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Scenari connessi e trame complesse

Rapporto Dia, le mafie straniere parlano siciliano: tra traffici internazionali di droga, alleanze strategiche e zone di influenza

lunedì 2 Giugno 2025

Il potere mafioso siciliano non è mai stato isolato. Sin dai tempi della “mano nera” negli Stati Uniti, Cosa nostra ha saputo tessere relazioni oltre i confini, allearsi, mediare, costruire ponti per espandere traffici e influenza. Ma oggi, secondo la DIA, la rete internazionale della mafia siciliana ha cambiato forma. Non più relazioni verticali o di subalternità, ma alleanze funzionali e logistiche, spesso temporanee, altamente redditizie e distribuite.

Le organizzazioni straniere non vengono più a “imparare” dai clan siciliani: negoziano da pari a pari. Sono soprattutto i traffici di droga a costruire questa nuova geografia del crimine globale. La Sicilia, con i suoi porti, la sua logistica, le sue rotte e la sua storica opacità, resta un punto chiave d’accesso tra il Sud globale e l’Europa.

Relazione DIrezione investigativa antimafia

Quarto articolo dell’analisi giornalistica  sulla Relazione 2024 della Direzione Investigativa Antimafia, pubblicato su IlSicilia.it.

Rapporto Dia criminalità organizzata, il volto delle mafie in Sicilia: non spara ma investe, assume e corrompe

Dopo aver indagato la rete economica classica delle cosche siciliane, il riciclaggio globale con le evoluzioni tecnologico del denaro mafioso e la nuova criminalità giovanile che cresce nelle città della Sicilia tra baby gang e social, questo approfondimento si concentra sul volto più esterno e articolato della mafia: le collaborazioni tra Cosa nostra e i gruppi criminali internazionali, provincia per provincia.

 

Collaborazioni strategiche: non solo droga

 

Oltre al narcotraffico, la Relazione Dia evidenzia collaborazioni legate al traffico di esseri umani, allo sfruttamento lavorativo e al riciclaggio finanziario. In molti casi, i gruppi stranieri usano le reti mafiose locali come “interfacce culturali e relazionali” per operare indisturbati.

La mafia siciliana non comanda, ma media. Offe protezione e conoscenza del territorio in cambio di una percentuale, o di accesso a canali di importazione. Il potere, quindi, non è solo violento ma relazionale.

La mafia siciliana non ha perso potere. Ha cambiato forma. Non cerca più il controllo assoluto del territorio, ma l’efficienza nei traffici globali. Le alleanze con mafie straniere non sono una debolezza. Sono una strategia. Una mutazione adattiva in un mondo criminale che si è fatto “liquido”.

 

dia

 

Palermo – Narcotraffico, diplomazia e controllo invisibile

Nel cuore storico di Cosa nostra, Palermo continua a esercitare un ruolo di “snodo strategico” nei rapporti con le organizzazioni straniere, secondo la Dia. Il potere mafioso non si manifesta più con atti eclatanti ma si esprime in una gestione diplomatica del crimine: mediazione tra gruppi, protezione logistica, controllo dei porti e dei flussi.

Il mandamento di Brancaccio resta centrale per i traffici internazionali di cocaina. Qui sono attivi soggetti in diretto contatto con reti albanesi e brokers colombiani stanziati tra Spagna e Olanda. La merce transita spesso via mare, occultata in container in arrivo al porto palermitano o in scalo a Termini Imerese, prima di essere smistata nelle province interne.

Nel anno 2024 analizzato, a Palermo si sono registrati movimenti di capitali e flussi logistici legati proprio a un gruppo di soggetti albanesi in contatto con elementi del mandamento palermitano. La collaborazione non si fonda su vincoli di fedeltà, ma su utilità reciproca.

Ma la nuova frontiera è la frammentazione degli assetti criminali: gruppi più piccoli, meno visibili, con giovani affiliati e una logica “imprenditoriale”. Alcuni clan agiscono come terminali logistici per organizzazioni balcaniche che usano la Sicilia per entrare nel mercato italiano. La Dia segnala che “non esiste più un’unica regia territoriale, ma molteplici soggetti che operano secondo interessi convergenti”.

A Palermo si segnala anche una pericolosa contaminazione tra microcriminalità giovanile e reti criminali internazionali. Alcuni giovani legati a baby gang, già citati nel terzo articolo, svolgono ruoli di staffetta o corriere per conto di soggetti albanesi o tunisini presenti in zona.

