“Il potere logora… ma è meglio non perderlo” è probabilmente una delle battute più riuscite di Giulio Andreotti che riadattò un aforisma del celebre politico e diplomatico francese del Settecento, Charles Maurice de Tayllerand, per un suo libro di memorie politiche. Un aforisma, quello del Divo Giulio, che dipinge con ironia la prima regola del politico e cioè quella di conservare, nel bene e nel male, il potere conquistato e la poltrona, una regola che storia e cronaca confermano con puntualità.
Ma la Sicilia, si sa, è terra d’eccezioni e di particolarità tanto da riuscire anche a derogare al celebre principio andreottiano e di mutarlo: “il potere logora… ed è meglio perderlo”. Sembra un assurdo ma la cronaca politica siciliana degli ultimi anni abituata e stanca agli eterni ritorni di quelli che non passano mai la mano ci ha mostrato anche clamorose uscite di scena e nuove vite “disintossicate” dalla politica.

Il caso più celebre è senza dubbio quello di Angelino Alfano: una carriera politica lunghissima iniziata nel movimento giovanile della Democrazia Cristiana e proseguita poi sotto le insegne di Forza Italia e del Popolo delle Libertà. Delfino di Silvio Berlusconi che lo volle ministro della Giustizia e poi segretario del Pdl, fu protagonista di una clamorosa e dolorosa rottura con il Cavaliere che però lo portò ad essere da ministro dell’Interno e poi degli Esteri l’architrave moderata dei governi Letta, Renzi e Gentiloni. Intuendo l’esaurirsi di un ciclo e di un compito politico Alfano il 6 dicembre 2017 annunciò pubblicamente durante la trasmissione Porta a Porta di Bruno Vespa che non si sarebbe ricandidato alle elezioni politiche del marzo 2018. Lasciati i Palazzi del potere politico l’ex leader di Alternativa Popolare torna alla sua professione di avvocato divenendo socio dello studio BonelliErede e colleziona una serie di prestigiosi incarichi: dalla Presidenza del Gruppo ospedaliero San Donato alla società immobiliare di Esselunga passando per la presidenza del CdA del gruppo autostradale piemontese. Alfano svolge poi con passione ed impegno l’incarico di Presidente della prestigiosa Fondazione De Gasperi. Ad ogni elezione c’è chi prova a tirarlo per la giacchetta, a sussurrare un suo presunto impegno a favore di qualcuno o addirittura un clamoroso ritorno ma Angelino smentisce subito deciso a non abbandonare la quieta della sua “second life” anche se non lesina consigli ai tanti suoi amici che ancora nei Palazzi ricorrono a lui per un consiglio o un’intercessione.
Le strade politiche di Alfano specialmente nel suo ultimo periodo politico si sono incrociate con quelle di un altro big centrista, Gianpiero D’Alia, che come lui nel 2017 decide di non ricandidarsi. Figlio d’arte, suo padre Totò fu uno storico esponente della Dc siciliana e poi del Ccd, D’Alia iniziò la sua carriera al Comune di Messina come consigliere, assessore e vice sindaco. Nel 2001 la sua prima elezione in Parlamento, nel quale tra Camera e Senato rimane per quattro legislature tutte all’insegna del rapporto di ferro con Pier Ferdinando Casini. Sottosegretario al Ministero dell’Interno nel IV governo Berlusconi, dal 2010 al 2013 D’Alia si fa carico della segreteria regionale dell’Udc ed è il kingmaker della clamorosa vittoria del centrosinistra in Sicilia alle regionali del 2012. Nel 2013 D’Alia diventa Ministro della Pubblica Amministrazione e della semplificazione nell’esecutivo guidato dal Governo Letta. Pur essendo un moderato D’Alia non si è mai risparmiato scontri politici furibondi che però non hanno mai fatto venire meno la stima, anche degli avversari, per le sue capacità politiche e le sue competenze giuridiche ed amministrative. Dopo l’addio all’Udc e la breve avventura dei Centristi per l’Europa D’Alia decide di non candidarsi e torna con passione e successo alla professione forense tuttavia a Roma non si sono dimenticati delle sue qualità e così nel settembre 2018 viene eletto dal Parlamento componente del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria mentre ad ottobre 2021 è stato nominato consigliere della Corte dei conti assieme a Vittoria Cerasi dal Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente Mario Draghi. Pubblicamente di politica D’Alia non parla più e agli amici più stretti ha trasmesso la sua piena soddisfazione per questa nuova vita lontana dai palazzi e dalle loro rogne eppure l’ex ministro messinese continua ad essere cercato proprio come il suo ex collega Alfano per consigli e suggerimenti. Uno che non ne ha mai fatto mistero è Cateno De Luca per via sopratutto di un antico legame con la famiglia D’Alia ma si dice che più di qualcuno a destra come a sinistra abbia pensato a lui come possibile candidato sindaco di Messina.

