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Dal 19 giugno al 4 luglio

Le scatole oniriche di Ottavia Zappalà McHenry arrivano a Palermo, in mostra alla Galleria Artètika

venerdì 13 Giugno 2025

Palermo accoglie Ottavia Zappalà McHenry (Ottavia McHenry), palermitana di nascita e statunitense d’adozione, che giovedì 19 giugno 2025, alle 19,00, presso la Galleria Artètika spazio espositivo per l’anima (in via Giorgio Castriota 15), inaugura la sua mostra personale, intitolata “La salute è una malattia incompleta”. In esposizione circa cinquanta opere tra “box” e collage, in un percorso visionario che affonda nel subconscio e nelle nostalgie infantili.

Per Ottavia Zappalà McHenry si tratta in assoluto della prima esposizione in Italia, mentre negli Stati Uniti ha partecipato a diverse collettive e di recente ha presentato una sua personale a Phoenix. La mostra, che è curata dalla storica dell’arte Maria Antonietta Spadaro, ed è stata voluta dalle galleriste Esmeralda Magistrelli e Gigliola Beniamino Magistrelli, potrà essere visitata fino al 4 luglio.

Artista, criminologa e giornalista, nata nel 1986, dopo periodi trascorsi a Roma e Bruxelles, dal 2011 vive e lavora stabilmente negli Stati Uniti. Ottavia ha scelto l’arte come gesto necessario, maturato in Arizona dove risiede. A ispirarla, l’infanzia palermitana, il legame affettivo con la nonna Liliana Conti Cammarata – artista di segno e d’immaginazione – e la fascinazione per l’arte astratta e geometrica di Kandinsky, per il surrealismo, il simbolismo onirico di Magritte, e soprattutto l’assemblaggio evocativo di Joseph Cornell, pioniere di questa forma d’arte, con cui condivide l’assenza di formazione artistica specifica e il ricorso all’objet trouvé.

L’artista utilizza scatole in legno di sigari cubani, che trasforma in microcosmi tridimensionali, piccoli teatri sospesi tra incanto e inquietudine, assemblati con oggetti più disparati: carte da parati consunte, illustrazioni vintage, fotografie, frammenti di vita. Ogni box diventa un archivio poetico, un contenitore simbolico di sogni, memorie, e malinconie collettive. Sono le sue “scatole d’ombra” che si traducono in miniature armoniose e accattivanti, ma che rimandano alle esperienze dell’infanzia, tra gioia e tristezza, perché, al contempo, giocose e sinistre. Sono come stanze curiose di ricordi lontani, immagazzinati nel nostro subconscio. I “box” presentano dimensioni tipiche di circa 25x20x7 centimetri (larghezza, altezza, profondità); i collage, invece, per lo più di forma rettangolare, hanno dimensioni pari o superiori a un foglio A4 e danno vita a composizioni visive dense di memoria e suggestione.

Le stanze in miniatura di Ottavia, per quanto romantiche, rivelano, dunque, questo lato inquieto e crepuscolare: giochi colorati e immagini vivaci hanno nutrito la nostra immaginazione infantile, modellando un universo di meraviglia condivisa; quella visione incantata del mondo, capace di trasformare ogni cosa in possibilità, è una magia che col tempo svanisce, soffocata lentamente dal peso della logica e della razionalità. Dietro l’apparente incanto di bambole eleganti e giocattoli scintillanti, si celano ambienti abbandonati, polverosi, segnati dal tempo. Muri ammuffiti, intonaci screpolati, vernici scrostate e strati dissonanti di carta da parati parlano di un tempo sospeso, come se le ragnatele avessero sigillato ogni ricordo. Questi microcosmi congelati diventano metafora della perdita dell’innocenza, evocando una sottile malinconia fatta di disillusione e dolore.

Ecco, dunque, che qui, la citazione del filosofo Emil Cioran “La salute è una malattia incompleta”, che dà il titolo alla mostra, allude con ironia e profondità proprio al fragile equilibrio tra ordine e disordine che abita le opere di questa artista, dove la bellezza dell’infanzia si intreccia con l’ombra della perdita, e l’apparente normalità nasconde crepe, polvere e sogni non guariti.

Come scrive Maria Antonietta Spadaro “Nei suoi teatrini della memoria, oggi qui esposti, ogni scatola sviluppa giochi tra allusioni e racconti, intrighi narrativi nei quali assemblaggi di oggetti tridimensionali, recuperati in vario modo, uniti a collage e foto, ci proiettano dentro universi visionari scaturiti dalla mente di Ottavia. Da tale sintesi dell’eterogeneo nascono foreste di simboli, create dal nulla ma sorrette da amore per le cose: nuove icone che riconfigurano l’esperienza del tempo. Ognuno potrebbe collegare tali assemblaggi, o meglio messinscene, anche cinetiche, al proprio vissuto caricandole di sensi e valori personali». L’arte diventa così una forma di alchimia, un tentativo di mettere ordine nel chaos attraverso la creazione di queste “nuove icone” nate dall’incontro tra oggetti dismessi e dal desiderio di restituire loro senso.

Come ricorda Maurizio Guarneri, Membro ordinario della Società di Psicoanalisi Italiana e docente dell’Istituto Italiano di Psicoanalisi, «Ottavia Zappalà McHenry utilizza “scarti”, elementi destinati a essere perduti, che hanno perso il loro senso originario. Li rimette insieme in assemblages creando nuovi nessi e nuove narrazioni. Le sue cassette hanno la funzione di “quinte teatrali”, spazio dove vengono rappresentate delle “pieces dell’inconscio”. Vi è una nostalgia dell’infanzia caratterizzata dal gioco e dalla fantasia, ma anche segnata da traumi che hanno lasciato il segno. La cassetta mi fa pensare alla teoria psicoanalitica di Bion della relazione contenitore-contenuto. È da rilevare che per Lacan il soggetto si trova nello scarto, in ciò che manca: è proprio in quest’ultimo che troviamo ciò che vogliamo conoscere»

Ottavia Zappalà McHenry torna, dunque, in Sicilia per condividere con il pubblico palermitano questo suo universo incantato e perturbante: un’esposizione che è un invito a riabitare, con lo sguardo dell’infanzia, e con tutto ciò che viene dopo, i frammenti dispersi del nostro tempo.

Inaugurazione giovedì 19 giugno, ore 19: presentano Maria Antonietta Spadaro e Maurizio Guarneri. La mostra, organizzata in collaborazione con “Settimana delle Culture” e Anisa, è visitabile fino al 4 luglio: dal lunedì al sabato ore 10/13 e 17/20. Ingresso libero.

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