 

Catania – L’ibridazione criminale con i Balcani

Catania è il laboratorio dell’evoluzione mafiosa siculo-balcanica. Qui, i clan storici “Cappello e Mazzei” — pur rivali — hanno sviluppato negli ultimi anni canali paralleli di cooperazione con gruppi albanesi, kosovari e serbi. La Dia segnala una “capacità di integrazione e adattamento delle cosche catanesi ai nuovi flussi internazionali”, soprattutto nel narcotraffico.

Il quartiere di San Cristoforo, considerato roccaforte del clan Cappello, è diventato un centro di stoccaggio e smistamento di carichi di cocaina provenienti da Rotterdam e Anversa, tramite connessioni con porti pugliesi e calabresi. A Librino, invece, emergono dinamiche diverse: gruppi più giovani e informali, che operano in sinergia con soggetti albanesi, curano il dettaglio della distribuzione e il controllo del territorio.

Il dato più rilevante è l’utilizzo di tecnologie criptate per le comunicazioni: Telegram, Signal, app dedicate al dark web. Le nuove leve mafiose, secondo la Dia, “sono cresciute con lo smartphone e con una mentalità fluida, più orientata al risultato che all’onore”. Questo ha facilitato i contatti con reti criminali internazionali: bastano una connessione stabile e un intermediario bilingue.

La cooperazione si estende anche alla gestione di depositi temporanei e al reinvestimento. Alcuni immobili e garage in affitto nel catanese sono stati utilizzati — secondo la Dia — per occultare droga e armi, poi redistribuite verso la Campania e il Nord Italia. A Catania, la mafia si presenta con il volto del broker e non più solo con quello del boss.

 

Messina – L’interfaccia dei broker finanziari e delle connessioni invisibili

Messina è una provincia di confine, geografico e criminale. Non è solo la porta d’accesso alla Calabria, ma anche un territorio di connessione tra la mafia siciliana, la ’ndrangheta e i gruppi criminali balcanici. La Dia documenta interazioni frequenti tra soggetti messinesi e reti albanesi, kosovare e macedoni, in particolare per quanto riguarda il traffico di armi e cocaina.

A differenza di Palermo e Catania, qui non ci sono clan strutturati con egemonia assoluta, ma cellule criminali mobili e trasversali, capaci di gestire accordi temporanei con altri attori del crimine globale. L’area di Barcellona Pozzo di Gotto è segnalata come particolarmente attiva, con soggetti storicamente legati a Cosa nostra che curano la logistica per traffici in arrivo da Albania e Montenegro.

Un elemento distintivo è la presenza di giovani con profilo tecnico: ragazzi con competenze informatiche, usati per criptare le comunicazioni, costruire percorsi di pagamento digitali e gestire wallet di criptovalute. Alcuni di loro sono passati attraverso percorsi scolastici regolari, ma sono stati “reclutati” per la loro capacità di muoversi nel mondo digitale.

Infine, Messina ospita piccole società di facciata nel settore del turismo, del noleggio e della logistica marittima. La Dia ha segnalato almeno due di queste nel primo semestre 2024 per operazioni sospette di bonifici in entrata dalla Spagna e dalla Romania. In particolare, si documentano flussi sospetti tra Milazzo e Tirana, con triangolazioni che coinvolgono soggetti domiciliati in Lombardia e investimenti nel settore delle spedizioni marittime.

La mafia qui non grida: sussurra, si mimetizza, incrocia flussi e costruisce fiducia.

 

Trapani – Crocevia silenzioso tra droga e logistica

La provincia trapanese si conferma centrale per la sua vicinanza al Nord Africa, la storica presenza di Cosa nostra e la relativa bassa pressione investigativa rispetto a Palermo e Catania. La DIA riferisce di “interazioni in espansione” tra famiglie mafiose locali e gruppi stranieri operanti in Tunisia, Albania e Serbia.

Nel trapanese è attiva una rete di supporto logistico per il traffico di hashish, trasportato via mare o con piccoli natanti da pesca. Alcuni casi documentati coinvolgono soggetti legati a gruppi tunisini operativi tra Mazara del Vallo e Marsala, in contatto con referenti palermitani.

 

Ragusa – Narcotraffico e agromafie all’opera  

A Ragusa la criminalità straniera è presente con cellule operative nei settori agricolo e dello spaccio urbano. Alcuni soggetti albanesi e tunisini agiscono in sinergia con elementi locali, garantendo copertura, manovalanza e micro-logistica.

Secondo la Dia, l’area di Vittoria è “a rischio di consolidamento di alleanze funzionali tra reti etniche e criminalità autoctona per il controllo dei flussi di droga e il reinvestimento in attività commerciali fittizie”.