A sinistra tra chi ha detto addio ai Palazzi a differenza di altri colleghi saldamente attaccati allo scranno parlamentare c’è Anna Finocchiaro. Modicana ma con un profondo legame con Catania, Finocchiaro è uno storico volto della sinistra siciliana dal Pci al Pd e vanta otto legislature tra Camera e Senato oltre ad essere stata per due volte ministro: alle pari opportunità nel primo governo Prodi e ai rapporti con il Parlamento nel governo Gentiloni. Nel curriculum c’è anche una sfortunata candidatura alla Presidenza della Regione Siciliana nel 2008 che si è infranta contro il 65% dei consensi andati al suo competitor Raffaele Lombardo. Come per Alfano e D’Alia il 2018 è l’anno che rappresenta lo spartiacque nella sua vita: dopo 31 anni trascorsi ininterrottamente in Parlamento, 19 alla Camera e 12 al Senato, non si ricandida per il Pd di Renzi rifiutando di chiedere la deroga alla regola del tetto dei tre mandati. Finocchiaro però sceglie anche di non rientrare nei ranghi della magistratura dopo che l’allora ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede decise di non avvalersi della sua collaborazione con funzioni amministrative al Dipartimento per gli affari di giustizia di via Arenula dove la Finocchiaro era stata destinata da Palazzo dei Marescialli su sollecitazione dell’ex Guardasigilli, Andrea Orlando e senza attendere il placet del nuovo ministro pentastellato. Dal 2020 è Presidente di italiadecide, l’associazione per la qualità delle politiche pubbliche e periodicamente, quando le camere si riuniscono per eleggere il Presidente della Repubblica, il nome di Anna Finocchiaro torna sempre tra i “quirinabili” del centrosinistra.
“Mi fermo qui. Dopo trent’anni di impegno politico mi chiamo fuori. La sconfitta elettorale non c’entra: c’entra la vita. Che ti propone un tempo per tutto: basta essere capaci di ascoltarla” così in maniera lapidaria sui social nel settembre 2022 Claudio Fava annunciava il suo addio alla politica attiva dopo la sconfitta elettorale siciliana che aveva visto la lista Cento passi, da lui fondata e guidata, fermarsi al 3% e non superare la soglia di sbarramento per l’ingresso all’Ars. La sconfitta in fondo per Fava era solo un pretesto per dare seguito ad un moto dell’anima: “il punto non è l’esito di queste elezioni: è la vita che mi sollecita altro, e io le voglio offrire altro”. Ed in effetti l’ex uomo di punta della sinistra radicale in Sicilia in altro si è buttato. Su Itaca innanzi tutto, la scuola di scrittura creativa e giornalismo da lui fondata e che offre corsi, workshop e masterclass di altissimo livello proprio in quella Sicilia amata e odiata. E poi ancora il teatro con “La grande menzogna” la pièce scritta e diretta da Claudio Fava sulla morte di Paolo Borsellino che proprio a giugno tornerà in scena a Palermo. Eppure nell’impegno con la scrittura riemerge ogni tanto il Fava politico, sempre caustico e puntuale sui fatti dell’attualità perché in fondo il Fava giornalista, scrittore e sceneggiatore non può dimenticare il Fava politico con due legislature alla Camera, due all’Europarlamento e due all’Assemblea Regionale Siciliana. Una carriera politica lunga, sempre a sinistra e sempre alla larga dalle dinamiche di potere dei “minuscoli califfati” e oggi che non siede più su nessuna poltrona e che non deve fare nessun accordo politico Fava si permette il lusso di dire ciò che ha sempre pensato senza le remore e il necessario pragmatismo del leader politico.