In Italia circa 11.000 bambini convivono con malattie inguaribili e avrebbero bisogno di cure palliative pediatriche. In Sicilia, si stima siano almeno 1.000 ogni anno, eppure sull’Isola esiste un solo hospice dedicato, con appena cinque posti letto, a Catania. Palermo, nonostante una legge regionale approvata nel 2015 e fondi già stanziati, è ancora ferma al palo.
A denunciare con forza questa situazione è Giorgio Trizzino, medico, ex parlamentare e fondatore della SAMOT (Società per l’Assistenza al Malato Oncologico Terminale), nel corso dell’evento conclusivo del “Giro d’Italia delle Cure Palliative Pediatriche”, che si è svolto ieri, 15 giugno, 2025, al Parco Piersanti Mattarella. Una grande festa pubblica ha accolto l’arrivo simbolico delle fiaccole accese il 15 maggio a Padova, presso il primo hospice pediatrico italiano, a suggello di un mese di eventi che hanno unito 169 associazioni in 70 tappe.
Secondo i dati raccolti dalla Fondazione Maruzza Lefebvre D’Ovidio ETS – promotrice dell’iniziativa nazionale – le cure palliative pediatriche rappresentano un diritto ancora troppo spesso disatteso, soprattutto al Sud. Palermo è l’emblema di questa inadempienza.
“Nel 2015 da presidente della Commissione Sanità, avevo fatto approvare la norma che prevedeva due hospice pediatrici: uno a Catania, uno a Palermo – racconta Trizzino – . Quello di Catania è stato realizzato, il nostro no. Eppure c’era scritto nero su bianco che sarebbe dovuto sorgere all’Ospedale dei Bambini “G. Di Cristina”. E oggi, mentre il tempo passa, centinaia di piccoli pazienti vengono ricoverati in reparti inappropriati, senza un supporto specifico”.
Le patologie che rientrano nell’ambito delle cure palliative pediatriche sono numerose: non solo malattie oncologiche, ma anche neurodegenerative, metaboliche, rare, respiratorie, psichiatriche. Bambini nati prematuri con lesioni cerebrali, o con gravi malformazioni, che vivono settimane o mesi in condizioni di assoluta fragilità. A Palermo, queste famiglie sono praticamente invisibili.
“In Sicilia mancano i presupposti minimi per costruire una rete – spiega – . Non è stata nemmeno recepita la norma nazionale del 2015 che definisce requisiti e standard per la rete pediatrica di cure palliative. È come se non volessimo vedere questi bambini, come se girassimo la faccia dall’altra parte. Ma il dolore non scompare ignorandolo”.
Oggi la SAMOT ha attivato un’équipe dedicata, con formazione specifica, che segue 15 minori all’interno di un’utenza complessiva di circa 1300 pazienti. Un numero contenuto rispetto al bisogno reale, ma che dimostra che è possibile intervenire. E soprattutto, smonta l’alibi dell’impossibilità.
“Lo stiamo già facendo nel silenzio generale, spesso con risorse limitate e ostacoli enormi, ma lo facciamo – afferma Trizzino –. Non è vero che manchino i professionisti, né che servano anni per partire. Quello che manca è la volontà politica di mettere insieme competenze, strutture e responsabilità. Bisogna avere il coraggio di dire: quei bambini esistono, e hanno diritto a vivere con dignità anche il tempo che resta.
L’appello
“Basterebbero quattro posti letto, subito – sottolinea Trizzino –. Possiamo ricavarli in uno degli ospedali esistenti, per esempio all’Ospedale dei Bambini. Quando sarà pronto il polo pediatrico li trasferiremo lì. Ma i bambini non possono aspettare sette anni. Serve agire ora”.
“Il presidente Schifani e l’assessore Faraoni si sono dichiarati disponibili. Ora però servono azioni concrete – aggiunge –. Chiediamo l’istituzione immediata di una task force interaziendale, con il coinvolgimento delle aziende sanitarie e del terzo settore, per aprire entro un anno l’hospice pediatrico. In Italia ce ne sono sette: Padova, Genova, Firenze, Roma, Trieste… la Sicilia non può continuare a restare indietro”.
“Il Giro d’Italia delle Cure Palliative Pediatriche non è una passerella. È un invito a diventare “PalliATTIVI”: consapevoli, informati, presenti. Le cure palliative pediatriche non sono un favore, sono un diritto. Se non lo pretendiamo insieme, continueranno a ignorarlo. Palermo ha il dovere, non la scelta, di esserci adesso”, conclude.