizione articolata degli Ipab ricorda più un vortice nero dal quale sarà difficile uscire senza una vera e propria azione concreta da parte della politica.