 

Agrigento – Snodo delle rotte africane per lo sfruttamento lavorativo

Ad Agrigento, il controllo del territorio non si limita al pizzo o allo spaccio locale. I gruppi criminali, in particolare nella zona di Porto Empedocle, hanno stretto rapporti operativi con soggetti nigeriani e ghanesi. Secondo la Dia, “la cooperazione tra clan siciliani e gruppi africani si sviluppa lungo le direttrici dello sfruttamento lavorativo e del microtraffico”.

Le “nuove alleanze” sono spesso fluide e informali, ma capaci di muovere persone, droga e denaro, anche sfruttando i flussi migratori come copertura per alcune spedizioni.

 

Siracusa – Zona ad hoc per i collegamenti offshore per il riciclaggio

Nella zona industriale di Priolo e Augusta, la Dia segnala una rinnovata attenzione investigativa su movimenti di materiali sospetti e interazioni tra imprese locali e soggetti connessi a reti logistiche internazionali. Non si parla solo di droga, ma anche di traffico di rifiuti speciali, carburanti e frodi fiscali.

Alcuni dei soggetti monitorati risultano avere legami diretti con compagnie registrate a Malta e Cipro, e contatti bancari in Romania. L’ipotesi è quella di una collaborazione per operazioni economiche a cavallo tra legalità e riciclaggio, legata ad ambienti contigui a famiglie siracusane.

 

Enna e Caltanissetta – Retrovie operative che fungono da “zone grigie”

In queste province, meno esposte mediaticamente, la Dia segnala la presenza di “attività di appoggio e facilitazione”. Soggetti senza precedenti, talvolta imprenditori, offrono supporto logistico a carichi provenienti da paesi terzi. Lavorano come “zone grigie” a supporto dei flussi gestiti da clan di Palermo o Catania.

Caltanissetta, in particolare, è sede di almeno tre società colpite da interdittive antimafia nel primo semestre, legate a trasporti internazionali e autonoleggio a lungo raggio. Enna appare come punto di contatto per soggetti collegati a imprese albanesi.

 

Le Mafie emergenti: le nuove rotte del crimine globale

 

La Relazione semestrale 2024 della Dia non si limita a registrare la presenza delle mafie storicamente consolidate. In più punti, infatti, viene segnalato l’affiorare di nuove forme di criminalità organizzata transnazionale, che interagiscono sempre più spesso con i clan siciliani.

Non si tratta solo di alleanze per la droga, ma di collaborazioni multisettoriali: sfruttamento lavorativo, contrabbando, logistica e — soprattutto — riciclaggio.

 

Nigeria e Nordafrica: tra sfruttamento e connivenze

arresti polizia palermo mafia nigeriana operazione showdownLa Dia dedica attenzione crescente ai gruppi criminali nigeriani, già radicati in diverse città del Centro-Nord, ma ora presenti anche in Sicilia, soprattutto nei contesti del lavoro agricolo e del caporalato. In province come Agrigento e Ragusa, si sono registrati casi di cooperazione tra mafie locali e reti nigeriane per la gestione della manodopera straniera, con vere e proprie forme di cogestione del controllo del territorio rurale.

Allo stesso modo, la presenza nordafricana (con cellule tunisine e marocchine) è indicata come strumentale al traffico di hashish via mare.

La mafia siciliana offre protezione e know-how logistico, in cambio della condivisione degli utili o della possibilità di utilizzare le stesse rotte per traffici paralleli.

 

Georgia, Ucraina e Moldavia: la microfinanza del crimine

Cyber Crime

La relazione cita più volte la criminalità dell’Est Europa, in particolare gruppi georgiani e ucraini, specializzati nel furto, nel contrabbando e nella logistica finanziaria.

A Catania e Siracusa, sono emerse connessioni con reti di soggetti moldavi legati a trasferimenti sospetti di denaro e gestione di società di comodo, con rapporti riconducibili a soggetti contigui a Cosa nostra.

Queste mafie non esercitano un dominio territoriale, ma offrono servizi criminali su commissione, agendo come attori mobili in reti più ampie.

Le cosche siciliane, secondo la Dia, “li utilizzano come vettori finanziari, soprattutto nel settore dei trasporti e del commercio elettronico di copertura”.

 

Reti asiatiche: l’ombra invisibile nel lavoro nero

Un altro fronte in crescita è rappresentato dai gruppi criminali asiatici, soprattutto cinesi e pakistani, che operano in Sicilia con modalità non visibili, ma sempre più influenti. La loro presenza è segnalata a Palermo, Catania e Trapani nei settori della ristorazione, del commercio e della logistica.

Alcune società, apparentemente regolari, risultano collegate a reti che gestiscono fatture false, evasione contributiva e riciclaggio.

Secondo la Dia, “questi gruppi prediligono l’invisibilità e l’efficienza. Non cercano lo scontro con le mafie locali, ma la compatibilità funzionale”. In alcuni casi, emergono rapporti indiretti: favori logistici, affitti di immobili, prestanome condivisi.

 

La risposta globale alle mafie internazionali in Sicilia: alcune operazioni transnazionali di contrasto

La criminalità organizzata siciliana, sempre più proiettata verso traffici internazionali, trova come contraltare una rete investigativa e giudiziaria sempre più integrata. La Relazione Dia  dedica un ampio spazio alla cooperazione internazionale nel contrasto alle mafie straniere nel 2024, evidenziando come molte delle operazioni più rilevanti condotte in Sicilia siano state rese possibili grazie all’interazione con Europol, Interpol, forze di polizia europee e reti giudiziarie transnazionali.

Uno degli strumenti principali di contrasto è il progetto I-CAN (Interpol Cooperation Against ’Ndrangheta), che — sebbene nato per contrastare l’organizzazione calabrese — viene oggi utilizzato anche per monitorare la proiezione estera di Cosa nostra e delle sue collaborazioni con clan stranieri. Attraverso I-CAN, sono state avviate azioni congiunte in Spagna, Germania e Olanda, con il coinvolgimento di soggetti domiciliati in Sicilia, in particolare nel palermitano e nel trapanese.

Nel 2024 analizzato, la Dia ha partecipato a 12 operazioni coordinate con Europol, di cui almeno 4 hanno avuto una base logistica in Sicilia. Queste operazioni hanno riguardato:

-il traffico di cocaina tra Colombia, Spagna e Sicilia occidentale,

.la rete albanese attiva tra Tirana, Catania e Napoli,

-un circuito di riciclaggio con società cartiere tra Palermo e la Germania,

-il monitoraggio di movimenti criptati attraverso piattaforme non regolamentate, legati a soggetti domiciliati a Messina.

Un caso emblematico, citato nella relazione, riguarda l’arresto di un broker siciliano attivo nella mediazione tra cartelli sudamericani e organizzazioni albanesi, con base operativa a Trapani ma frequenti viaggi tra Malta e Valencia. L’uomo è stato intercettato grazie alla cooperazione giudiziaria con le autorità spagnole, che hanno trasmesso flussi di dati bancari e movimenti aerei.

Anche le attività della Direzione Nazionale Antimafia (DNA) hanno avuto un impatto sulla regione: sono state inoltrate almeno 8 rogatorie internazionali con riferimento a procedimenti giudiziari siciliani, che coinvolgevano soggetti stranieri residenti in Italia e viceversa.

Importante anche il ruolo della polizia doganale e portuale, che lavora in sinergia con le autorità francesi e greche. A Palermo e Augusta, i nuclei specializzati hanno identificato carichi in transito sospetti provenienti da Panama e Dakar, spesso mascherati da merce agricola, ma contenenti hashish o cocaina pressata.

La collaborazione transnazionale, dunque, non è un’opzione: è l’unico strumento in grado di contrastare efficacemente le nuove mafie fluide e interconnesse. Lo Stato risponde alla rete criminale globale con una rete legale e investigativa altrettanto globale, che passa sempre più dalla Sicilia, ponte tra Sud e Nord, tra Europa e Mediterraneo, tra passato mafioso e lotta presente.

 

 L’internazionalizzazione silenziosa della mafia siciliana

 

Questa trasformazione, descritta dettagliatamente nella relazione della Direzione investigativa Antimafia impone una nuova consapevolezza. Perché i clan non scompaiono: si ridefiniscono.

Operano meno in superficie, più nell’interconnessione. Costruiscono reti, non più piramidi. Parlano più lingue, usano più valute, si muovono tra Paesi, codici, giurisdizioni. La Sicilia, oggi, è terra di relazioni criminali transnazionali. Non solo patria della mafia. Una porta d’ingresso, snodo logistico, interfaccia culturale.

E in questo scenario, la risposta non può essere solo repressiva. Deve essere intelligence, cooperazione internazionale, trasparenza commerciale, controllo del sistema bancario.

La Dia lo dice in maniera chiara e inequivocabile: “Le nuove forme di cooperazione tra clan italiani e organizzazioni criminali estere rappresentano una delle principali minacce della sicurezza nazionale.” E questa difficile partita, oggi, si gioca anche – e soprattutto – in Sicilia.

 

 

 

 

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